Più spazio e vita per lo sport

Sono appena terminate le Olimpiadi di Tokyo, le migliori della nostra storia: gli atleti italiani hanno conquistato 40 medaglie in tutto: 10 ori, 10 argenti e 20 bronzi in 19 specialità. Qualcuno obbietterà che è stata anche l'Olimpiade con la delegazione maggiore di tutti i tempi, non si erano mai visti così tanti atleti e, per la legge dei grandi numeri, è anche facile conquistare più medaglie. 
Col piffero! Intanto sono riuscite a qualificarsi diverse squadre olimpiche: basket maschile (dopo 17 anni sono tornati!), pallavolo (maschile e femminile), pallanuoto maschile, ginnastica artistica, nuoto sincronizzato, ciclismo su pista. Le Olimpiadi non sono un torneo estivo al quale partecipi perché paghi l'iscrizione, ci vai grazie ad anni di impegno, sacrifici e dannazione. Non so quante altre nazioni avessero lo stesso numero di squadre.

L'Italia è la 10ma nazione ma, per numero di medaglie, è settima, davanti a Olanda, Francia e Germania e, se Regno Unito e ROC (Comitato Olimpico Russo, l'escamotage creato per far partecipare gli atleti russi ai Giochi di Tokyo, visto che la Russia è stata squalificata per doping) si considerano europee (non solo quando fa comodo loro), sarebbe la terza nazione europea. 
Non era ancora finita la prima settimana che c'era già chi parlava di fallimento, dopo i tanti bronzi ci si lamentava di atleti non all'altezza tecnicamente e psicologicamente, tra giornalisti e anche tra ex atleti ora commentatori in televisione. 

Non voglio fare un'analisi di cosa è andato bene e cosa storto perché, ve lo dico se in caso avete un'opinione diversa: vincere è difficile! Per noi che siamo seduti sul divano non sembra. Ripetersi è ancora più difficile. Se poi cambiano le modalità di gara rispetto alle Olimpiadi precedenti i paragoni si fanno complicati. E poi perché cosa è andato bene lo sa anche la gatta (che sul divano dorme) e non sono nella posizione di commentare  cosa è andato storto. Poi si sa che effetto fanno le aspettative e sì, una certa pressione non è così facile da sostenere.
Quello che ho visto però è che le Olimpiadi di Tokyo hanno premiato di più gli sport individuali e dove non pensavamo di conquistare medaglie.

Allora, cosa voglio fare? Dall'alto dei miei 11 follower, 14 dei quali in vacanza e che non leggeranno queste righe, vorrei chiedere più considerazione da chi amministra lo sport. Dopo questo risultato fantastico e inatteso da chi ha guardato le Olimpiadi sul divano, vorrei che qualcuno guardasse bene questi atleti, tutti quanti, quelli che hanno rappresentato i colori dell'Italia, della loro federazione. Perché lo sport merita attenzione concreta. Non 'più' attenzione, ma attenzione.

Non avremo mai una impostazione di tipo americano, sarebbe necessaria una rivoluzione del sistema scolastico e sportivo. Infatti negli USA la considerazione dello sport è tale da ricoprire un ruolo importante nel percorso educativo: per chi vuole fare sport ci sono le squadre delle scuole e delle università, che si scelgono gli studenti, garantendo anche borse di studio ai/alle più bravi/e, per meriti sportivi e che fanno da passaggio verso il professionismo. 
Insomma, puoi avere una educazione e un futuro grazie all'impegno nello sport.

Nelle scuole italiane invece se fai sport sei penalizzato. Ricordo ancora bene le parole del mio professore di chimica e biologia in seconda superiore: "Hai capito le mie intenzioni nei tuoi confronti. O studi o fai sport!". Ho perso un anno di scuola (ma non di vita!) perché dedicavo più tempo allo sport, perché insieme ad altri splendidi ragazzi abbiamo vissuto una stagione sportiva esaltante, che richiedeva molto impegno. Che i miei professori consideravano un ostacolo. O nemmeno lo sapevano, perché per loro non esisteva niente altro dopo la scuola, davano per scontato vivessimo solo per quello.
Certo qualche materia non mi entrava in testa (sottolineo che facevo ragioneria, quindi chimica e biologia non erano così fondamentali) ma al confronto con qualche altro compagno di classe che invece non faceva una mazza dopo la scuola, avevo meno tempo per prepararmi. Ma chi se ne frega? Erano solo problemi miei. Lo sport, era un problema mio. 
Ecco come viene considerato lo sport, fin dai settori giovanili, da chi non fa sport.
Invece lo sport è un'altra scuola, ti insegna tante cose: lo spirito di sacrificio e quello di squadra, il senso di appartenenza, la condivisione di un obiettivo comune, il rispetto delle altre persone e dei ruoli ma anche a credere in te stesso e a essere tenace.

In Italia non capisco perché un/'atleta non possa fare sport professionistico con la sua società sportiva ma deve far parte dei corpi delle Forze dell'Ordine, mettendo la rispettiva divisa solo quando è in gara, o se viene ospitato in un programma alla televisione.

Ma la considerazione la vedi nel dare la possibilità di allenarsi come si merita a chi si pone delle ambizioni (i mondiali, le Olimpiadi), a chi vuole fare dello sport una cosa seria, una professione. Altrimenti, altre 40 medaglie saranno molto difficili da vedere.

Vorrei si pensasse di più alla realizzazione di impianti sportivi: non avendo squadre scolastiche ma tantissime società sportive con grandi settori giovanili, ci sono enormi problemi di disponibilità di impianti sportivi. Ci si affida alle palestre delle scuole, si litiga per organizzare gli orari. Ci fossero meno capannoni industriali abbandonati e più impianti sportivi, allora 40 medaglie Olimpiche non sarebbero un evento eccezionale.

In Inghilterra lo sport è concentrato prevalentemente nel sud dell'Isola, per motivi climatici ed economici (quelli sembrano imprescindibili eh!?), ma i risultati sono sempre stati ottimi. Molte opere vengono finanziate da progetti ben strutturati, il project financing non arricchisce solo l'impresa costruttrice ma realizza opere per il reale interesse pubblico. 

Ma è altrettanto necessario che lo sport si reinventi Non è possibile che società sportive dilettantistiche scompaiano per motivi economici! E' pazzesco. Chi fa sport dilettantistico non può chiedere soldi, che per altro sappiamo da dove arrivano e mi chiedo come chi debba controllare non se ne accorga. O voglia accorgere.

Per come gli atleti siano cresciuti in questa situazione, dove ci sono bravi dirigenti lasciati a se stessi e altri che illudono solo per interessi personali, quelle 40 medaglie hanno un valore grandissimo. Per noi sono state un'emozione enorme, per chi le ha portate a casa, ha il sapore di una vita pensata solo a quello, tra mille problemi. 

Lo sport merita impegno. Non solo sportivo. 

Read Users' Comments (0)

Saper vincere

Massimo Stano è appena diventato campione Olimpico nella 20 km di marcia
Una gara difficile già di suo corsa in condizioni difficili. 
Taglia il traguardo, urla di gioia e poi basta. 
Si gira, si leva gli occhiali e si prende alcuni secondi per aspettare il 2° e il 3°, entrambi giapponesi e si inchina davanti a loro, per rendere onore a entrambi. 
Perché alla fine siamo ospiti e li abbiamo battuti in casa loro, ma un avversario va sempre rispettato. 

Prima di arrivare solo un cenno per dedicare la vittoria al/la figlio/a in arrivo. E poi, appena arriva, dopo 20 km di tacco-punta e ancheggiamenti a ritmi che qualcuno non tiene nemmeno per 1/10 dei km, non pensa subito a festeggiare, a prendere la bandiera, non abbraccia l'allenatore ma pensa agli avversari. 
Si prende quei secondi in più per dedicarli agli avversari con i quali ha condiviso la fatica.
Fantastico. Nessuno fin a ora lo aveva mai fatto o, almeno, non l'ho mai visto fare a qualcuno prima di lui. 

Bravo Massimo, per il senso di sportività e di rispetto per gli avversari e i padroni di casa. Un gesto che onora anche la maglia che indossa e la Nazione che rappresenta. 
Il valore dell'atleta lo dimostra l'oro della medaglia che porterà a casa e che arricchisce il medagliere e l'orgoglio italiano. Ma il valore dell'uomo è tutto in quei due inchini.

Vincere è dannatamente difficile. Saper vincere lo è ancora di più. Lo sport è tante cose, lo abbiamo già visto, me è anche rispetto ed emozioni.
Adesso può desfarsi quanto vuole con i festeggiamenti perché una vittoria così lo merita!

E non dite che è solo sport.

Read Users' Comments (0)

Non è solo uno sport!

Eravamo lungo la strada del ritorno da un weekend in moutainbike sulle Pale di San Martino, appena rifocillati e asciugati dopo una mattinata a prendere acqua e freddo ma a divertirci come non capitava da tempo.
Il provider web mi ha regalato 3 mesi di una web tv che trasmette le Olimpiadi e così posso vedermele su internet, dal momento che a casa non ho la tv. Peccato che la RAI non abbia acquistato i diritti per la trasmissione in streaming, l'atletica senza il commento di Franco Bragagna non è la stessa cosa, ma ce la facciamo andare bene.
Infe mi tiene il telefono perché senza alcun supporto la sua incolumità in curva (del telefono, non di Infe) sarebbe in serio pericolo.


Stiamo guardano la finale del salto in alto, dove c'è Gianmarco Tamberi: è a medaglia, perché lui e il qatariota Mutaz Essa Barshim hanno saltato 2,37 metri senza errori. A un certo punto sembra che se la stiano giocando a pari e dispari. E invece no: perché giocarsi l'oro quando ce l'hanno già al collo e chi se ne frega se il fabbro dovrà forgiarne un'altra in più? E' Barshim ad avvertire Tamberi: "Wait! Wait! Wait!" gli dice, capisce che ci può essere qualcosa di bello per entrambi. Quando chiede al giudice se possono avere due ori, un po' come quando in trattoria due persone dello stesso tavolo vogliono entrambe gli spaghetti con il sugo di astice, il giudice è un po' in imbarazzo (forse pensa al fabbro...) mentre a Tamberi si accende la lampadina in testa, che esplode quando l'amico-rivale Barshim lo abbraccia e gli dice "History, man!".


E' fatta, 5 anni di fatica, di sforzi, di lotta contro il fisico, se stessi, il destino o meglio, di una scelta che poteva risparmiarsi che lo ha privato di una medaglia alle Olimpiadi di Rio, contro un virus che ha prolungato di un anno, interminabile e stressante, l'attesa verso questo momento. 
Tamberi si lascia andare al piano di gioia e penso che nella sua mente sia scorso il film di questi 5 anni, testimoniati dal gesso che si è portato in pedana, come se avesse avuto bisogno di ricordarsi chi è, cos'è successo e cosa ha vissuto. Forse una pantomima, ma provate voi a vivere i suoi cinque anni e ditemi se non avreste reagito a modo suo. Io forse sarei ancora per terra a piangere incredulo, ebbro di gioia. 


Passano 10' e raggiungiamo la macchina di Giuda e Olo, facciamo i fari: no, non ci è caduta - ancora - la bici dal porta bici (altra storia, per fortuna breve e a lieto fine). C'è la finale dei 100 metri, LA gara delle Olimpiadi, c'è Marcell Jacobs, salite in macchina da me che ce la guardiamo tutti perché questi eventi sono unici e bisogna viverli insieme.
Nemmeno Mazinga Zeta ha avuto una presentazione così al suo debutto! Partenza falsa dell'inglese, chissà se in patria chiederanno di ripetere la gara o diranno che è colpa di Jacobs, che è così freddo e concentrato che nemmeno si è mosso dai blocchi.
Si riparte. E parte bene Jacobs. E' davanti Jacobs. "Marcello!", lo chiama Franco Bragagna dal microfono RAI, come ho sentito più tardi cercando il suo commento registrato. "Marcello! Marcello!"
Ha vinto!!! Ha vinto!!! Ha vinto!!! L'uomo più veloce del mondo a queste Olimpiadi è italiano!!! Me lo avessero detto la mattina prima, non ci avrei creduto. Nelle gare di qualificazione si è sempre migliorato, ha cercato di andare oltre i propri limiti ogni volta. Ma la vittoria è una bellissima impresa. Una bellissima sorpresa.
Anche lui ha perso le Olimpiadi di Rio per un infortunio, dopo tanto lavoro per esserci. Soprattutto dopo essersi dedicato alla velocità dopo buoni risultati nel lungo. 
Piano piano, con costanza e fiducia in se stesso, si è impegnato in una nuova specialità, si è sempre migliorato anno dopo anno. Negli ultimi due anni è esploso: nel 2018 passa da 10"82 a 10"08, nel 2019 scende a 10"03. L'anno scorso torna a 10"10. Nel frattempo migliora costantemente nei 60 metri indoor e a marzo di quest'anno con 6"47 diventa campione europeo e registra il nuovo record europeo.
Ieri ha vinto l'oro olimpico, ha fatto tre primati nazionali e due europei, migliorando ogni sprint. Ha Abbassato il suo crono di 30 centesimi in un anno: il record del mondo dei 100 è di 9'58", quando Bolt lo ha demolito ai mondiali di Berlino nel 2009. Facendo un confronto con l'ultima gara di Bolt ai 100 proprio alle Olimpiadi di Rio, il campione giamaicano ha corso in 9"81. Jacobs ieri in 9"80. Certo, al tempo un crono così non era nelle sue gambe, correva in 10"23. Però se ci pensate, rincorrendo una motivazione come Usain Bolt, chissà cosa sarebbe potuto capitare. Oggi Marcell Jacobs succede a Bolt. E ancora faccio fatica a crederci. 
L'anno prossimo a luglio ci sono i mondiali di atletica, tenesse queste prestazioni... 


Nell'arco di poco più di 10', due atleti italiani vincono l'oro nelle loro specialità. Tamberi e Jacobs hanno saltato e corso oltre i propri limiti.
Quando ero bambino e vedevo americani, inglesi, giamaicani, canadesi insomma tutti gli altri vincere, mentre Panetta, Antibo e Mei si sforzavano di portare qualche successo a casa, mi chiedevo quando sarebbe successo a un italiano. 
E ieri, in una decina di minuti, un'emozione fortissima da Tamberi e Jacobs.


Questa mattina è tornata sul tappetone Vanessa Ferrari: ha più cicatrici lei sui piedi che graffi sulla carrozzeria un'auto di endurance. E' stata la prima italiana a diventare campionessa del mondo, poco prima aveva conquistato il titolo mondiale a squadre e l'anno successivo campionessa europea al corpo libero. Poi la lotta con gli infortuni, un tendine che non da pace. L'operazione nel 2009, il lungo recupero verso le Olimpiadi di Londra. 
Olimpiadi agognate e dannate perché a Londra e Rio viene beffata: due quarti posti per un dettaglio, quello che ti fa lavorare e impazzire in allenamento e per il quale un giudice può penalizzarti privandoti di una medaglia. 
Nel 2016 si rompe ancora il tendine durante la finale del corpo libero a Montreal. Posso solo immagine il dolore, fisico e morale. Ma Vanessa si riopera, si impegna ancora, ma la vita non le da tregua e nel 2019 altro intervento chirurgico a entrambe le caviglie. L'anno precedente alle Olimpiadi di Tokyo. Questa volta, il virus la aiuta, spostando i Giochi di un anno. 
E quest'anno Ferrari ritorna sul tappeto. Sfiora la medaglia a squadra. Questa mattina si porta a casa l'argento con una prestazione fantastica, sicura, determinata. Bellissima! A 30 anni. Nonostante tutto o, forse, anche grazie a tutto. 


Sono proprio queste cose che ti danno la carica, perché quando qualcuno o qualcosa ti dice che "non puoi", allora è bello rispondere "io voglio"
Perché non devono essere gli altri, la vita, la sfiga, il destino o chissà quale altra scusa a decidere quando smettere. Che sia un legamento crociato, un tendine o un muscolo che si spacca, lo decidiamo solo noi. Padroni di noi stessi.
E' più facile capire queste sensazioni se hai fatto sport, al massimo lo segui bene, e sai cosa significa passare attraverso operazioni, gessi, immobilità, riabilitazione, vedere gli altri gareggiare mentre tu stai fermo. 
Provate a immaginare l'atleta che vive in preparazione al mondiale o all'Olimpiade. Duro lavoro per 4 anni. E poco prima, crack, si spezza un tendine. E quei 4 anni precedenti di lavoro duro sono stati inutili, perché l'obiettivo diventa all'improvviso irraggiungibile. E nel migliore dei casi, ti rimetti a lavorare per i prossimi 4 anni. Più forte di prima. Perché se lo sconforto non divora l'atleta, è la voglia di rivalsa che lo spinge, di tornare a saltare, correre volteggiare, in pista nel tappeto. Una motivazione grande così. 

A distanza di ore continuo a guardare i video ti Tamberi, Jacobs e Ferrari e non smetto di emozionarmi.
Non è solo sport. C'è un mondo di fatica, sacrifici, fame, sudore e dannazione per arrivare alla redenzione.

Bravi ragazzi e grazie per le emozioni.


Read Users' Comments (0)