Farsi capire

I bambini sono persone semplici. Quando vogliono qualcosa lo dicono: ho sete, voglio, non ce la faccio, , no (tantissimi!), ancora.
E poi sono sinceri, grazie alla loro innocenza disarmante. Per questo arrivano a determinate affermazioni che dall'odio più rancoroso salgono al più commovente degli amori, senza che se ne rendano conto (né di quanto faccia male, né di quanto faccia impennare la glicemia).

Oggi Anna è andata al parco con Tommaso e Teresa. Una battaglia per far indossare la mascherina a Tommaso (Teresa ha 3 anni quindi non è obbligata, anhce se presto arriveranno le mascherine lavabili per entrambi), per fargli capire che anche se possiamo uscire, dobbiamo difendere noi stessi e gli altri perché nonostante possiamo permetterci (davvero?) questa libertà, dobbiamo fare ancora attenzione, altrimenti rischiamo di chiuderci in casa per chissà quanto. Lui non voleva andare, men che meno con la mascherina. Ma alla fine, il biondino ha ceduto e fonti autorevoli mi dicono che è stato ubbidiente e bravo e l'ha tenuta per tutto il tempo.

Purtroppo per lui però quello che ha visto al parco non è stato lo scenario migliore di tutti, in termini di educazione, senso di responsabilità e rispetto. Il parco era ben popolato ma tante persone non indossavano la mascherina, tra quelle che la indossavano invecee molte la indossavano nel modo sbagliato, sotto al naso, sotto al mento addirittura la toglievano per parlare con i conoscenti che incontravano.

Cosa deve pensare un bambino di 7 anni e mezzo che ha perso la sua battaglia personale sulla mascherina con i genitori, che lo hanno costretto a infilarsela ben messa per coprire il viso dal naso al mento?

Gli abbiamo detto che le mascherine sono necessarie, obbligatore, servono a limitare il contagio anche in ambienti aperti, non solo in quelli chiusi come abbiamo fatto lunedì dai nonni, e che la indossavano anche loro perché servono davvero solo se tutti la indossano.
Appunto.
Tutti.

E oggi al parco invece?
"Non tutti ce l'avevano e gli altri la indossavano in modo strano" mi ha detto quando è tornato a casa, copiando un po' il modo di raccontare deluso e incredulo della mamma.

Sbagliamo noi adulti a non dare i primi insegnamenti ai bambini e se non rispettiamo le regole, loro cresceranno pensando che chi se ne frega se ogni tanto non si seguono le regole.
No.
"I veneti sono brave persone, mi affido al buon senso dei veneti" aveva detto il presidente del Veneto Zaia, come neanche il migliore dei dorotei avrebbe saputo fare, presentando la fase2. Però non si può fare così, non si deve: lui e tutti quelli che governano e quelli che sono tenuti a informare in modo corretto, semplice e imparziale (si va là!) devono essere chiari ed espliciti. "Si deve fare" e "Non si deve fare". Attaccarsi al buon senso è come attarcarsi al tram, e onestamente la vedo come un modo per scaricare la responsabilità sui cittadini che si sa, soprattutto noi italiani, come sono fatti riguardo il rispetto degli obblighi. Dare il permesso ai cittadini di fare attività sportiva in prosismità della propria casa, oltre i 200 metri che però non significa andare a correre a 5 km da casa, non è una indicazione, né un obbligo né una restrizione. E' una cagata. Cosa vuol dire? Cosa si può fare? Fino a dove? Come, anche in bici? E poi perché questa approssimazione, come volesse evitare di irritare i cittadini? Lo so che ci sono le elezioni quest'anno ed è in una posizione doppiamente delicata. Non si abbindolano le persone parlando in dialetto, con iperbolici lancia fiamme, con attacchi al governo col quale veniva condivisa la guida del Paese fino a pochi mesi fa. Il capo di una regione, come chiunque in un aposizione di comando, deve esprimersi in modo chiaro e determinato altrimenti è poco credibile. Almeno per me.

Uno dei primi giorni di stage in quell'azienda americana strafiga, il capo non ha capito cosa volessi. Non mi ero espresso bene, mescolando tutte le caratteristiche peggiori che può avere uno stagista (inesperienza, giovinezza, paura di sbagliare, timidezza e cazzi vari). Mi ha insegnato a porre le questioni in modo chiaro e diretto altrimenti le altre persone non avrebbero potuto capirmi.

Tommaso quando dichiara una cosa è semplice, chiaro e diretto: in giardino ha fatto una sua zona privata, la chiama fortino.
Sua sorella Teresa non ci può entrare.
Sul muretto ha scritto:

"VIETATO TERESA".

Perfino un bambino di sette anni e mezzo scarsi si fa capire, esprimendosi come si deve.


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Non può andare tutto bene

Quando il coronavirus era ancora in Cina, abbiamo iniziato noi, insultando e picchiando i cinesi.

Appena è arrivato in nord Italia, siamo passati a insultarci tra di noi: forse per la prima volta c'è stato uno scambio di posizione tra meridionali e settentrionali, con i primi che insultavano i secondi.

Poi siamo tornati a offendere i cinesi, colpevoli di mangiare topi e quando il COVID-19 era ormai diffuso nel nord Italia, allora siamo stati oggetto di scherno da parte dei francesi, rifiutati dagli inglesi e anche austriaci, sloveni e molti altri ci tenevano lontani.

Non è semplicemente colpa di quel mutevole coso microscopico. E' solo colpa nostra.
La Cina si sta rimettendo a posto adesso dopo oltre 2 mesi. Da sola e con disposizioni molto rigide e molto chiare (per esempio, in Veneto il 25 aprile e l'1 maggio i picnic si possono fare, ma solo nel giardino di casa, con il proprio nucleo famigliare, senza invitare vicini, condomini -e quindi il primo che arriva in giardino esclude gli altri?- parenti né morose/i. Non è possibile dire che è vietato? Come l'attività motoria -termine generico-: possibile oltre i 200 metri da casa che però non significa finire a  4 km. Allora 2,5 o 3,5 km sono buoni?)
Noi italiani abbiamo subito lamentato la mancanza di aiuti da parte dell'Europa (per altro riconosciuta, ma poco importa) e accusando Francia, Germania e Olanda di fare i propri interessi come al solito.
Abbiamo replicato con l'idea di boicottare le aziende francesi e tedesche presenti in Italia, come catene di supermercati e case auto. Dimenticandosi però che in Italia ci lavorino un bel po' di italiani in quei supermercati e nelle concessionarie. Bravi, complimenti per la bella idea!

Ma come possiamo lamentarci noi italiani degli altri paesi europei, quando non siamo nemmeno stati capaci di aiutarci tra di noi, fermando i macchinari appena donati, dimostrando come la generosità arriva fino a un certo punto e quando ci si trova nella merda non si guarda in faccia nessuno?
Come possiamo accusare i paesi membri dell'UE quando siamo divisi al nostro interno, se le regioni del nord chiedono autonomia dal governo centrale e qualcuno non considera italiana la parte meridionale e viceversa? 
Siamo il bue che dice cornuto all'asino.
Con l'unica differenza che non abbiamo alcuna vergogna, anzi, pure un bello strato di arroganza.
Almeno fossimo un paese virtuoso, con meno evasione fiscale e servizi all'altezza delle tasse pagate, potremmo dimostrare di meritarci qualcosa.

Nel frattempo la politica mette in mostra il meglio di sè.
Fontana, presidente della Lombardia, fa il giro completo passando da pirla per una mascherina indossata male e con una certa frettolosità a eroe per aver avuto il coraggio di controbattere il premier Conte ritornando pirla da commissariare nel giro di poche settimane.
Sala sindaco di Milano ha sfoggiato noncuranza invitando gli stranieri nella sua città che non si ferma per poi bloccare tutto con una faccia come il culo che non si mostra nemmeno in periodo elettorale. 
Zaia, presidente del Veneto, avrebbe riaperto scuole e aziende quasi subito per poi passare allo stato di massima allerta da sceriffo della salute pubblica; prima impone blocchi di 200 metri e meno di un mese dopo li rimuove auto-celebrandosi liberatore (da se stesso) come neanche il peggiore (o il migliore) dei democristiani sapeva fare 30 anni fa. 
A De Luca, presidente della Campania, sfanculato da tutti quelli che non lo hanno votato, è bastato scherzare su un lanciafiamme in una conferenza stampa per guadagnarsi la simpatia di tutti, che hanno confuso simpatia con competenza nell'amministrare una regione (complicata, per altro).
Graziano Delrio, capogruppo PD alla camera dei deputati, propone ua "cabina di regia" per organizzare la riapertura: ma allora noi cosa paghiamo a fare quasi mille persone? Gli diamo dei soldi per decidere a chi darne altri (sempre nostri), magari amici loro?

Una idea sensata che non risolverebbe nulla ma che è sembre meglio di niente è il contributo di solidarietà progressivo a partire dai redditi superiori agli 80 mila euro. Una proposta del PD che porterebbe a un gettito di 1,3 miliardi. In questo caso la politica si è dimostrata unita. Non il PD perché mai una volta una che si possa dimostrare unito. Ma contro questa proposta ci sono anche tutti gli altri, dalla sinistra alla destra, evidentemente si sono sentiti chiamati in causa e quindi hanno subito difeso il proprio portafoglio. Sia mai che gli venga sotratto qualche centinaio di euro! Loro possono aprirlo a tutti gli altri ma guai se si tocca il loro, o quello dei propri finanziatori. Questo conferma quanto detto sopra: non siamo capaci di darci una mano, piuttosto la togliamo, soprattutto quando ci si sente chiamati in causa.
Allora c'è chi propone il surreale ovvero piuttosto che far pagare pochi, meglio far pagare molti, tanti di più, ovvero i poveri, quelli che stanno molto peggio: l'idea è ancora di Sala, sindaco PD di Milano, che dice che non è il momento di fare differenze (mi pare le faccia lui invece) e di far pagare gli italiani che si sono già dimostrati generosi. 
Sono sconvolto. 
Non stiamo dimostrando generosità ma di tenerci alla pelle!
Mi chiedo se lui non si consideri italiano e con che faccia riesce a chiedere soldi a chi ha perso il lavoro o prende quel contributo di 600 euro.
Mi chiedo quale coscienza hanno quei politici che si sono opposti. Dov'è quella di Sala, che fa parte di un partito che dovrebbe essere attento ai più sfortunati.
Alla fine a fare sacrifici sono sempre gli italiani, quelli veri però, che non fanno parte dei 945 a palazzo and friends.

Un'ultima osservazione, poi vado a dormire: per fabbricare il materiale protettivo necessario, mascherine, camici, parti per respirazione, alcune aziende italiane hanno convertito la loro produzione. Poi prima di essere consegnato questo materiale deve passare una verifica.
Altrimenti, tutto quanto arriva dalla Cina.
Dov'è esploso il virus.
E spesso nonostante abbiano il timbro CE, non sono nemmeno conformi alle normative UE, che significa che appena si indossano le mascherine si rompono (per questo in alcuni casi vengono consegnate con la tremenda indicazione di indossarle con attenzione)
Sono il solo a pensare sia tutto pazzesco?

A cosa servono le serenate dai balconi, gli inni nazionali, gli striscioni? Non fanno buon umore né danno speranza. E' solo quella tradizionale retorica buonistica per illudere e distrarre.
No, non torneremo migliori. Il povero Davide Astori lo dimostra: siamo stati tutti tifosi fiorentini per qualche giorno, poi siamo tornati a insultarci e menarci. E' bello fare il gesto, farci trasportare dell'emotività del momento. Poi torniamo quello che siamo e vaffanculo a tutti.





Grazie a Jenus di Nazareth per l'immagine.

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Buona Pasqua retorica

Abbiamo l'enorme fortuna di vivere ai piedi della collina, con tanto spazio attorno e possiamo concederci delle passeggiate.
Qualche giorno fa passeggiando con Anna e T'nT stavo guardando la terra: secca e con i solchi. Ho pensato che ci vorrebbe una bella pioggia a questa terra in sofferenza.
All'istante mi sono venuti in mente una serie di collegamenti, slegati tra di loro.
Il primo è stato con quel pessimo romanzo che è I promessi sposi, una gran palla ricca di figure retoriche tramite le quali (il) Manzoni da più di un messaggio lungo una narrazione pesantissima.
Una di queste è la pioggia, che Manzoni usa come purificatore dalla peste:


“Appena infatti ebbe Renzo passata la soglia del lazzeretto e preso a diritta, per ritrovar la viottola di dov'era sboccato la mattina sotto le mura, principiò come una grandine di goccioloni radi e impetuosi, che, battendo e risaltando sulla strada bianca e arida, sollevavano un minuto polverìo; in un momento, diventaron fitti; e prima che arrivasse alla viottola, la veniva giù a secchie. Renzo, in vece d'inquietarsene, ci sguazzava dentro.... Ma quanto più schietto e intero sarebbe stato questo sentimento, se Renzo avesse potuto indovinare quel che si vide pochi giorni dopo: che quell'acqua portava via il contagio; che, dopo quella, il lazzeretto, se non era per restituire ai viventi tutti i viventi che conteneva, almeno non n'avrebbe più ingoiati altri”

Non sono affatto sicuro che la pioggia possa avere lo stesso effetto purificatore con il virus che ci sta chiudendo in casa, ma so che la terra ne ha molto bisogno, tanto quanto noi di rivederci, salutarci, riabbracciarci, vivere, correre e bere insieme. E anche se quando potremmo pioverà, chissenefotte, mi piace pensare che le nostre lacrime di gioia si possano confondere mischiandosi alla pioggia. E balleremo e salteremo e correremo sotto la pioggia, anche perché non siamo fatti di sale né di zucchero (cit.). L'importante è che non si annacquino i bicchieri di birra e vino, perché ci sarà tanto da bere (sì, lo so che ultimamente sto dando una certa immagine, ma state tranquillo, sono più chiacchiere che distintivo [semi cit.]). E poi perché ballare e correre sotto la pioggia sono due delle cose più belle e liberatorie che ci siano! Quelli di voi che lo hanno fatto almeno una volta, possonono capirlo.
Sagra di Ospedaletto, 31 agosto 2014
Poi ho pensato che stiamo vivendo questo periodo di Pasqua chiusi in casa. Mi ha fatto un po' sorridere pensare a una qualche similitudine (a proposito di figure retoriche) con la Pasqua intesa come resurrezione di Gesù. Da quello che ho letto è una cosa anche piuttosto diffusa ma, perché ci viene bene illuderci e nasconderci dietro a queste banalità. Ma no, dovremmo rimanere chiusi in casa per altre settimane e quindi niente resurrezioni miracolose, soprattutto se perdurerà la stupidaggine (eufemismo, sfoggiando l'ennesima figura retorica) di quelli che insistono a vivere come se niente fosse, con gite fuori porta. Quest'anno non risorge nessuno. Sarebbe bello poterlo dire ma invece di una Pasqua, dobbiamo vivere un Venerdì Santo nettamente più lungo e al posto di essere crocifissi dobbiamo restare a casa. So che per qualcuno è quasi - molto quasi! - la stessa cosa, ma come Gesù, dobbiamo fare questo sacrificio per il bene di tutti quanti.

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Chissà se capiremo

L'intenzione originaria di questo post era quella di guardare alle conseguenze di questa emrgenza sanitaria. Tra i tantissimi 'nonostante' da dover affrontare, volevo cercare i lati positivi di questa microscopica cosa. COVID-19 o coronavirus. Avevo iniziato a scriverlo poco dopo il 1° decreto del premier Conte che bloccava il Paese. Poi la situazione è peggiorata ogni giorno e anche per rispetto a chi ha perso un famigliare o una persona cara non me la sono tanto sentita di 'ringraziare' il piccoletto.

Infine stamattina ho letto un post su Facebook di una persona che ho conosciuto per lavoro un anno fa, con la quale sono entrato in sintonia, almeno personalmente. La trovo una persona affidabile che fa bene il suo lavoro, onesta e simpatica che male non fa. Da questa emergenza anche lui ne uscirà malconcio perché ha un'azienda e al momento ci sta rimettando parecchio. Però ha scritto di aver capito una cosa: che vivere per lavorare - per gli altri - non ne vale(va) la pena, perché basta un cosetto microscopico a vanificare in un mese il lavoro di un gran pezzo di vita e così quando tutto sarà passato non tornerà a lavorare 7/7 per 20 ore al giorno. 

Lui ha capito qualcosa dal microscopico essere: che ci sta insegnando molte cose e io mi auguro di cuore che tutti noi possiamo imparare qualcosa come lo ha capito lui. Così ho deciso di cambiare titolo al post con "Chissà se capiremo".

Chissà se capiremo la lezione. Perché di solito è proprio nei momenti di difficoltà che nascono nuove opportunità. Qualcun altro direbbe "dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior". Anche se sono un po' spaventato perché dai miei conti sono circa 19 anni che viviamo un momento difficile. Mi rendo conto della enorme cazzata: un momento di 19 anni infatti somiglia di più a un controsenso. Eppure sono circa 19 anni che mi sento dire "è un momento difficile" neanche avessero abbattutto le Torri Gemelle l'altro ieri. E quindi mi sembra che non abbiamo imparato una mazza. Ma questa volta, dopo 'sta botta, chissà se capiremo...

... come siamo fatti. Non solo noi ma tutti quanti. E' dura da accettare ma italiani, francesi, tedeschi, libanesi, russi e turchi sono uguali. Sono mona uguali.
Noi siamo mona perché abbiamo chiuso le frontiere a chi veniva dalla Cina direttamente, mentre per chi invece arrivava tramite altri aeroporti, ampie pacche sulle spalle. 
Siamo mona perché ci siamo disperati subito mettendo in cima ai nostri pensieri la cosa più importante per noi: i soldi. Certo, cose da prendere in considerazione, ma magari prima pensiamo a come fare per proteggerci, invece di chiedere subito soldi a mamma Stato, a piangere un governo di inetti ignavi mentre nel frattempo il virus dilaga tra le maglie di una difessa molto debole, con le confindustrie a dire che non era necessario fermare tutto dimenticando quanto sia più costosa la cura della prevenzione.
Non ci siamo comportati come avremmo dovuto, uniti e seriamente: dovevamo essere i primi ad agire prendendo esempio da quello che è stato fatto in Cina. Tutti a casa subito senza alcun dubbio. E ora che siamo travolti è tardi. E ancora peggio alcuni pensano sia una vacanza e girano per la città tra mercati piazze e parchi. Il governo non li ha chiusi ma non obbliga nessuno ad andarci. Dobbiamo agire secondo coscenza e vedo che qualcuno se ce l'ha è davvero sporca.
Curioso come tra quelli che piangono perdite attuali a 4 zeri come minimo, c'è qualcuno che dichiara redditi al limite dell'incapienza. In ragioneria ho preso quattro sufficienze in tre anni (e meno male che una di queste è arrivata allo scritto dell maturità!) ma non mi tornano i conti. 
Sono mona i francesi, i tedeschi, gli austriaci & company perché ci hanno deriso e insultato ovvero hanno fatto la stessa cosa che abbiamo fatto noi con i cinesi, invece di prendere subito le misure per difendersi, per bloccare o per lo meno rendere meno pernicioso il virus. Gli stadi vuoti sono arrivati tardi e non servono a niente se le piazze fuori sono piene. Erano in tempo, con il nostro esempio lampante e gratuito, ma per credersi superiori si stanno dimostrando mona peggio di quelli che prendevano in giro o considerano pezze per pulire i pavimenti. La superbia non è mai servita granché.
E' mona l'Europa intera che non sarà mai unita a meno di chissà quale catastrofe. Gli Stati Uniti sono passati attraverso una guerra civile noi nemmeno dopo due mondiali più tante altre alle quali abbiamo prestato i nostri territori. Chissà se potrà servire una cosetta che si vede solo in un microscopio.

... che l'industria com'era fino a metà febbraio va totalmente ripensata. Lo era anche prima di metà febbraio, sia chiaro, ma questa mi sembra un'occasione da non perdere. Altrimenti, torniamo al paragrafo precedente: mona! Faccio ancora tanta fatica a capire una cosa: perché ostinarsi a continuare la produzione? Per chi? Se l'azienda che costruisce auto sospende la produzione, la conceria per chi vuole continuare la sua attività? Ci sono tante aziende, nel vicentino è pieno, che pensano solo a produrre. Mai invece che pensino 'per chi' né a 'come' produrre. Non è un caso se molte di queste non esistono più o sono state vendute, per essere chiuse. Lo so, è un problema sospendere la produzione, sono costi per tutti, imprenditori e dipendenti. Ma se si sospende temporaneamente l'attività non muore nessuno. Se continua invece, il rischio può essere molto più grande.

...che gli imprenditori stanno affrontando una seria minaccia per il futuro delle loro imprese: lo smartworking, il tele lavoro, il lavoro da casa. Chiamatelo come volete, la sostanza è che si è scoperto che è possibile lavorare da casa, senza attraversare la provincia, intasare le strade, stressarci nel traffico, inquinare l'aria che respiriamo, risparmiando soldi per il consumo di carburante, di pneumatici, di olio, di usura dell'auto o della moto. L'imprenditore medio che nel vicentino (non so altrove) ha manie di persecuzione, di controllo e paranoie varie sui propri dipendenti, considerati e trattati come un'uscita mensile di cassa e non una risorsa da valorizzare, ora ha un'altra seria preoccupazione. Che farà al ritorno? Capirà che alcuni dei suoi (crede di averne il possesso) lavoratori riescono a essere produttivi svolgendo lo stesso lavoro anche in un ambiente diverso, forse anche migliore, dell'ufficio? 
E invece, questa potrebbe essere l'occasione perfetta per rivedere l'organizzazione aziendale, per lavorare meglio. 

...che quando non ci sono soldi in mezzo l'Europa non esiste, intesa come ente burocratico. E non è un caso se all'inizio si chiamava Unione Economica Europea. Per esempio poteva chiamarsi Unione Sociale Europea se avesse voluto preoccuparsi delle persone. Invece si preoccupa di tutt'altro. Hanno perfino fatto incazzare il nostro Presidente della Repubblica. Quando si tratta di immigrati non reagisce, si confonde: con l'Italia pretendeva accoglienza senza mostrare alcun intervento autonomo, con i recenti immigrati siriani al confine greco invece afferma che è un problema europeo e che "la protezione dei confini è essenziale" (è drammatico come questa affermazione sia passata nella totale indifferenza!). Certo, i commissari sono diversi nei due casi perché nel frattempo la Commissione Europea è cambiata, ma mi aspetto un comportamento che rispetti la filosofia dell'UE, quindi le stesse idee supportate da persone diverse.
La conclusione è che la gente può morire tranquillamente, anzi meglio che non rompa troppo mentre l'importante è non perdere i soldi di qualcuno.

...che la globalizzazione alla fine abbia portato solo risultati nefasti rovinando interi paesi e le vite di milioni di persone. Da una parte quelle che hanno perso il lavoro, che lo hanno visto spostarsi (esternalizzare o internazionalizzare, come dicevano i consulenti a inizio secolo) prima all'est europeo poi ancora più a est in estremo oriente, dall'altra quello che lo hanno ricevuto ma vengono sfruttati o massacrati.
Muovendo merci da un capo all'altro del pianeta ha introdotto specie animali che stanno distruggendo le coltivazioni.
Siamo diventati dipendenti di un unico fornitore che sta dimostrando le sue debolezze (perché tutti ce le hanno, la perfezione non esiste) e ne paghiamo le conseguenze. Certo qualcuno si è arricchito molto, ma molti si sono impoveriti molto, con una bilancia nettamente pendente verso questi ultimi. Perché è più importante fare soldi che far star bene le persone. E non si sta bene indossando un paio di pantaloni spacciati per fighi o sedersi su una sedia dal design sospetto.

...quanto sia importante tornare a quelli che eravamo una volta, un Paese manifatturiero che sapeva concepire e creare cose meravigliose. Mi auguro di poter tornare alla nostra indipendenza industriale, di tornare a farci le cose in casa, non solo il pane quando ritroveremo 'sto benedetto lievito, e per questo chi siede nelle poltrone decisionali una volta per tutte capisca cosa deve davvero fare. Restituire la dignità ai lavoratori, coraggio agli imprenditori, creare un circolo virtuoso capace di farci tornare una potenza culturale e manifatturiera. Riprenderci la produzione che abbiamo dato in giro, arricchendo gli altri e impoverendo noi. Se non lo impariamo ora, siamo spacciati e si ritorna al paragrafo 1: mona. Abbiamo l'occasione di tornare a crescere tutti. Di riprenderci la produzione di una volta per evitare catastrofi come questa. Tornare a produrre nel nostro Paese, ma con i giusti costi. Altrimenti è inutile!

... il senso del tempo. L'essere microscopico ci sta dimostrando che possiamo vivere in modo diverso a un ritmo inferiore, che fuori dal posto di lavoro dove passiamo dieci ore al giorno respirando lo stesso ricircolo d'aria c'è la vita vera capace di rigenerarci. Ci sta dimostrando che stare con chi amiamo, fare le cose che ci piacciono, sono di vitale importanza per stare bene, perché può succedere un niente e domani non ci siamo più e l'ultima cosa che ci siamo detti travolti dalle innumerevoli cose da fare è stato un rancoroso 'vaffanculo'. Ci sta dimostrando che siamo circondati dal superfluo che ci distrae da noi stessi, intesi come famiglia, gruppo ma anche come singoli individui.

Concludo includendo due pensieri di un'amica che vive in Cina (ho preso gli screenshot, non capisco perché i codici di incorporazione non funzionino, orcamadosca!). Paese che si spaccia per Repubblica Popolare ma non è affatto democratica. Eppure le cose con calma, pazienza e la collaborazione di tutti - anche perché non c'era alternativa - sta tornando alla normalità.  
In Italia ci sono voluti due decreti per decidere di stare a casa. Nel primo non c'era nemmeno un divieto espresso di uscire (che tanto, l'italiano medio dei divieti se ne è sempre fottuto). Il senso del #iorestoacasa non serve a salvarci la vita. Se usciamo non muoriamo. Ma rischiamo 
1) di venir contagiati 
2) di contagiare gli altri 
3) di portare a casa il virus e contagiare i famigliari 
4) se usciamo potremmo rischiamo un incidente e non è il caso di incasinare ospedali già stressati (eufemismo) 
5) se finiamo in ospedale è più facile rischiare di prendere il virus 
6) se veniamo contagiati o contagiamo altri, potremmo finire in ospedale, dove i posti letto sono al limite. 
Sì, anche l'influenza... ma lei fa così nell'arco di 4/6 mesi, non in due settimane e per lei abbiamo un vaccino e per il coronavirus no. Cazzo, lo capite??? Riuscite a non rompere le palle e a non andare a correre o in bici per qualche settimane? O siete così egoisticamente idioti? E non prendetevi tutte le banane al supermercato, lasciatele anche agli altri (questa è per un'amica che non trova mai le banane al Conad. Devono essere buonissime)!
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Và così

E' l'una e mezza passata della prima notte di primavera. Come al solito invece di dormire sono qui a far trascorrere il tempo perdendomi nelle più varie fandonie. Ma stare fuori ad ascoltare i rumori e senitre i profumi di quest'ora è tutt'altro che una fandonia! Mi piace vivere certi momenti, vedere com'è la vita al buio e cose c'è.

E' una situazione irreale. Ognuno di noi è una bomba pestilenziale e deve starsene chiuso in casa. Ieri a colazione guardavo fuori e quel vetro tra me il mondo mi diceva che dovevo starmene li, non perché è l'aria fuori che fa male, ma le persone.
E' una situazione strana perché ci lamentiamo sempre di non avere tempo per gli amici o i famigliari. Adesso che invece quasi non sappiamo cosa farcene di tutto questo tempo, non possiamo vedere amicie e famigliari.


Una cosa microscopica ci sta schiacciando nelle nostre case. Così capiremo che effetto facciamo agli animali, quando devastiamo il loro territorio. Non possiamo ancora sapere che effetto avrà questa cosa microscopica, ma mi auguro che qualcosa potremmo capire. Non di lei ma di noi stessi, del rispetto che dobbiamo avere gli uni per gli altri. Per il momento però, mi sembra che più si stia impegnando per infettarci e meno siamo capaci di capire. Ma non è nemmeno colpa di questa robetta, se siamo noi stessi il suo letale braccio armato.

Mi sento strano in questi giorni: nemmeno il ricovero di mio papà mi ha fatto svalvolare il cuore. Sarà che conoscendo la sua limitata socialità ero piuttosto sicuro non si trattasse del virus, sarà che l'albero genialogico da parte paterna non si è mai visto attecchire il male in ogni sua forma.  
Dalla mia posizione, credo di non riuscire a realizzare cosa sta succedendo davvero. Per questo credo di reagire in questo modo asettico. Solo ieri l'immagine della carovana di camion militari a Bergamo mi ha spaventato.
Sì, accendo la radio e l'argomento è sempre il solito. Siti web, newsletter e social media sono viruscentrici (solo le aziende che non comunicano sono immuni... ma non voglio aprire una polemica...). Ma mi sento inverosimilmente calmo anche se avverto una inquietudine latente alla quale non so dare una concreta spiegazione. Non si può non essere condizionati in questo periodo ma non do di matto come molti. Mi sento staccato dalla realtà, a dire la verità e non so se sia un bene, un male o se io non sono proprio del tutto normale. 
Forse perché speravo inconsciamente in un imprevisto di una portata simile per vedere cosa sarebbe potuto succedere. Gli imprevisti ormai nella mia vita non sono più tali anzi, hanno quasi cambiato di posto con l'ordinarietà o la presunta tale. Credo mettano alla prova le persone, sia mentalmente che fisicamente. E questo imprevisto è davvero generale nel condizionare la vita di tutti quanti. Non è così democratico come si potrebbe credere perché viverlo in un appartamento di 50 mq (ma anche di 150) è diverso di viverlo in una casa con giardino (sempre sia lodato!), come viverlo per un dipendente è tutt'altra cosa che per un libero professionista o piccolo artigiano. Anche se non penso sia molto semplice per i primi dover andare lo stesso a lavorare, magari nelle stesse condizioni di prima e con il pericolo di contagio. Perché per alcune aziende il fatturato viene prima della salute e si scommette forte, spero inconsapevolmente. Auguro a queste aziende di non trovarsi nella situazione di dover calcolare se è stato maggiore il costo del danno subito dopo, rispetto a quello per preservare la salute e la vita dei propri dipendenti.

Questa situazione che abbiamo visto arrivare da lontano ma che ci ha colti tutti alla sprovvista, mi da la conferma di quanto io odio i soldi. Sì, li detesto. Si potesse vivere senza, sarei felice. E credo si possa, ma qualcuno trova un certo inspiegabile gusto sentirsi diverso da qualcun altro.
Essere al momento disoccupato, paradossalmente potrebbe essere una posizione privilegiata, anche se mi preoccupa il fatto che questa cosa microscopica blocchi le assunzioni. Per questo capisco se le prossime righe infastidiranno (eufemismo) qualcuno. Perché sto per dire che quello che mi spiace tanto è che anche questa volta, prima ancora di cercare di capire le conseguenze sulla nostra salute, siamo finiti per individuare quelle sull'economia. Purtroppo il PIL è un valore economico, non esiste un indice che misura lo stato di salute fisica, mentale e sentimentale (sì, sentimentale!). Come se il soldo potesse esprimere tutto. Questo virus pernicioso oltre a condannarci a morire da soli, ci lascia la lucida consapevolezza della nostra fine solitaria ma nel suo bastardo modo di agire almeno non guarda il portafoglio di chi ha steso a letto senza fiato: così finisce tanto il ricco quanto il povero. Quindi, a cosa sono serviti i soldi? Spero almeno ad aiutare chi assiste i malati fino al loro ultimo faticoso respiro, le uniche persone che hanno fatto compagnia, e a evitare che qualcun altro si trovi nella stessa triste situazione.

Dopo lo sconquassamento economico, ascoltando quello che dice la gente il secondo pericolo di questa cosa microscopica è che si sa infilare nei tessuti famigliari peggio di un amante. L'automaticità con la quale si creano certe equazioni mi disarma! Gli imprevisti sono dei gran rompicoglioni ma cerco di saperne cogliere i lati positivi e uno di questi per me è poter stare con la mia famiglia, giocare con Tommaso e Teresa e con Anna. 
T'nT mi fanno incazzare ma tanto quanto stessimo vivendo in un periodo di noiosissima normalità, perché sono bambini di sette e tre anni. Questa situazione mi aiuta a trovare stratagemmi per distrarli, farli divertire, insegnargli cose nuove, fargli apprezzare la natura, fargliela conoscere. Quando mi capita di poter stare con loro per l'intera giornata così tanto tempo? 
Posso stare con Anna nei limiti delle cose da fare, perché  lei un lavoro ce l'ha e le prende l'intera mattina e per fortuna può farlo stando a casa e lei è così scaltra da riuscire pure a collegarsi con l'ufficio. Non nel senso telefonicamente, ma tecnologicamente: stampa in ufficio da casa, per intenderci, come se fosse nel suo ufficio in azienda, ma a qualche km di distanza e non nella stanza di fianco. Quindi se la hanno bisogno di qualcosa lei ci riesce lo stesso. Abbiamo una intera mezza giornata per stare con i bambini. Magari potessimo stare da soli. Ma non si può. Questa situazione può aiutare a capirci meglio, a evitare quei comportamenti che fanno girare le gonadi e le palle e a migliorare la vita di coppia.

A questo punto non capisco più a che posto è il pericolo per il nostro organismo, visto che il primo problema è la tenuta economica, il secondo è quella famigliare e il terzo è quella psicologica visto che le persone che se ne fottono e vanno in giro sono di più di quelle che si ammalano.
Fuori c'è aria buona, c'è il profumo dolce di primavera e quello della prima erba tagliata e gli uccelli cantano e rispondono ai miei fischi (oh, almeno io ci provo e uno mi risponde sempre, ma credo sia un suo comportamento automatico e nemmeno mi caga, anche se ormai succede da quasi cinque anni!). Mi ricorda i tempi di quando andavo a scuola, di quando studiavo con più sollievo perché potevo tenere la finestra aperta. Dicono che da questo fine settimana torni il freddo. Non mi sorprede: è quello del mio complenno e a parte qualche eccezione, il tempo non è clemente in questo periodo. Però poi tornerà il bel tempo e con lui i bei colori e i profumi. Pensate se invece fossimo in inverno, oltre a dover essere costretti a casa, per altro consumando un sacco di riscaldamento (qui lo teniamo acceso solo per qualche ora al mattino), con il solito grigiore di la del vetro. Lo so, ci stiamo perdendo una delle più belle primavere degli ultimi anni ma se non ci fosse questa condanna, ci sarebbe quella del lavoro a non farci godere questi giorni, quindi poco cambierebbe. Certo non poter andare in giro a correre o in bici rompe le palle. Ma va così. Riesco solo a dire questo in questi giorni: va così. Senza rabbia, dispiacere, gioia. Del tutto staccato e privo di fibrillazione. Mai stato così zero gradi mentali come in questi giorni indescrivibili.
Sono passate le tre e mezza am. Domani sarò un catorcio come ogni giorno da un po' troppo tempo a questa parte. Ma va così. Appunto. Prima di andare a dormire qualche ora, vado ancora fuori per potermi dentro il buon profumo di questa stagione e il silenzio di queste notti strane.

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Ancora! Ebook tributo a The Bends

Porca miseria! E' successo ancora! Ci sono ricascato. Dopo "Una punta di malinconia e tristezza -mai- infinita", l'ebook tributo per i 20 anni del doppio album Mellon Collie and the Infinite Sadness degli Smashing Pumpkins, ecco un altro ebook tributo.
"We don't have any real friend" è un ringraziamento a Colin Greenwood, Jonny Greenwood, Ed O'Brien, Phil Selway, Thom Yorke che messi tutti insieme fanno i Radiohead, per l'album The Bends, uscito esattamente oggi, 13 marzo, 25 anni fa. Lo potete scaricare gratuitamente a questo link.

Gesù Cristo. 25 anni fa era il 1995. Il pallone di Roberto Baggio sparato sopra la traversa di Pasadena mi sta(va) ancora trapassando il cuore.
A scuola ripetevo la 2a ragioneria ma stavo crescendo. Parlavo tedesco con una discreta disinvoltura. Ero innamorato fisso di almeno due compagne di scuola. Imbrattavo la mia prima Smemo di parole e segni scemi, di foto di Nicole Kidman e di pubblicità di modelle bionde con gli occhi verdi e di Liv Tyler, dei cori da stadio del Vicenza Calcio e dei risultati del mio campionato, il mio primo da juniores. Ero uno dei più giovani tra giocatori più grandi e bravi di me. Per la prima volta giocavo partite da 90' e l'allenatore del tempo famoso per essere un ammazza ragazzi (fisicamente e psicologicamente) mi aveva rinforzato (fisicamente e psicologicamente) e avevo concluso la stagione con un assist di destro al volo per un compagno che ha segnato al volo di sinistro, io mancino e lui (ottimo) destro. Jack Frusciante era uscito dal gruppo in libreria da un anno, l'anno dopo sarebbe uscito anche al cinema. Siccome a scuola erano cose già fatte spesso andavo in sala giochi sotto lo stadio e mi trovavo con i giocatori del Vicenza. Che giocava benissimo in Serie B e sarebbe stato promosso in A dopo un campionato splendido. Nel 1995 ho vissuto la mia prima esperienza all'estero, dove ho conosciuto tantissime persone, alcune delle quali mi spiace non sentire più, una delle quali sono felice sia una mia splendida amica. Durante quella esperienza ho anche capito perché il calcio inglese (ancora questo calcio!) è definito tale e perché quindi mi piace così tanto! Coraggiosamente, andavo al mare da solo con tre mie amiche perché mi piaceva da matti una di loro, mora con gli occhi azzurri anche se ero felice di tornare in stanza all'alba per le vie di Jesolo che profumavano di pane appena fatto con un'altra delle tre ma non avevo il coraggio di essere più di un suo amico* e intanto conoscevo le prime paranoie. Giravo in scooter in mezzo la strada  passando nello spazio lasciato tra due corriere senza casco con il walkman a palla ascoltando Micheal Jackson, i R.E.M., Jovanotti, gli Aerosmith, i Nirvana e varie cassette di rock anni 70 e un gruppo pazzesco che si chiamava Smashing Pumpkins che mi faceva sentire sulle montagne russe. Mi atteggiavo a quello che voleva essere lasciato in pace e per i cazzi suoi. Riprendevo con la videocamera i compagni di classe nei loro concerti. Non uscivo ancora la sera e la mia vita era casa-scuola-calcio e la musica, che ascoltavo anche a casa di un compagno di classe, fornitore di cd masterizzati. In un sola parola, ero uno sfigato.

Ed è stato in uno pomeriggio di inizio primavera che il fornitore, Ale come me, mi ha messo qualcosa di nuovo. Se la musica mi ha preso all'istante la voce all'inizio mi lasciava perplesso, sembrava un lamento costante. Ma esprimeva bene i testi delle canzoni. Mi sono portato a casa il cd e l'ho fatto andare ininterrottamente con mio papà che mi chiedeva chi avesse registrato il gatto che piangeva. Ho letto e tradotto con il vocabolario tutti i testi e più ascoltavo il cd più quella voce mi piaceva e travolgeva, introversa come me ma irruenta quando alza i toni, come quando cerc(av)o di essere meno introverso. 

Era 25 anni fa. Anche 25 anni fa ascoltavo canzoni di 25 anni prima: Let it be, dei Beatles, è uscito nel 1970 e al tempo, senza avere riferimenti di quell'anno, mi sembrava una enormità. Pensavo fosse una canzone vecchia. Adesso di anni sono diventati 50. Una vita fa. E mi trovo ad ascoltare, ancora, musica di 25 anni fa. A celebrarla con un (altro) ebook. E mi sembra ieri. Non è una musica così vecchia come quella del 1970 sembrava nel 1995. Dovrei chiedere un parere a mio nipote che ha appena fatto 18 anni cosa pensa di The Bends.

Quando Roberto mi ha chiesto di partecipare anche a questo ebook mi ha sorpreso, significava che è stato contento di quello che avevo scritto per "Una punta di malinconia e tristezza -mai- infinita", perché anche quest'altro è una sua iniziativa. La sua considerazione mi ha fatto un enorme piacere. Così anche se non sono esperto di Radiohead come per gli Smashing, ho subito accettato. Non mi è capitata una canzone semplice da tradurre in racconto, ma Bulletproof... I wish I was è comunque bellissima, perfetta per Tom Yorke. Il testo è deprimente ma c'è dell'aria tra le note e mi da una certa fiducia. Così ho iniziato a scrivere qualcosa, idee sparpagliate, parallelismi tra i diversi me e la canzone. Il testo che ho mandato a Roberto l'ho chiamato lato B2 per intenderci! Anche se ce ne sono altri che ho cancellato o perso perché quando scrivo ho il vizio di non salvare o mi sono venuti in mente in momenti nei quali non potevo trattenere l'ispirazione, come quando corro per esempio. 
Non parlo del mio racconto, quelli degli altri autori sono bellissimi, coinvolgono e raccontano in modo autentico. Dimostrano come la musica riesca a entrare nelle nostre vite e ad accompagnarle. Magari all'inizio in modo più forte ma poi quando più avanti ti fermi un attimo e torni indietro, senti ancora quelle sensazioni. Buon ascolto, e buona lettura.

* Poi alla fine il coraggio l'ho trovato e adesso siamo sposati.

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Dear Kobe

Dear Kobe,

hai la mia stessa età, sei papà e marito come me. Solo per queste cose in comune, potrei considerarti un amico a distanza insieme al quale guardare le partite di basket sul divano.
Ami lo sport come me, io ho amato il calcio, tu il basket. Solo che tu sei diventato una leggenda del tuo sport in tutto il mondo, mentre io del mio nemmeno in casa mia ero famoso.
Mi hai strappato delle lacrime con quella tua "Dear basketball", perché pensavo l'avrei potuta scrivere anch'io. Con l'unica differenza che nessuno mi avrebbe dato attenzione, figuriamoci una statueatta! 
Hai passato una stagione a emozionare i palazzetti degli Stati Uniti e i tuoi fan in tutto il mondo. Ma anche tutti quelli a cui sei stato sulle palle. Perché non ti si poteva non ammirare in campo. Non eri amato da tutti, ma avevi tutto il loro rispetto.
Da quando la magica squadra di Chicago è scomparsa mi sono allontanato dalla NBA. Poi però sei apparso tu e mi hai fatto tornare la voglia di stare sveglio la notte. Sì, ci sono stati Wade, Anthony, Nash, Melo, Iverson bravi tutti... ma tu eri diverso e ho pensato che valesse la pena perdere qualche ora di sonno.
Grazie Kobe!
Sono stati anni fantastici. In campo eri un po' un bullo, ma lo so com'è in partia, in parte è atteggiamento e in parte è carattere e se non ne hai, se nelle vene non ti scorre l'ossessione per la vittoria, quella foga competitiva, non succede nulla di quello che è successo a te.
Come quegli 81 punti. Ottantuno per la miseria! Era il 22 gennaio 2006. Nessun altro grande della NBA ci è riuscito.

Questa sera, guardando distratto una partita di calcio, ho sentito la voce del telecronista indurirsi annunciando una notizia tragica: sei morto in un incidente, l'elicottero è precipitato e insieme a te si è portato via altre persone, tra le quali anche tua figlia Gianna Maria Onore (nome italiano, come tutte le tue figlie).
La partita ha perso tutto quel poco di interesse che aveva, dopo aver esclamato "Eh? Cosa?!" non ho più detto una parola. Ho solo cercato smentite che non ho trovato.

Sei una di quelle persone che tutti considerano immortali. Perché sei un campione del basketball e lo resterai per sempre. Come Dino Meneghin, per intenderci. E i campioni sono immortali. Come i supereroi. Restano nel cuore e nei ricordi delle persone per tutte quelle cose fantastiche che hanno fatto in campo.
Ma Kobe, tu sei quel ragazzo con un calzetto su e uno giù, mica sei un supereroe, per quanto figo tu sia e per quanti addominali tu possa avere!
Trovo del tutto assurdo morire in un incidente con l'elicottero. Forse perché non c'entra niente col basket, forse perché è l'ultimo posto dove ti potrei immaginare. Cosa ci facevi in un elicottero? Ci ho volato 2 volte in elicottero e sono state due esperienze da paura e quando sono sceso ho detto che non ci sarei mai più salito. Comprati una bella macchina robusta e sicura, piuttosto!
Facciamo l'errore di credere che certe persone siano immortali. DI solito quelle che ci sono vicine, fisicamente o sentimentalmente. Ma nessuno lo è. Nemmeno uno come te. E quando succedono, queste cose sono una mazzata tremenda.

Solo perché siamo coetanei, ti immagino come un amico, una specie di amico a distanza col quale vedere le partite dei nostri idoli della NBA con una fetta di culo appoggiata sul margine del divano, pronti a scattare per una giocata di MJ, di Pat, del Postino, commentati dalla voce estasiata di Dan Peterson. Oooh yeah!
Non mi sono sentito solo nemmeno quando hai alzato dal divano quel pezzo di culo per indossare la maglia giallo-viola della mia squadra preferita, senza neanche passare per l'università. Li avevo capito che una cosa era vera: che nel parquet avrebbe messo piede un nuovo campione della pallacanestro. E credo lo sapevi anche tu, dove saresti arrivato, vero!?
Così ti ho sempre seguito, per tutti e 20 gli anni. Nel bene e nel male, in campo e fuori. Come si fa a non seguire un amico, anche se sei un amico a distanza? E hai sempre dimostrato la tua forza di volontà.


Mi sono sentito più triste del solito quando ti sei ritirato, perché ho seguito la tua storia dall’inizio. Figurarsi se si tratta di un ragazzo che guardava le partite di basket insieme a me, seduto così sul divano. Non torneremo a sederci allo stesso modo sul divano, con le chiappe sull’orlo, per vedere tornare Curry dopo l'infortunio e le magie di Doncic o se Leonard si riconfermerà ad alti livelli anche nella tua città.
Perché te ne sei andato per sempre adesso.
Una cosa è uscire dal campo, un'altra è andare via così! Non trovo giusto perdere un amico a distanza così, come perdere un marito, una figlia, un padre, in questo modo.


Ciao dear Kobe, sei una leggenda. E le leggende si sa, non muoiono mai.
Rest in peace, Mamba!


   

"Kobe! Kobe! Kobe! Kobe! Kobe! Kobe! Kobe! Kobe! Kobe! Kobe! Kobe! Kobe! Kobe!"

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