Qualcosa di troppo

Troppi guru
Troppe bufale
Troppi ingenui
Troppi customizzatori di moto
Troppe scrambler e cafe racer 
Troppa convinzione
Troppi fanatici
Troppe persone che si credono uniche               
Too much people considering itself unique
Troppe barbe
Troppi esibizionisti
Troppi social 
Troppa apparenza
Troppi selfie
Troppi approfittatori
Troppo bisogno di amicizie giuste
Troppa avidità
Troppa mancanza di ascolto 
Troppi bugiardi 
Troppo falso distacco 
Troppa umiltà sbandierata
Troppe parole non dette
Troppa attesa
Troppa pazienza
Troppa cattiveria
Troppa studipidà
Troppa ignoranza
Troppa maleducazione
Troppa superficialità
Troppe complicazioni 
Troppa arroganza
Troppa distanza
Troppa assenza 
Troppa mancanza
Troppa gelosia
Troppa invidia
Troppo egoismo
Troppa rabbia
Troppo rancore

Troppo stanco.
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Too much gurus 
Too much fakes 
Too much naives
Too much motorcycle customisers
Too much scrambler and cafe racer
Too much certainty
Too much fanaticals
Too much people considering itself unique
Too much beards
Too much exhibitor/exhibitionist 
Too much social 
Too much appearance
Too much selfies
Too much profiteers
Too much need of affairs
Too much lust 
Too much luck of listening
Too mcuch liars 
Too much false coolness 
Too much unsaid words
Too much wait
Too much patience
Too much wickedness
Too much foolishness
Too much ignorance
Too much rudeness
Too much superficiality
Too much complications
Too much arrogance
Too much distance
Too much absence
Too much lack
Too much jealousy
Too much envy
Too much egoism
Too much rage
Too much resentment

Too much tired.


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Giro d'Italia 2016: polemica a due ruote

Ho visto lo spot promozioanale della 99ma edizione del Giro d'Italia.
Visto che invita a seguirlo sulle reti RAI, immagino che a televisione di Stato sia il committente.
Non so se l'oggetto del video, un confronto tra due ruote a motore e due ruote a pedale, sia stato indicato dalla RAI alla società realizzatrice o proposto da quest'ultima.
Non so se ci sia stata una gara tra agenzie per aggiudicarsi la realizzazione o è spuntato il cugino paraculo di qualcuno.
Comunque sia, è una dimostrazione di insipienza a superficialità da entrambi le parti. E' uno spot sbagliato. Chi l'ha commissionato non doveva approvarlo.
Ho anche letto i commenti di entrambe le fazioni: i motociclisti sono incazzati come se la loro moto gli avesse piantati in mezzo la strada di notte ma mi pare il minimo. Per i ciclisti non c'è nulla di offensivo e mi pare banale. Solo un ciclista dotato di onestà intelettuale ha descritto il fallo commesso.

Promuove uno sport denigrandone un altro.
Promuove atleti non rispettandone degli altri.
Promuove una professione offendendone un'altra.
Che poi è la stessa, quella dello sportivo, che in modo diverso si smazza comunque tantissimo sia fisicamente che mentalmente per raggiungere lo stesso obiettivo: essere più veloce (degli avversari e del cronometro). 

Non voglio dire che la moto sia meglio della bici, o viceversa, mi trovo anche con col culo su due selle: quella della moto e quella della bicicletta, da MTB per la precisione. Ma conoscendo un po' i due mondi, ci vuole poco a fare una analisi del video e trovare un secondo fallo piuttosto macroscopico (e non è uno di quelli da vantarsi): tutto quello che viene detto per sputtanare il motociclismo ed esaltare il ciclismo è contestabile. Vogliamo vedere punto per punto?

- I ciclisti non avranno le ombrelline in partenza ma le Miss di tappa che si esibiscono con tanto di doppio bacio ai ciclisti sul podio, mentre nel motociclismo il contatto fisico tra le ombrelline ed i piloti non esiste nemmeno.

- Le gare di moto non vengono interrotte per pioggia a meno che le condizioni non siano davvero proibitive e mettano in pericolo la sicurezza dei piloti. Sia all'ultima Tirreno-Adriatico che all'ultima Parigi-Nizza, una tappa è stata annulata a causa del maltempo.
Poi alcune tappe si corrono anche sotto il diluvio mentre alcune gare vengono interrotte, ma i piloti filano a più di 200 km/h e la sicurezza qui è tutta un'altra cosa di una tappa di ciclismo magari tutta in pianura senza nemmeno discese veloci

- I tifosi seguono con la stessa passione il proprio sport, talvolta entrambi, viaggiando per km, spendendo soldi, facendo sacrifici, cucinandosi sotto al sole o infeltrendosi sotto la pioggia per seguire i propri idoli. Quindi chi è più figo?
E' vero il pubblico delle gare di motociclismo siede sulle tribune coperte o sulle collinette dei circuiti e non corre insieme ai piloti ma per due semplici motivi:
1) è una questione di sicurezza [concetto difficile a quanto pare!], vi è mai venuta addosso una moto da 130 kg a secco a 200 all'ora?
2) Non esiste ancora nessuno capace di correre a quella velocità per una distanza così lunga. Usain Bolt al massimo ha registrato una media di 37,58 km/h ed una massima di 39,28 km/h, su 100 mt e non è una passeggiata nemmeno per lui!

- Anche per i piloti le ferite sono medaglie. C'è chi come Troy Bayliss si fa tagliare la falange del mignolo per correre il gp poche ore dopo o chi come Loris Capirossi corre con una microfrattura alla mano per poi collassare ai box alla fine della gara. E, come già detto prima, indossano tute in pelle perché un conto è scivolare in bicicletta, un conto in moto a oltre 200 all'ora.
In entrambi i casi, che si cada da una bici o da una moto, indossando completi elastici sintetici o tute in pelle tecnologiche, caschetti di polistirolo o caschi più protettivi in fibra di carbonio il rischio di morire è una probabilità da prendere in seria considerazione.
Quindi non vedo un gesto più eroico dell'altro.
A proposito di morte, consiglierei a chi ha realizzato questo video, di fare un giro all'Isola di Man, in Inghilterra, tra un mese. E' un bel posto anche per i ciclisti. A parte qualche pioggia.

- I ciclisti fanno più fatica e sudano di più? Secondo chi ha realizzato questo video, un motociclista che corre il GP di Barcellona a giugno o di Malesia in ottobre non fa fatica e non suda, aggrappato alla moto alzandola e buttandola giù in curva o si gode il tracciato ben protetto ed isolato dall'aria grazie alla tutina integrale?
Non hanno nemmeno lunghe discese per rilassare i muscoli di collo, spalle, braccia, torace, addominali e gambe come talvolta hanno i ciclisti.
Mi piace molto uno slogan: "If you have a body, you're an athlete"*.
Lo sport è sport. E' fatica dedizione sacrificio passione per tutti. Per chi lo fa e chi lo segue.
Uno sport deve incitare l'altro. Non c'è uno sport più vero dell'altro né uno più sport dell'altro. E non ci sono atleti più eroi di altri.

Faccio due osservazioni da sportivo appassionato e addetto marketing e comunicazione dilettante disoccupato, visto che questo video non le mette su un piatto d'argento ma di platino:
1) non ci sono precedenti storici di piloti, in qualsiasi competizione, che hanno barato per vincere. Vogliamo proprio parlare di doping, di biciclette truccate con motorini nascosti nel telaio?
2) Il video sputa sulle moto in generale, non solo su quelle che corrono in pista. Uno degli sponsor del 99mo Giro d'Italia è Kawasaki, moto ufficiale. Fossi nel direttore della filiale europea, di quella italiana e nel responsabile marketing di entrambe, chiederei per lo meno spiegazioni e poi valuterei il ritiro della sponsorizzazione.

Per l'occasione, Kawasaki ha girato un video promozionale all'Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola lo scorso week-end, in occasione della tappa italiana del mondiale SBK: per promuovere la sposorizzazione al Giro da parte della Kawasaki, Damiano Cunego e Jonathan Rea si sono sfidati in bicicletta lungo il percorso. Tutto molto bello e simpatico con lo scambio di in bocca in lupo tra i due. Come poi deve essere.
Chi è più eroico tra chi gira i pedali con le gambe e chi gira una manopola con un polso?
Diciamo la verità, è uno spot brutto. Il più brutto che si poteva fare.
Riflette molto la politica: si parla di se stessi cercando di screditare gli altri. Contenuti zero. Quando invece il ciclismo ne avrebbe a vagonate!

La RAI fa una brutta figura a trasmetterlo: se non ha i soldi per pagare i diritti di MotoGP e Superbike affari suoi. Io di certo non spendo una follia per la pay-tv (prima di tutto dovrei comprare la tv che non ce l'ho!).
Visto che la RAI non ha i diritti per il rugby, spero non abbia già fatto realizzare uno spot sui prossimi Europei di calcio sfottendo il rugby!
Se in RAI si è dimesso chi ha fatto partire il 2016 in anticipo di 1" durante la trasmissione di fine anno, allora il responsabile della RAI che ha seguito la realizzazione di questo spot deve essere licenziato subito.

Questa è la versione italiana che gira sui social e che ha fatto molto casino (è la voce del doppiatore di Kevin Spacey?). Utilizza alcune immagini della versione internazionale.

Qui sotto la versione internazionale, in lingua inglese. Parla solo di quello che deve parlare: ciclismo. E che altro sennò!?
 
* Bill Bowerman, allenatore di atletica e cofondatore di Nike.

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Leicester campione!

Il Leicester di Claudio Ranieri ha vinto la Premier League. E' campione d'Inghilterra per la prima volta nei suoi 132 anni.
Domenica pomeriggio ha pareggiato 1-1 a Manchester contro lo United.
Il Tottenham ha appena pareggiato 2-2 il derby a Stamford Bridge contro il Chelsea.

Ci sono alcune cose curiose in questa giornata di Premier.
La ex squadra di Ranieri, il Chelsea, lo ha aiutato nella realizzazione di una impresa sportiva.
Prima però i Foxes hanno conquistato il punto che gli ha consegnato il titolo all'Old Trafford, stadio soprannominato "The Theatre of Dreams", il teatro dei sogni.
Lo stadio del Man Utd, club che ha dominato in Inghilterra ed in Europa fino a pochi anni fa e 2a squadra più ricca del mondo dopo il Real Madrid.

Il Leicester è una favola per almeno tre ragioni: 
1) perché ha vinto uno dei campionati di calcio più importanti d'Europa dopo appena due anni dalla promozione.
2) Perché nell'arco di un anno è passato dall'ultimo posto e dal rischio retrocessione alla vittoria in Premier League. L'anno scorso infatti era ultimo e si è salvato grazie ad un filotto di 7 vittorie nelle ultime 9 partite.
3) Ha conquistato un campionato di miliardari stranieri: Chelsea (di proprietà russa), Liverpool (USA), Manchester United (USA), Manchester City (EAU) e Arsenal (addirittura di un trio USA-Russia-Iran... da paura diplomatica, non voglio sapere a cosa serva il club davvero!) hanno proprietà miliardarie e budget imparagonabili.
Eppure credo che pochi in Italia sanno che anche il Leicester non è di proprietà inglese: infatti nel 2007 è stato acquistato dal serbo Milan Mandarić che poi lo cedette nel 2010 ad una cordata thailandese chiamata Asian Football Investments (AFI), guidata dalla King Power Group di Vichai Raksriaksorn che da il nome allo stadio. Non so la cifra di quest'ultimo passaggio ma tanto per fare dei confronti il Machester United è stato acquistato dalla famiglia Glazer dopo una OPA ostile di oltre 1 milione e mezzo di sterline mentre il Liverpool è costato 470 miliori di pound.
Delle formazioni di testa, solo il Tottenham è di proprietà inglese, di un certo Joe Lewis, 308esimo uomo più ricco del mondo e il 7mo in Inghilterra con un patrimonio di 4,2 miliardi di dollari e proprietario anche della società di investimenti ENIC... noi tifosi del Vicenza disprezzavamo i pound preferendo i schei casalinghi, Vicenza ai vicentini e tutti sappiamo poi come stanno andando le cose.

Questo tanto per dire che Davide può vincere contro Golia.
Ranieri aveva già un po' di esperienza di calcio inglese, avendo allenato il Chelsea dal 2000 al 2004. Credo che abbia saputo utilizzare il potenziale dei suoi giocatori, tra l'altro liberi da altri impegni come Champions League e Europa Leauge e di farli giocare senza pensieri e pressioni, senza nulla da perdere.
Credo che il Leicester si possa definire con una parola: semplice. Ma andiamoci piano perché è facile cadere in fraintendimenti. Vincere un campionato non è semplice. Non lo fai semplicemente dicendo a 11 giocatori semi-sconosciuti come scendere in campo. 
Ha giocato un calcio semplice. Ha giocatori semplici. O semplici calciatori, che può assumere un significato molto diverso. Ha gestito una pressione semplice, almeno fino ad un certo punto perché la paura di vincere può sorprenderti.
Ha pensato in modo semplice e cioè partita dopo partita e non guardando all'intero campionato. 
Ha fatto un semplice patto con i giocatori: fate quello che volete quando non lavorate. Ma quando lavorate fatelo bene.
Ranieri nelle interviste che ho sentito non è stato mai banale. Rilassato e gigione con i giornalisti come non si è mai visto in Italia con Juve, Roma e Inter.
Mi ha impressionato quando durante una pausa del campionato ha dato ai giocatori una settimana di vacanza. Nella Serie A una cosa del genere è impossibile. Non lo è in 3a categoria dove allenatori con complessi di onnipotenza pensano che esista solo il calcio di 3a categoria. Figuriamoci in Serie A.
Questo alla fine ha funzionato.
Se vinci giocando con uno in campo come Jamie Vardy che fino al 2012 era un operaio e giocava in campionati dilettanti, hai sempre ragione.
Ranieri ed il Leicester hanno dimostrato che si possono avere tantissimi soldi, ma senza organizzazione societaria, tecnica e tanto fame di vittoria, non si vince niente lo stesso (avvertimento per Milan e Inter).
Ma non è la regola.
Il Leicester è una eccezione.
Che poi il romano Claudio conquisti la Terra d'Albione invece pare un scherzo della storia.

E dopo tutte queste belle (?) parole, mi è bastato un giro di mezz'ora su Facebook perché il Leicester mi andasse in mezzo le balle! Basta, non ne posso già più!
Troppo facile adesso essere tifosi delle Foxes.
Tanto l'anno prossimo il campionato lo vince il Man Utd! 

E nella storia recente del calcio italiano, mi piace ricordare due storie uguali: il Verona campione d'Itlaia nel'84-85 e il Vicenza Calcio vincitore della Coppa Italia nel 96-97. Se poi il secondo gol di Luiso a Stamford Bridge non fosse stato annullato, chissà... 

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Ayrton Senna è

Se non avete mai conosciuto un brasiliano triste, o per lo meno serio, non avete mai conosciuto Ayrton Senna.
Non che fosse mio compare di bevute, uno perché non ce lo avrei visto, due perché aveva 18 anni più di me e tre perché lui faceva parte di quel mondo inarrivabile che è la F1. E quattro, sarebbe potuto anche diventare mio amico di bisbocce, se 22 anni fa non fosse successo quel maledetto week end.

Non avevo ancora smaltito il suicidio di Kurt Cobain che aveva deciso di spararsi il 5 aprile.

Anche l'1 maggio di 22 anni fa era domenica. 
Ero fuori a pranzo con famiglia e parenti e come spesso succedeva anche quella volta per tornare a casa sfrutto un passagio dei miei cugini Matteo e Davide che avevano piani più interessanti per il dopo pranzo.
Io dovevo guardare il GP di S. Marino di F1 dal circuito di Imola.
Sapevo che la gara era già iniziata ma in macchina non abbiamo acceso la radio.
Sono entrato in casa e quando ho accesso le tivù ho solo sentito le voci fredde e tristi di Mario Poltronieri ed Ezio Zermiani che facevano capire che era successo qualcosa di brutto.
Come se non fosse bastato l'incidente a Rubens Barrichello nella prima sessione di prove il venerdì e la morte di Roland Ratzenberger nella seconda il sabato.
Ho subito messo sul televideo che all'allora pagina 230 titolava a caratteri maiuscoli l'incidente di Ayrton Senna.
Mi sono fermato li. A chiedermi se avevo sbagliato io a leggere. Se era un film. Se era tutto falso.
La stessa sensazione che provai il 23 ottobre 2011 quando morì Marco Simoncelli nel GP di Malesia.
Un attimo di smarrimento. "Non è vero! Non è possibile!" è l'unico pensiero che rimbalza da una parte all'altra della testa con gli occhi fissi allo schermo.
In televisione non parlavano ancora della sua morte mentre sul Televideo, come sempre, non tradiva la realtà.

Comprensibilmente i telecronisti al circuito e in studio non sapevano cosa fare e tantomeno cosa dire. La notizie della morte di Senna arrivò dopo la gara, dopo le 18, perché comunque si doveva correra, perché "the show must go on" così come il suo business.

Quello è stato il peggior week end della storia dei motori. Sembrava maledetto. Incidenti in corsia box, in pista in qualifica ed in gara con feriti anche tra gli spettatori. Se poi succede ad un pilota tre volte campione del mondo come Senna, tutto si amplifica ma quello che è successo prima si dissolve. Per questo ogni anno piangiamo un pilota brasiliano e mai uno austriaco.
Anche l'1 maggio di 22 anni fa era domenica. E dal pomeriggio alla notte non ho mollato la televisione, non ricordo di aver visto prima la Domenica Sportiva.

Odiavo Senna. Perché era dannatamente bravo e guidava la macchina che vinceva sempre, la McLaren. E come tutti i piloti in quel ruolo era antipatico.
Ma non era colpa sua. L'unica sua colpa era quella di essere un vincente. Lui era la F1 in quegli anni.
Era un brasiliano anomalo: non era come Nelson Piquet che schervaza coi cronisti poco prima di partire. Era un brasiliano malinconico, con quegli occhi scuri sempre seri concentrati educati già proiettati verso la prossima curva.
Lui quando scendeva in pista andava a lavorare, non - solo - a correre dentro un bolide.
Penso che tutti gli appassionati di F1 che odiavano Senna, quel 1° maggio di 22 anni fa abbiano pianto. Perché avevano appena perso un eroe.
Ayrton Senna è quello che non si risparmiava critiche alla direzione corse nei briefing all'inizio del week end di gara: se aveva delle osservazioni o era contrario a qualche decisione lo diceva.
Ayrton Senna è quello che durante le prove del GP del Belgio del '92 ferma la macchina quasi in mezzo la pista, esce di corsa dall'abitacolo per filare a soccorrere Eric Comas vittima di un brutto incidente, avendo il sangue freddo di voltarsi per controllare che la sua McLaren non si fosse mossa.
Ayrton Senna è quello che vince il GP del Brasile del '91 percorrendo metà gara col cambio bloccato in 6a e sfinito non riesce a guidare fino ai box. Ci arriva su un'auto di servizio e sul podio non riesce neanche ad alzare la coppa per i crampi, perché non poteva mollare davanti al suo pubblico. Di quella gara non scorderò mai le urla di Senna, ormai impazzito e sfinito.
Ayrton Senna è quello che quando pioveva si esaltava e lo dimostrò nel GP di Montecarlo dell'84, quando al volante di una Toleman fu protagonista di una gara incredibile tanto che se il direttore di corsa non la avesse interrotta Alain Prost, il pilota col quale ebbe una rivalità profonda per tutta la carriera, avrebbe rischiato la vittoria. E lo confermò l'anno dopo vincendo il suo primo GP in Portogallo all'Estoril sotto la pioggia. Venne soprannominato "il mago della pioaggia", mentre Prost la temeva.
Ayrton Senna è quello che dopo gli incidenti del venerdì e del sabato voleva annullare il GP di S. Marino.
Ayrton Senna è  quello che porta nell'abitacolo una bandiera dell'Austria da sventolare in caso di vittoria per ricordare un pilota che nemmeno conosceva ma col quale condivideva la professione ma anche il trafigo destino.



Qualche mese dopo, quando i giocatori della nazionale brasiliana di calcio in mezzo ad un campo da calcio in California festeggiavano la vittoria ai mondiali contro l'Italia sventolando la bandiera di Senna, ho avuto un attimo di felice commozione.
Mi ha sempre impressionato una cosa: quello era il quarto mondiale di calcio per il  Brasile. Proprio come quello che voleva vincere Ayrton. 

"Quando c'è uno spazio, o ti ci butti in quanto pilota professionista che è nato per vincere gare oppuri arrivi secondo, o arrivi terzo o arrivi quinto.
Io non sono nato per arrivare secondo, quarto o quinto, io corro per vincere.
E se non cerchi di infilarti in uno spazio che esiste, allora non sei un pilota"

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