Non sono strade per motociclisti

Torno a scrivere nella Zona Verde dopo oltre un anno. Sarei tornato anche prima ma non pensavo che quello che avevo in testa potesse interessare ad altre persone così tanto da scrivelo. Così dopo i vari ripensamenti quella cosa in testa è svanita insieme al modo in cui volevo scriverla.

 

Ieri notte guardando le vecchie email ne ho trovata una del novembre 2013, un tentativo velleitario di concupire un responsabile di redazione di una rivista di moto che ora non c'è più (la rivista, lui sì e suona molto bene!). Era una mia riflessione sulla difficile vita che i motociclisti affrontano quotidianamente nella giungla urbana, tra pericoli che arrivano da ogni direzione: davanti, dietro, destra, sinitra e addirittura sotto se l'asfalto ha i tarli. Manca solo che gli caschi qualcosa dal cielo, ma non sono esclusi i rifiuti gettati dalle auto.

 

Comunque sia, ecco qui, leggermente rivisto, il pensiero che ho scritto 9 anni fa, "di ritorno a casa dopo il solito percorso casa-ufficio che mi ha visto illeso ancora una volta, nonostante i pericoli uscissero da tutti gli angoli. E' solo una mia considerazione di quanto siamo fortunati noi motociclisti, se nessuno ci cecchina prima!".

 

N.B.: già 9 anni, fa alle 7:30 di mattina, il termometro segnava 17 gradi, che non sarebbe strano se non fosse stato novembre!

 

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Questo autunno inoltrato è anomalo: scendo in garage alle 7 e mezza del mattino e la colonnina del mercurio ha (già) passato il livello dei 17 gradi. All’improvviso, sento il peso della membrana impermeabile e dell’imbottitura termica all’interno della giacca da moto. Però le previsioni del tempo per oggi mettono pioggia da giorni (le previsioni mettono sempre pioggia, per la legge dei grandi numeri prima o poi ci prendono). Porcamiseria, anche Nicolas Cage nei panni dell’astrofisico John Koestler nel film “Segnali dal futuro” metteva all’erta su temperature anomale in autunno. E si parlava di fine del mondo!

 

Ma quello era un film, era finzione. E questi 17 gradi e passa sono realtà e non c’è da interpretare alcun codice che prevede disastri . L’unico disastro semmai è da affrontare ogni giorno: il traffico urbano che ci mette in difficoltà quotidiana in sella alla moto, perché anche in una città di provincia circolare in moto diventa una specie di video game dove i motociclisti hanno il compito di schivare i numerosi e vari pericoli che si incontrano per strada. Un Hunger Game urbano, e vedi mai che qualcuno ad Hollywood non copi l’idea, dove moderni centauri devono lottare per la sopravvivenza in un tutti contro tutti insieme ad automobilisti, ciclisti, pedoni con tanto di sorprese che affiorano dall’asfalto.

 

Le auto che sbucano da vie laterali immettendosi in strada con irritante lentezza, che frenano all’improvviso senza motivo, che cambiano corsia senza mettere la freccia oppure con la freccia in funzione proseguono per la medesima direzione traendo tutti in inganno. E poi ci sono le rotatorie, vorticose trappole urbane, una roulette da affrontare facendosi un preventivo segno della croce sperando di non venire cecchinati da auto che si buttano a tutta velocità dietro alla scusa “mi sono immesso per primo e faccio quello che voglio” oppure, vedendo arrivare lo strato sottile di una moto, pensano di avere più spazio nella carreggiata, e allora dentro anche loro!

 

Altri nemici ai quale fare estrema attenzione sono le corriere e gli autobus, che sfruttano la loro mole pachidermica per occupare la strada indifferenti dell’altrui presenza, che sia a quattro o due ruote. A loro si deve dare spazio, perché l’alternativa è che se lo prendano senza chiedere.
Altre variabili imprevedibili sono i ciclisti: grazie alla scusa ecologica si arrogano mille diritti, come quello di occupare il manto stradale quando il comune ha messo a loro completa disposizione (con i soldi pubblici, quindi anche i loro) una ampia, protetta, sicura pista ciclabile ben delimitata, oppure te li trovi davanti all’improvviso sbucandoti dalle spalle o attraversando le strisce pedonali senza preavviso, insieme ai pedoni. Questi ultimi sono altrettanto pericolosi, specie se hanno una carrozzina: affrontano la strada come se non la avessero e incuranti di avere un oggetto piuttosto invadente tra le mani, espongono al pericolo stradale prima il passeggino e poi guardano se possono attraversare, quando guardano! Facessero il contrario, il numero delle angina pectoris sarebbe in calo verticale.

 

La giungla urbana cela le sorprese più subdole nel basso, proprio nell’asfalto che percorriamo ogni giorno: la stabilità e le abilità dei motociclisti infatti vengono messe alla prova da buche (o veri e propri crateri se piove per due giorni di fila) in mezzo alla strada, dagli scalini delle rotatorie, dai dossi dissuasori di velocità che sono un ostacolo anche per le auto, dalle strisce colorate che sono un vero e proprio scivolo per le due ruote. Per non parlare dei lavori stradali, vere e proprie ghigliottine: non capisco perché quando si rifà l’asfalto, le strade non sono allo stesso livello del manto precedente col risultato di dover schivare anche angoli concavi, oltre a quelli convessi! E sono sempre di più le strade che assomigliano a dalmata.
Alla fine i lavori stradali non tengono in considerazione i motociclisti: una riasfaltatura fuori livello è già un pericolo per le automobili, figuriamoci per la moto, la cui stabilità conta su due ruote in meno. Poi siete mai passati con la moto su una strada con l'asfalto grattato, prima della riasfaltatura? Una prova di equilibrismo e bestemmie.

 

Lo sappiamo, per ogni moto circolano 10 auto. Ma se guardiamo bene, dentro ogni abitacolo, c’è un solo automobilista. Se circolassero due persone per auto, si dimezzarebbero i mezzi in circolazione. Invece si preferisce la solitudine all’interno della propria scatola di lamiera. Anche noi motociclisti siamo soli, ma è un uno contro uno impari: loro protetti dentro scatole sempre più grandi e sicure, noi in sella esposti all’aria e ai pericoli. Come i ciclisti e i pedoni anche i motociclisti devono prestare più attenzione. Perché alla fine tutta la disquisizione è una questione di rispetto: del codice della strada, degli altri e anche per sè stessi.

 

Prima si parlava di video game. Ma qui invece si parla di realtà, dove non ci sono crediti o monete da inserire né trucchi per rendere le cose più facili. E alle volte finzione e realtà finiscono per fondersi. Il pericolo è quello di vedere nei cataloghi dei vari customizzatori dei cannoni al plasma, altro che filtri conici idrorepellenti e nuove centraline elettroniche, in barba alle prestazioni. Così sì che l’Hunger Game sarebbe completo.



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Più spazio e vita per lo sport

Sono appena terminate le Olimpiadi di Tokyo, le migliori della nostra storia: gli atleti italiani hanno conquistato 40 medaglie in tutto: 10 ori, 10 argenti e 20 bronzi in 19 specialità. Qualcuno obbietterà che è stata anche l'Olimpiade con la delegazione maggiore di tutti i tempi, non si erano mai visti così tanti atleti e, per la legge dei grandi numeri, è anche facile conquistare più medaglie. 
Col piffero! Intanto sono riuscite a qualificarsi diverse squadre olimpiche: basket maschile (dopo 17 anni sono tornati!), pallavolo (maschile e femminile), pallanuoto maschile, ginnastica artistica, nuoto sincronizzato, ciclismo su pista. Le Olimpiadi non sono un torneo estivo al quale partecipi perché paghi l'iscrizione, ci vai grazie ad anni di impegno, sacrifici e dannazione. Non so quante altre nazioni avessero lo stesso numero di squadre.

L'Italia è la 10ma nazione ma, per numero di medaglie, è settima, davanti a Olanda, Francia e Germania e, se Regno Unito e ROC (Comitato Olimpico Russo, l'escamotage creato per far partecipare gli atleti russi ai Giochi di Tokyo, visto che la Russia è stata squalificata per doping) si considerano europee (non solo quando fa comodo loro), sarebbe la terza nazione europea. 
Non era ancora finita la prima settimana che c'era già chi parlava di fallimento, dopo i tanti bronzi ci si lamentava di atleti non all'altezza tecnicamente e psicologicamente, tra giornalisti e anche tra ex atleti ora commentatori in televisione. 

Non voglio fare un'analisi di cosa è andato bene e cosa storto perché, ve lo dico se in caso avete un'opinione diversa: vincere è difficile! Per noi che siamo seduti sul divano non sembra. Ripetersi è ancora più difficile. Se poi cambiano le modalità di gara rispetto alle Olimpiadi precedenti i paragoni si fanno complicati. E poi perché cosa è andato bene lo sa anche la gatta (che sul divano dorme) e non sono nella posizione di commentare  cosa è andato storto. Poi si sa che effetto fanno le aspettative e sì, una certa pressione non è così facile da sostenere.
Quello che ho visto però è che le Olimpiadi di Tokyo hanno premiato di più gli sport individuali e dove non pensavamo di conquistare medaglie.

Allora, cosa voglio fare? Dall'alto dei miei 11 follower, 14 dei quali in vacanza e che non leggeranno queste righe, vorrei chiedere più considerazione da chi amministra lo sport. Dopo questo risultato fantastico e inatteso da chi ha guardato le Olimpiadi sul divano, vorrei che qualcuno guardasse bene questi atleti, tutti quanti, quelli che hanno rappresentato i colori dell'Italia, della loro federazione. Perché lo sport merita attenzione concreta. Non 'più' attenzione, ma attenzione.

Non avremo mai una impostazione di tipo americano, sarebbe necessaria una rivoluzione del sistema scolastico e sportivo. Infatti negli USA la considerazione dello sport è tale da ricoprire un ruolo importante nel percorso educativo: per chi vuole fare sport ci sono le squadre delle scuole e delle università, che si scelgono gli studenti, garantendo anche borse di studio ai/alle più bravi/e, per meriti sportivi e che fanno da passaggio verso il professionismo. 
Insomma, puoi avere una educazione e un futuro grazie all'impegno nello sport.

Nelle scuole italiane invece se fai sport sei penalizzato. Ricordo ancora bene le parole del mio professore di chimica e biologia in seconda superiore: "Hai capito le mie intenzioni nei tuoi confronti. O studi o fai sport!". Ho perso un anno di scuola (ma non di vita!) perché dedicavo più tempo allo sport, perché insieme ad altri splendidi ragazzi abbiamo vissuto una stagione sportiva esaltante, che richiedeva molto impegno. Che i miei professori consideravano un ostacolo. O nemmeno lo sapevano, perché per loro non esisteva niente altro dopo la scuola, davano per scontato vivessimo solo per quello.
Certo qualche materia non mi entrava in testa (sottolineo che facevo ragioneria, quindi chimica e biologia non erano così fondamentali) ma al confronto con qualche altro compagno di classe che invece non faceva una mazza dopo la scuola, avevo meno tempo per prepararmi. Ma chi se ne frega? Erano solo problemi miei. Lo sport, era un problema mio. 
Ecco come viene considerato lo sport, fin dai settori giovanili, da chi non fa sport.
Invece lo sport è un'altra scuola, ti insegna tante cose: lo spirito di sacrificio e quello di squadra, il senso di appartenenza, la condivisione di un obiettivo comune, il rispetto delle altre persone e dei ruoli ma anche a credere in te stesso e a essere tenace.

In Italia non capisco perché un/'atleta non possa fare sport professionistico con la sua società sportiva ma deve far parte dei corpi delle Forze dell'Ordine, mettendo la rispettiva divisa solo quando è in gara, o se viene ospitato in un programma alla televisione.

Ma la considerazione la vedi nel dare la possibilità di allenarsi come si merita a chi si pone delle ambizioni (i mondiali, le Olimpiadi), a chi vuole fare dello sport una cosa seria, una professione. Altrimenti, altre 40 medaglie saranno molto difficili da vedere.

Vorrei si pensasse di più alla realizzazione di impianti sportivi: non avendo squadre scolastiche ma tantissime società sportive con grandi settori giovanili, ci sono enormi problemi di disponibilità di impianti sportivi. Ci si affida alle palestre delle scuole, si litiga per organizzare gli orari. Ci fossero meno capannoni industriali abbandonati e più impianti sportivi, allora 40 medaglie Olimpiche non sarebbero un evento eccezionale.

In Inghilterra lo sport è concentrato prevalentemente nel sud dell'Isola, per motivi climatici ed economici (quelli sembrano imprescindibili eh!?), ma i risultati sono sempre stati ottimi. Molte opere vengono finanziate da progetti ben strutturati, il project financing non arricchisce solo l'impresa costruttrice ma realizza opere per il reale interesse pubblico. 

Ma è altrettanto necessario che lo sport si reinventi Non è possibile che società sportive dilettantistiche scompaiano per motivi economici! E' pazzesco. Chi fa sport dilettantistico non può chiedere soldi, che per altro sappiamo da dove arrivano e mi chiedo come chi debba controllare non se ne accorga. O voglia accorgere.

Per come gli atleti siano cresciuti in questa situazione, dove ci sono bravi dirigenti lasciati a se stessi e altri che illudono solo per interessi personali, quelle 40 medaglie hanno un valore grandissimo. Per noi sono state un'emozione enorme, per chi le ha portate a casa, ha il sapore di una vita pensata solo a quello, tra mille problemi. 

Lo sport merita impegno. Non solo sportivo. 

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Saper vincere

Massimo Stano è appena diventato campione Olimpico nella 20 km di marcia
Una gara difficile già di suo corsa in condizioni difficili. 
Taglia il traguardo, urla di gioia e poi basta. 
Si gira, si leva gli occhiali e si prende alcuni secondi per aspettare il 2° e il 3°, entrambi giapponesi e si inchina davanti a loro, per rendere onore a entrambi. 
Perché alla fine siamo ospiti e li abbiamo battuti in casa loro, ma un avversario va sempre rispettato. 

Prima di arrivare solo un cenno per dedicare la vittoria al/la figlio/a in arrivo. E poi, appena arriva, dopo 20 km di tacco-punta e ancheggiamenti a ritmi che qualcuno non tiene nemmeno per 1/10 dei km, non pensa subito a festeggiare, a prendere la bandiera, non abbraccia l'allenatore ma pensa agli avversari. 
Si prende quei secondi in più per dedicarli agli avversari con i quali ha condiviso la fatica.
Fantastico. Nessuno fin a ora lo aveva mai fatto o, almeno, non l'ho mai visto fare a qualcuno prima di lui. 

Bravo Massimo, per il senso di sportività e di rispetto per gli avversari e i padroni di casa. Un gesto che onora anche la maglia che indossa e la Nazione che rappresenta. 
Il valore dell'atleta lo dimostra l'oro della medaglia che porterà a casa e che arricchisce il medagliere e l'orgoglio italiano. Ma il valore dell'uomo è tutto in quei due inchini.

Vincere è dannatamente difficile. Saper vincere lo è ancora di più. Lo sport è tante cose, lo abbiamo già visto, me è anche rispetto ed emozioni.
Adesso può desfarsi quanto vuole con i festeggiamenti perché una vittoria così lo merita!

E non dite che è solo sport.

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Non è solo uno sport!

Eravamo lungo la strada del ritorno da un weekend in moutainbike sulle Pale di San Martino, appena rifocillati e asciugati dopo una mattinata a prendere acqua e freddo ma a divertirci come non capitava da tempo.
Il provider web mi ha regalato 3 mesi di una web tv che trasmette le Olimpiadi e così posso vedermele su internet, dal momento che a casa non ho la tv. Peccato che la RAI non abbia acquistato i diritti per la trasmissione in streaming, l'atletica senza il commento di Franco Bragagna non è la stessa cosa, ma ce la facciamo andare bene.
Infe mi tiene il telefono perché senza alcun supporto la sua incolumità in curva (del telefono, non di Infe) sarebbe in serio pericolo.


Stiamo guardano la finale del salto in alto, dove c'è Gianmarco Tamberi: è a medaglia, perché lui e il qatariota Mutaz Essa Barshim hanno saltato 2,37 metri senza errori. A un certo punto sembra che se la stiano giocando a pari e dispari. E invece no: perché giocarsi l'oro quando ce l'hanno già al collo e chi se ne frega se il fabbro dovrà forgiarne un'altra in più? E' Barshim ad avvertire Tamberi: "Wait! Wait! Wait!" gli dice, capisce che ci può essere qualcosa di bello per entrambi. Quando chiede al giudice se possono avere due ori, un po' come quando in trattoria due persone dello stesso tavolo vogliono entrambe gli spaghetti con il sugo di astice, il giudice è un po' in imbarazzo (forse pensa al fabbro...) mentre a Tamberi si accende la lampadina in testa, che esplode quando l'amico-rivale Barshim lo abbraccia e gli dice "History, man!".


E' fatta, 5 anni di fatica, di sforzi, di lotta contro il fisico, se stessi, il destino o meglio, di una scelta che poteva risparmiarsi che lo ha privato di una medaglia alle Olimpiadi di Rio, contro un virus che ha prolungato di un anno, interminabile e stressante, l'attesa verso questo momento. 
Tamberi si lascia andare al piano di gioia e penso che nella sua mente sia scorso il film di questi 5 anni, testimoniati dal gesso che si è portato in pedana, come se avesse avuto bisogno di ricordarsi chi è, cos'è successo e cosa ha vissuto. Forse una pantomima, ma provate voi a vivere i suoi cinque anni e ditemi se non avreste reagito a modo suo. Io forse sarei ancora per terra a piangere incredulo, ebbro di gioia. 


Passano 10' e raggiungiamo la macchina di Giuda e Olo, facciamo i fari: no, non ci è caduta - ancora - la bici dal porta bici (altra storia, per fortuna breve e a lieto fine). C'è la finale dei 100 metri, LA gara delle Olimpiadi, c'è Marcell Jacobs, salite in macchina da me che ce la guardiamo tutti perché questi eventi sono unici e bisogna viverli insieme.
Nemmeno Mazinga Zeta ha avuto una presentazione così al suo debutto! Partenza falsa dell'inglese, chissà se in patria chiederanno di ripetere la gara o diranno che è colpa di Jacobs, che è così freddo e concentrato che nemmeno si è mosso dai blocchi.
Si riparte. E parte bene Jacobs. E' davanti Jacobs. "Marcello!", lo chiama Franco Bragagna dal microfono RAI, come ho sentito più tardi cercando il suo commento registrato. "Marcello! Marcello!"
Ha vinto!!! Ha vinto!!! Ha vinto!!! L'uomo più veloce del mondo a queste Olimpiadi è italiano!!! Me lo avessero detto la mattina prima, non ci avrei creduto. Nelle gare di qualificazione si è sempre migliorato, ha cercato di andare oltre i propri limiti ogni volta. Ma la vittoria è una bellissima impresa. Una bellissima sorpresa.
Anche lui ha perso le Olimpiadi di Rio per un infortunio, dopo tanto lavoro per esserci. Soprattutto dopo essersi dedicato alla velocità dopo buoni risultati nel lungo. 
Piano piano, con costanza e fiducia in se stesso, si è impegnato in una nuova specialità, si è sempre migliorato anno dopo anno. Negli ultimi due anni è esploso: nel 2018 passa da 10"82 a 10"08, nel 2019 scende a 10"03. L'anno scorso torna a 10"10. Nel frattempo migliora costantemente nei 60 metri indoor e a marzo di quest'anno con 6"47 diventa campione europeo e registra il nuovo record europeo.
Ieri ha vinto l'oro olimpico, ha fatto tre primati nazionali e due europei, migliorando ogni sprint. Ha Abbassato il suo crono di 30 centesimi in un anno: il record del mondo dei 100 è di 9'58", quando Bolt lo ha demolito ai mondiali di Berlino nel 2009. Facendo un confronto con l'ultima gara di Bolt ai 100 proprio alle Olimpiadi di Rio, il campione giamaicano ha corso in 9"81. Jacobs ieri in 9"80. Certo, al tempo un crono così non era nelle sue gambe, correva in 10"23. Però se ci pensate, rincorrendo una motivazione come Usain Bolt, chissà cosa sarebbe potuto capitare. Oggi Marcell Jacobs succede a Bolt. E ancora faccio fatica a crederci. 
L'anno prossimo a luglio ci sono i mondiali di atletica, tenesse queste prestazioni... 


Nell'arco di poco più di 10', due atleti italiani vincono l'oro nelle loro specialità. Tamberi e Jacobs hanno saltato e corso oltre i propri limiti.
Quando ero bambino e vedevo americani, inglesi, giamaicani, canadesi insomma tutti gli altri vincere, mentre Panetta, Antibo e Mei si sforzavano di portare qualche successo a casa, mi chiedevo quando sarebbe successo a un italiano. 
E ieri, in una decina di minuti, un'emozione fortissima da Tamberi e Jacobs.


Questa mattina è tornata sul tappetone Vanessa Ferrari: ha più cicatrici lei sui piedi che graffi sulla carrozzeria un'auto di endurance. E' stata la prima italiana a diventare campionessa del mondo, poco prima aveva conquistato il titolo mondiale a squadre e l'anno successivo campionessa europea al corpo libero. Poi la lotta con gli infortuni, un tendine che non da pace. L'operazione nel 2009, il lungo recupero verso le Olimpiadi di Londra. 
Olimpiadi agognate e dannate perché a Londra e Rio viene beffata: due quarti posti per un dettaglio, quello che ti fa lavorare e impazzire in allenamento e per il quale un giudice può penalizzarti privandoti di una medaglia. 
Nel 2016 si rompe ancora il tendine durante la finale del corpo libero a Montreal. Posso solo immagine il dolore, fisico e morale. Ma Vanessa si riopera, si impegna ancora, ma la vita non le da tregua e nel 2019 altro intervento chirurgico a entrambe le caviglie. L'anno precedente alle Olimpiadi di Tokyo. Questa volta, il virus la aiuta, spostando i Giochi di un anno. 
E quest'anno Ferrari ritorna sul tappeto. Sfiora la medaglia a squadra. Questa mattina si porta a casa l'argento con una prestazione fantastica, sicura, determinata. Bellissima! A 30 anni. Nonostante tutto o, forse, anche grazie a tutto. 


Sono proprio queste cose che ti danno la carica, perché quando qualcuno o qualcosa ti dice che "non puoi", allora è bello rispondere "io voglio"
Perché non devono essere gli altri, la vita, la sfiga, il destino o chissà quale altra scusa a decidere quando smettere. Che sia un legamento crociato, un tendine o un muscolo che si spacca, lo decidiamo solo noi. Padroni di noi stessi.
E' più facile capire queste sensazioni se hai fatto sport, al massimo lo segui bene, e sai cosa significa passare attraverso operazioni, gessi, immobilità, riabilitazione, vedere gli altri gareggiare mentre tu stai fermo. 
Provate a immaginare l'atleta che vive in preparazione al mondiale o all'Olimpiade. Duro lavoro per 4 anni. E poco prima, crack, si spezza un tendine. E quei 4 anni precedenti di lavoro duro sono stati inutili, perché l'obiettivo diventa all'improvviso irraggiungibile. E nel migliore dei casi, ti rimetti a lavorare per i prossimi 4 anni. Più forte di prima. Perché se lo sconforto non divora l'atleta, è la voglia di rivalsa che lo spinge, di tornare a saltare, correre volteggiare, in pista nel tappeto. Una motivazione grande così. 

A distanza di ore continuo a guardare i video ti Tamberi, Jacobs e Ferrari e non smetto di emozionarmi.
Non è solo sport. C'è un mondo di fatica, sacrifici, fame, sudore e dannazione per arrivare alla redenzione.

Bravi ragazzi e grazie per le emozioni.


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Campioni d'Europa!

Italia – Inghilterra 

Riassunto della finale dei Campionati Europei 2020/1



1) Abbiam preso gol da un nostro calcio d'angolo! 3 passaggi e sono arrivati dalla loro ¾ campo alla nostra porta. 

2) L'azione l'ha iniziata Shaw e l'ha conclusa Shaw. Noi però glielo abbiamo fatto fare. 

3) Southgate l'ha preparata bene. Sterling e Kane centrali tengono tutta la difesa occupata. Kane scende a prendersi la palla tirandosi dietro un difensore poi palla larga per Shaw o Trippier... 

4) ...noi sulle fasce siamo scoperti perché a centrocampo giochiamo a 3. Non ci vuole un genio. 

5) In quanti ci siamo cagati addosso quando Jorginho è uscito? 

6) lo schema è sperare che Chiesa trovi il jolly. Ma mica solo stasera.

7) Caressa e lo zio Bergomi dai pub inglesi a quelli di Amsterdam, sperano di non risentire del fumo passivo della ganja. Ma ormai è troppo tardi mi sa.

8) 90°: l'Inghilterra ha fatto gol con un contropiede all'italiana. L'Italia ha fatto gol con una mischia all'inglese. Ah, la globalizzazione! 

9) Non ho mai creduto che giocare con 1 punta e 2 trequartisti a supporto sia la soluzione migliore. 

10) Soprattutto se poi l'unica punta deve giocare più per la squadra, tenere palla e farla salire. Ciro Immobile nella Lazio segna perché Inzaghi lo faceva andare in porta con verticalizzazioni. 

11) ci abbiamo messo 95' per fare un'azione conclusa con un cross! 

12) Non abbiamo un centravanti degno di questo nome da Bobo Vieri....... 

13) No ancora i supplementari... Qui in Veneto domani dobbiamo andare a lavorare c'è da produrre fatturare trainare l'Italia... 

14) La profondità. Questa sconosciuta! Le partite si vincono andando in verticale e tirando, spostare la palla in orizzontale vai al massimo da una fascia all'altra. 

15) Kane, Sterling, Rashford, Grealish, Saka da una parte. Immobile, Andrea Belotti, Lorenzo Insigne, Federico Chiesa, Domenico Berardi Federico Bernardeschi dall'altra. E alla fine segnano due difensori! 

16) Belotti è gobbo e gioca nel Toro. Non so come faccia, anche da queste cose si vede un campione! 

17) I rigori sono una tortura che non mi meritavo! 

18) 1 e fin'ora l'unica Champions League (96), 1 e fin'ora l'unico Mondiale (2006), 1 e fin'ora l'unico Europeo. Tutti ai rigori. I rigori mi tolgono il senso della vittoria. E' più il dispiacere di vincere ai rigori che la gioia, preferisco vincere al massimo entro i 120'. 

19) per il Pallone d'Oro è possibile fare come per il Premio Nobel che lo danno a un team per una scoperta scientifica? 

20) amici andati. Devo portare dentro tavola, sedie e bottiglie di birra (italiana). Meglio così, non so a che ora smaltirò l'adrenalina prima di andare a dormire 

21) ahò, se vinciamo la Coppa, vengo lì! GIF di Carletto Mazzone, quale lo sapete Brescia Atalanta 3 - 3 Roberto Baggio Carletto Mazzone  

22) Vincere un Europeo con la coppia difensiva da brividi Leonardo Bonucci – Giorgio Chiellini. Non ci avrei scommesso 1 centesimo. E sono stati anche i migliori in campo, invalicabili! 

23) "I'm coming home I'm coming back down tonight"  

24) Spiace per gli inglesi, perché Non vincete mai! Non vincete mai! Non vincete mai! Non vincete mai! Non vincete mai! Non vincete mai! Non vincete mai! Non vincete mai! Non vincete mai! 

25) Gli inglesi ne devono mangiare ancora di pastasciutta! Ma come la facciamo noi! 

26) Degli ultimi 20 anni questa è la Nazionale inglese peggiore. Pensavo che le altre potessero vincere qualcosa e invece non hanno vinto un bel niente. Perdere in finale contro questa Nazionale mi avrebbe molto rotto i coglioni! 

27) Grealish chi? Il nuovo Gascoigne? Gazza per la disperazione è tornato a desfarsi di gin. Allora gli volete male!!! 

28) Chiellini che a un certo punto, non avendo attaccanti inglesi nella sua zona, è andato a fare l'ala sinistra aggiunta! 

29) Gianluca Vialli, Roberto Mancini e Attilio Lombardo si prendono la rivincita a Wembley!!! 

30) Mancini in lacrime con Vialli in mezzo al campo, poi la metamorfosi in conferenza stampa, con frasi di circostanza. L'uomo vero è rimasto in campo. Davanti ai microfoni si dice quello che gli altri vogliono sentire.

31) In quanti stavamo già esultando quando Jorginho è andato sul dischetto?

32) Bernardeschi subito dopo Rashford gli ha fatto vedere come si calcia un rigore guardando il portiere che si getta da una parte.

33) Non ho mai visto portieri che in un rigore si lanciano all'incrocio dei pali.

34) Dopo l'Uomo da 1 milione di dollari, il portiere da 12 milioni di dollari e meno male è italiano!!!

35)"Chieeelliniii!" is the new "CCCannnnavaro!"

36) Quanti cuochi lavapiatti pizzaioli friggipatatine di fast food licenziati domani?

37) Mannaggia al ritardo di trasmissione tra radio e tv digitale! La radio cronaca con la voce di Francesco Repice sarebbe stata una goduria.

38) Finalmente questo Europeo è finito e da domani si torna a dare della merda a quei gobbi maledetti di Bonucci, Chiellini, Chiesa e Bernardeschi vero?!

39) Ceferin che consegna la Coppa a Chiellini, italiano e juventino. Chissà come gli rodeva!

40) Chiellini gli avrà detto “Saluti da Andrea!”?

41) Calmate quell'esagitato di Sergio Mattarella

42) Ho sentito l'urlo dei vicini di casa prima ancora che Saka tirasse il rigore.

43) Quale dei miei amici è andato a casa senza finire la birra? Gliela farei bere a colazione!

44) Sono le 3:35, 3:44, 4:11 posso tirare avanti guardando Suns - Bucks, gara3 di finale NBA!

45) Arrivedooorci!


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Tempo, non sempre è lo stesso

Un lancio dalla riga di centrocampo. Un calciatore come Pirlo, anche se allora era uno sbarbatello, non poteva essere più preciso.
Il pallone addomesticato da Roberto Baggio con naturale dolcezza dopo 30 metri di volo alle sue spalle. Due mosse con un movimento: stop e dribbling sul portiere per aprirsi la porta davanti a sè, appoggiando il pallone di sinistro.
Era più facile tifare Brescia in quegli anni e ammetto che l'ho tifato anche io. Carletto Mazzone in panchina, una volta sotto la curva dell'Atalanta, Pirlo inventato regista davanti la difesa, Roberto Baggio a fare magie e a far scattare Mazzone sotto la curva dell'Atalanta.


Ricordo bene quel gol, come potrebbe essere altrimenti: la Juve si giocò una bella parte di Scudetto per colpa di quella magia di Baggio.
Buffon era ancora il portiere del Parma, Vieri il bomber dell'Inter e Shevchenko del Milan, Sacchi esaurito a Parma e ultimo anno del Vicenza in Serie A, retrocesso per un niente nonostante i primi gol di Luca Toni e con un'ultima giornata sistemata a tavolino per far retrocedere qualcuno e salverne un altro. Almeno così mi dissero i ben informati dell'azienda dove stavo facendo lo stage.

 

Ma non è questo il succo del discorso. Quell'indimenticabile gol di Baggio è di 20 anni fa. Ventiannifamannaggialamadosca!
Vivevo a Bologna dove stavo facendo lo stage per l'azienda figa. Avevo 23 anni. Dormivo discretamente sia quantitativamente (anche perché non avevo una gran vita la sera sotto San Luca) che qualitativamente e altrimenti potevo contare su tempi di recupero di un ragazzo di 23 anni, potendomi pure permettere di bere una birra media prima di giocare a calcetto. C'erano ancora le Torri Gemelle, le avrebbe buttate giù 6 mesi più tardi cambiando per sempre il mondo.

 

Riguardando queste immagini, quel gol mi sembra sia di qualche stagione fa e non di 20 anni fa.
E mi rendo conto di come la prospettiva cambia con il punto di vista.

 

Quando avevo, che ne so, 10 anni, e vedevo i gol di 20 anni prima, vedevo l'Italia campione d'Europa del 1968.
Mi parevano immagini vecchie. Vecchissime, come quelle di Messico 70 della storica Italia-Germania 4-3.
Il bianco e nero contribuisce a questa sensazione, ma facendo un confronto dello stesso salto temporale, non posso fare a meno di notare questa differenza.
Lo stesso vale per la musica: Ragazza triste di Patty Pravo per esempio è del 1968, nel 1992 invece impazzivo per La canzone del sole di Lucio Battisti, una canzona di 21 anni prima e quando le ascoltavo, mia mamma sospirava dicendo che erano "canzoni vecchie".
Le canzoni dei Beatles e degli Stones erano vecchie per me. E insieme alle loro canzoni lo erano anche McCartney, Ringo Star, Mick Jagger e compagnia (Jagger e Richards non saranno mai vecchi).
Se le ascolto ora, con un orecchio diverso da quando avevo 10 anni, mi sembrano attualissime! Quelle dei Pink Floyd ancora avanti anni luce come lo erano allora.


E così sono cresciuto, pensado che tutto quello che non avevo visto né sentito prima (della mia nascita), fosse vecchio.
Adesso, dovrei dire che il gol di Baggio alla Juve è vecchio e lo stesso dovrei dire della musica che ascolto oggi, dagli Smashing Pumpkins ai Marlene Kuntz.
Ma non riesco, non perché non ammetto che il tempo passa e come stanno invecchiando quelle immagini e quelle canzoni sto invecchiando anche io, ma perché ho potuto viverle e questo rende tutto dannatamente diverso.


Secondo la mia logica, credo che Tommaso possa dire che la musica che ascolto io sia vecchia. Ho un dubbio sulle immagini dello sport o della cronaca, perché sono a colori come quelle attuali e questa differenza potrebbe aiutarmi. Forse.


Quindi, se prendo come riferimento me stesso all'età di 10 anni, il gol di Roberto Baggio alla Juve dell'1 aprile 2021 equivale a quello di Domenghini alla Jugoslavia nella prima finale dei campionati Europei del '68, Nuotando nell'aria dei Marlene del 1994 alla Ballata del Miché di Fabrizio di Andrè del 1961 e io Ballo da sola del 1996 a Gli uccelli del 1963.

 

Ricordo ancora il tono di mia mamma: "Uuuuff! Roba vecchia!". Credo lo dicesse pensando al suo, di tempo passato e non della canzone o del film.
Mi stupisco anche io ma non perché quelle immagini stanno dicendo che il tempo scorre anche per me, quello semmai me lo dicono i capelli grigi alle tempie e i tempi di recupero inesorabilmente più lunghi di quando avevo 23 anni, ma perché non mi rendo conto di come ostia sia volato il tempo.

 

Ho notato però una cosa: se quello che abbiamo vissuto ha il suo tempo, 20, 25, o 10 anni pare vecchio come i loro ricordi, le emozioni che ci fanno provare invece sono più vive, ancora forti. Quelle porcaputtana ardono dentro la nostra anima, belle e purtroppo anche brutte che siano.

 

Forse sono loro che ci fanno dire "Orcamadosca, già passati 20 anni?!"!


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L'anno che verrà

Sono contento di leggere che più di qualcuno non incolpi il 2020 per questo 2020.E' da qualche giorno che ci penso e ho già letto altri pensieri simili.
La pandemia non l'ha portata il 2020, il 2020 non ha fatto schiantare l'elicottero in una nebbiosa domenica mattina e una malattia che si porta via un mito non è colpa del 2020.
 
Quest'anno doveva andare tutto bene invece mi sembra stia solo andando tutto a puttane. Non diamo la colpa al governo ladro o al 2020, ma incolpiamo solo noi stessi.
Un comportamento diverso forse avrebbe potuto davvero far andare tutto bene, una rinuncia una volta nella vita la può migliorare e pazienza se per un anno non si mette in mostra ogni singolo respiro che si sprecato durante le vacenze.
Potevamo imparare molte cose, invece di limitarci a copiare un hashtag come asini facendo nulla per dimostrare che davvero tutto andà bene.

Il 2020 non è stato l'anno che ci auguravamo nel 2019 (per alcuni invece sì, anche meglio) ma speravo riuscissimo a imparare qualcosa: il professore Mancini, professore di italiano delle medie, ci diceva sempre che bisogna imparare sempre qualcosa da qualsiasi situazione.
Invece abbiamo iniziato l'anno odiando i cinesi in Italia, poi i settentrionali in vacanza in meridione e poi a non vedere alcuna distinzione geografica, fanculandoci per semplice differenza di opinione o solo perché si era colpevoli di andare a correre, nel rispetto delle indicazioni per altro.
Abbiamo tanti mezzi di comunicazione a disposizione ma li abbiamo usati per insultarci invece che per chiederci un semplice "Come stai?".
Non è colpa dei social media, ma è colpa nostra perché non sappiamo usare le cose che abbiamo a disposizione.
In mezzo a un pandemia dalla quale si può guarire ma che rischia anche di uccidere, ho visto mettere l'aspetto economico davanti alla salute, ho sentito persone più spaventate di dover chiudere temporaneamente l'attività che di ammalarsi.
Nemmeno il vaccino ha portato un po' di calma anzi, è stato un altro motivo per assurdi litigi digitali. 
Spero nel frattempo che le big pharma stiano sviluppando un vaccino contro l'imbecillità, ma dubito che ci possano essere dosi a sufficienza e che l'effetto sia perenne.

Alcune cose della vita sono ineluttabili purtroppo e sono sempre più convinto che siamo il risultato delle nostre scelte e quello che ci succede dipende solo da noi stessi.
Poi ci sono anche le altre persone che influenzano la nostra vita, personale e professionale, ma almeno noi ci dobbiamo impegnare per migliorarci e dare anche un buon esempio agli altri, stimolare chi è vicino, parenti amici e colleghi. 
Oppure prendere d'esempio chi cerca di sistemare le cose perché il buon esempio di una persona, la sua forza d'animo, può essere lo stimolo per le altre persone.
Compreso io, ben inteso, per alcune cose!
 
Kobe Bryant doveva morire per far conoscere ai molti che non sapevano nemmeno chi fosse cos'è la Mamba Mentality, un atteggiamento vincente di chi vuole essere il numero 1, il migliore e che si può riassumere nella parola impegno. Un impegno incredibile, che richiede la massima concentrazione e dedizione.
Però ci vogliono due palle così per impegnarsi, la Mamba Mentality non è per tutti e se ci sono i numeri 1 è anche grazie ai numeri 2, 3, 4 e a tutti gli altri.
 
Speravo di veder spuntare qualche diamante da tutto questo letame e invece è rimasto tale. 
Potevamo imparare tante cose, scoprire la bellezza che ama nascondersi o quella delle piccole cose, che è troppo facile vederla in un tramonto o in un paesaggio ricoperto di neve mentre è più difficile ammirare un'alba o il fascino della luce di una notte di luna piena riflessa dalla neve.
Vogliamo essere felici senza fare fatica e anche a discapito degli altri, senza impegnarci un po' per scoprire le cose tanto meno a capirle, vogliamo vincere facile magari spendendo un po' di più, non solo in senso economico.
 
Una cosa sola mi spiace di quest'anno: ci ha portato via la socialità e la convivialità. Uno dei miei miglior difetti (o peggior pregi, ancora non lo so) è quello di riuscire a stare bene da solo. E per un po' questa situazione inedita neanche mi spiaceva.
Poi ho scoperto il saluto senza una stretta di mano, di un complimento senza abbraccio, un augurio senza un bacio sulla guancia (eh mica si deve limonare!), un brindisi senza tintinnio. 
Un gomito non è la stessa cosa, mi sono accorto che vedersi in tanti davanti a uno schermo porta imbarazzo anche tra persone che di solito devono sforzarsi di stare zitte invece di parlare.
Mi è mancato non vedere gli amici, non avere persone che girano in casa o andare in quella degli altri.
Ricordo la prima sera che sono uscito in mountainbike con Olo, Giuda e Infe: sembravamo fuorilegge con le mascherine ma è stata una sensazione di assurda libertà dopo più di due mesi di isolamento.

Per me l'ultimo dell'anno ha perso ogni senso già da un po' perché oggi non finise nulla, è solo un giorno buono per stare svegli qualche ora in più (come se non andassi già a letto abbastanza tardi tutti gli altri 364 giorni), mangiare qualcosa di diverso e scoppiare i petardi.
Non c'è alcuna fine, la mattina dell'1 gennaio è come quella del giorno prima, a meno che non siamo noi disposti a fare qualcosa, oltre a cambiare il calendario.
Ed è questo l'unico augurio che mi viene in mente, ma senza molta fiducia.

Parto da Kobe Bryant e finisco con un personaggio completamente diverso ma molto significativo: Pasquale Amitrano che esce dalla cabina elettorale. 



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