Chissà se capiremo

L'intenzione originaria di questo post era quella di guardare alle conseguenze di questa emrgenza sanitaria. Tra i tantissimi 'nonostante' da dover affrontare, volevo cercare i lati positivi di questa microscopica cosa. COVID-19 o coronavirus. Avevo iniziato a scriverlo poco dopo il 1° decreto del premier Conte che bloccava il Paese. Poi la situazione è peggiorata ogni giorno e anche per rispetto a chi ha perso un famigliare o una persona cara non me la sono tanto sentita di 'ringraziare' il piccoletto.

Infine stamattina ho letto un post su Facebook di una persona che ho conosciuto per lavoro un anno fa, con la quale sono entrato in sintonia, almeno personalmente. La trovo una persona affidabile che fa bene il suo lavoro, onesta e simpatica che male non fa. Da questa emergenza anche lui ne uscirà malconcio perché ha un'azienda e al momento ci sta rimettando parecchio. Però ha scritto di aver capito una cosa: che vivere per lavorare - per gli altri - non ne vale(va) la pena, perché basta un cosetto microscopico a vanificare in un mese il lavoro di un gran pezzo di vita e così quando tutto sarà passato non tornerà a lavorare 7/7 per 20 ore al giorno. 

Lui ha capito qualcosa dal microscopico essere: che ci sta insegnando molte cose e io mi auguro di cuore che tutti noi possiamo imparare qualcosa come lo ha capito lui. Così ho deciso di cambiare titolo al post con "Chissà se capiremo".

Chissà se capiremo la lezione. Perché di solito è proprio nei momenti di difficoltà che nascono nuove opportunità. Qualcun altro direbbe "dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior". Anche se sono un po' spaventato perché dai miei conti sono circa 19 anni che viviamo un momento difficile. Mi rendo conto della enorme cazzata: un momento di 19 anni infatti somiglia di più a un controsenso. Eppure sono circa 19 anni che mi sento dire "è un momento difficile" neanche avessero abbattutto le Torri Gemelle l'altro ieri. E quindi mi sembra che non abbiamo imparato una mazza. Ma questa volta, dopo 'sta botta, chissà se capiremo...

... come siamo fatti. Non solo noi ma tutti quanti. E' dura da accettare ma italiani, francesi, tedeschi, libanesi, russi e turchi sono uguali. Sono mona uguali.
Noi siamo mona perché abbiamo chiuso le frontiere a chi veniva dalla Cina direttamente, mentre per chi invece arrivava tramite altri aeroporti, ampie pacche sulle spalle. 
Siamo mona perché ci siamo disperati subito mettendo in cima ai nostri pensieri la cosa più importante per noi: i soldi. Certo, cose da prendere in considerazione, ma magari prima pensiamo a come fare per proteggerci, invece di chiedere subito soldi a mamma Stato, a piangere un governo di inetti ignavi mentre nel frattempo il virus dilaga tra le maglie di una difessa molto debole, con le confindustrie a dire che non era necessario fermare tutto dimenticando quanto sia più costosa la cura della prevenzione.
Non ci siamo comportati come avremmo dovuto, uniti e seriamente: dovevamo essere i primi ad agire prendendo esempio da quello che è stato fatto in Cina. Tutti a casa subito senza alcun dubbio. E ora che siamo travolti è tardi. E ancora peggio alcuni pensano sia una vacanza e girano per la città tra mercati piazze e parchi. Il governo non li ha chiusi ma non obbliga nessuno ad andarci. Dobbiamo agire secondo coscenza e vedo che qualcuno se ce l'ha è davvero sporca.
Curioso come tra quelli che piangono perdite attuali a 4 zeri come minimo, c'è qualcuno che dichiara redditi al limite dell'incapienza. In ragioneria ho preso quattro sufficienze in tre anni (e meno male che una di queste è arrivata allo scritto dell maturità!) ma non mi tornano i conti. 
Sono mona i francesi, i tedeschi, gli austriaci & company perché ci hanno deriso e insultato ovvero hanno fatto la stessa cosa che abbiamo fatto noi con i cinesi, invece di prendere subito le misure per difendersi, per bloccare o per lo meno rendere meno pernicioso il virus. Gli stadi vuoti sono arrivati tardi e non servono a niente se le piazze fuori sono piene. Erano in tempo, con il nostro esempio lampante e gratuito, ma per credersi superiori si stanno dimostrando mona peggio di quelli che prendevano in giro o considerano pezze per pulire i pavimenti. La superbia non è mai servita granché.
E' mona l'Europa intera che non sarà mai unita a meno di chissà quale catastrofe. Gli Stati Uniti sono passati attraverso una guerra civile noi nemmeno dopo due mondiali più tante altre alle quali abbiamo prestato i nostri territori. Chissà se potrà servire una cosetta che si vede solo in un microscopio.

... che l'industria com'era fino a metà febbraio va totalmente ripensata. Lo era anche prima di metà febbraio, sia chiaro, ma questa mi sembra un'occasione da non perdere. Altrimenti, torniamo al paragrafo precedente: mona! Faccio ancora tanta fatica a capire una cosa: perché ostinarsi a continuare la produzione? Per chi? Se l'azienda che costruisce auto sospende la produzione, la conceria per chi vuole continuare la sua attività? Ci sono tante aziende, nel vicentino è pieno, che pensano solo a produrre. Mai invece che pensino 'per chi' né a 'come' produrre. Non è un caso se molte di queste non esistono più o sono state vendute, per essere chiuse. Lo so, è un problema sospendere la produzione, sono costi per tutti, imprenditori e dipendenti. Ma se si sospende temporaneamente l'attività non muore nessuno. Se continua invece, il rischio può essere molto più grande.

...che gli imprenditori stanno affrontando una seria minaccia per il futuro delle loro imprese: lo smartworking, il tele lavoro, il lavoro da casa. Chiamatelo come volete, la sostanza è che si è scoperto che è possibile lavorare da casa, senza attraversare la provincia, intasare le strade, stressarci nel traffico, inquinare l'aria che respiriamo, risparmiando soldi per il consumo di carburante, di pneumatici, di olio, di usura dell'auto o della moto. L'imprenditore medio che nel vicentino (non so altrove) ha manie di persecuzione, di controllo e paranoie varie sui propri dipendenti, considerati e trattati come un'uscita mensile di cassa e non una risorsa da valorizzare, ora ha un'altra seria preoccupazione. Che farà al ritorno? Capirà che alcuni dei suoi (crede di averne il possesso) lavoratori riescono a essere produttivi svolgendo lo stesso lavoro anche in un ambiente diverso, forse anche migliore, dell'ufficio? 
E invece, questa potrebbe essere l'occasione perfetta per rivedere l'organizzazione aziendale, per lavorare meglio. 

...che quando non ci sono soldi in mezzo l'Europa non esiste, intesa come ente burocratico. E non è un caso se all'inizio si chiamava Unione Economica Europea. Per esempio poteva chiamarsi Unione Sociale Europea se avesse voluto preoccuparsi delle persone. Invece si preoccupa di tutt'altro. Hanno perfino fatto incazzare il nostro Presidente della Repubblica. Quando si tratta di immigrati non reagisce, si confonde: con l'Italia pretendeva accoglienza senza mostrare alcun intervento autonomo, con i recenti immigrati siriani al confine greco invece afferma che è un problema europeo e che "la protezione dei confini è essenziale" (è drammatico come questa affermazione sia passata nella totale indifferenza!). Certo, i commissari sono diversi nei due casi perché nel frattempo la Commissione Europea è cambiata, ma mi aspetto un comportamento che rispetti la filosofia dell'UE, quindi le stesse idee supportate da persone diverse.
La conclusione è che la gente può morire tranquillamente, anzi meglio che non rompa troppo mentre l'importante è non perdere i soldi di qualcuno.

...che la globalizzazione alla fine abbia portato solo risultati nefasti rovinando interi paesi e le vite di milioni di persone. Da una parte quelle che hanno perso il lavoro, che lo hanno visto spostarsi (esternalizzare o internazionalizzare, come dicevano i consulenti a inizio secolo) prima all'est europeo poi ancora più a est in estremo oriente, dall'altra quello che lo hanno ricevuto ma vengono sfruttati o massacrati.
Muovendo merci da un capo all'altro del pianeta ha introdotto specie animali che stanno distruggendo le coltivazioni.
Siamo diventati dipendenti di un unico fornitore che sta dimostrando le sue debolezze (perché tutti ce le hanno, la perfezione non esiste) e ne paghiamo le conseguenze. Certo qualcuno si è arricchito molto, ma molti si sono impoveriti molto, con una bilancia nettamente pendente verso questi ultimi. Perché è più importante fare soldi che far star bene le persone. E non si sta bene indossando un paio di pantaloni spacciati per fighi o sedersi su una sedia dal design sospetto.

...quanto sia importante tornare a quelli che eravamo una volta, un Paese manifatturiero che sapeva concepire e creare cose meravigliose. Mi auguro di poter tornare alla nostra indipendenza industriale, di tornare a farci le cose in casa, non solo il pane quando ritroveremo 'sto benedetto lievito, e per questo chi siede nelle poltrone decisionali una volta per tutte capisca cosa deve davvero fare. Restituire la dignità ai lavoratori, coraggio agli imprenditori, creare un circolo virtuoso capace di farci tornare una potenza culturale e manifatturiera. Riprenderci la produzione che abbiamo dato in giro, arricchendo gli altri e impoverendo noi. Se non lo impariamo ora, siamo spacciati e si ritorna al paragrafo 1: mona. Abbiamo l'occasione di tornare a crescere tutti. Di riprenderci la produzione di una volta per evitare catastrofi come questa. Tornare a produrre nel nostro Paese, ma con i giusti costi. Altrimenti è inutile!

... il senso del tempo. L'essere microscopico ci sta dimostrando che possiamo vivere in modo diverso a un ritmo inferiore, che fuori dal posto di lavoro dove passiamo dieci ore al giorno respirando lo stesso ricircolo d'aria c'è la vita vera capace di rigenerarci. Ci sta dimostrando che stare con chi amiamo, fare le cose che ci piacciono, sono di vitale importanza per stare bene, perché può succedere un niente e domani non ci siamo più e l'ultima cosa che ci siamo detti travolti dalle innumerevoli cose da fare è stato un rancoroso 'vaffanculo'. Ci sta dimostrando che siamo circondati dal superfluo che ci distrae da noi stessi, intesi come famiglia, gruppo ma anche come singoli individui.

Concludo includendo due pensieri di un'amica che vive in Cina (ho preso gli screenshot, non capisco perché i codici di incorporazione non funzionino, orcamadosca!). Paese che si spaccia per Repubblica Popolare ma non è affatto democratica. Eppure le cose con calma, pazienza e la collaborazione di tutti - anche perché non c'era alternativa - sta tornando alla normalità.  
In Italia ci sono voluti due decreti per decidere di stare a casa. Nel primo non c'era nemmeno un divieto espresso di uscire (che tanto, l'italiano medio dei divieti se ne è sempre fottuto). Il senso del #iorestoacasa non serve a salvarci la vita. Se usciamo non muoriamo. Ma rischiamo 
1) di venir contagiati 
2) di contagiare gli altri 
3) di portare a casa il virus e contagiare i famigliari 
4) se usciamo potremmo rischiamo un incidente e non è il caso di incasinare ospedali già stressati (eufemismo) 
5) se finiamo in ospedale è più facile rischiare di prendere il virus 
6) se veniamo contagiati o contagiamo altri, potremmo finire in ospedale, dove i posti letto sono al limite. 
Sì, anche l'influenza... ma lei fa così nell'arco di 4/6 mesi, non in due settimane e per lei abbiamo un vaccino e per il coronavirus no. Cazzo, lo capite??? Riuscite a non rompere le palle e a non andare a correre o in bici per qualche settimane? O siete così egoisticamente idioti? E non prendetevi tutte le banane al supermercato, lasciatele anche agli altri (questa è per un'amica che non trova mai le banane al Conad. Devono essere buonissime)!
https://www.facebook.com/eva.zago/posts/10157293241147481
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Và così

E' l'una e mezza passata della prima notte di primavera. Come al solito invece di dormire sono qui a far trascorrere il tempo perdendomi nelle più varie fandonie. Ma stare fuori ad ascoltare i rumori e senitre i profumi di quest'ora è tutt'altro che una fandonia! Mi piace vivere certi momenti, vedere com'è la vita al buio e cose c'è.

E' una situazione irreale. Ognuno di noi è una bomba pestilenziale e deve starsene chiuso in casa. Ieri a colazione guardavo fuori e quel vetro tra me il mondo mi diceva che dovevo starmene li, non perché è l'aria fuori che fa male, ma le persone.
E' una situazione strana perché ci lamentiamo sempre di non avere tempo per gli amici o i famigliari. Adesso che invece quasi non sappiamo cosa farcene di tutto questo tempo, non possiamo vedere amicie e famigliari.


Una cosa microscopica ci sta schiacciando nelle nostre case. Così capiremo che effetto facciamo agli animali, quando devastiamo il loro territorio. Non possiamo ancora sapere che effetto avrà questa cosa microscopica, ma mi auguro che qualcosa potremmo capire. Non di lei ma di noi stessi, del rispetto che dobbiamo avere gli uni per gli altri. Per il momento però, mi sembra che più si stia impegnando per infettarci e meno siamo capaci di capire. Ma non è nemmeno colpa di questa robetta, se siamo noi stessi il suo letale braccio armato.

Mi sento strano in questi giorni: nemmeno il ricovero di mio papà mi ha fatto svalvolare il cuore. Sarà che conoscendo la sua limitata socialità ero piuttosto sicuro non si trattasse del virus, sarà che l'albero genialogico da parte paterna non si è mai visto attecchire il male in ogni sua forma.  
Dalla mia posizione, credo di non riuscire a realizzare cosa sta succedendo davvero. Per questo credo di reagire in questo modo asettico. Solo ieri l'immagine della carovana di camion militari a Bergamo mi ha spaventato.
Sì, accendo la radio e l'argomento è sempre il solito. Siti web, newsletter e social media sono viruscentrici (solo le aziende che non comunicano sono immuni... ma non voglio aprire una polemica...). Ma mi sento inverosimilmente calmo anche se avverto una inquietudine latente alla quale non so dare una concreta spiegazione. Non si può non essere condizionati in questo periodo ma non do di matto come molti. Mi sento staccato dalla realtà, a dire la verità e non so se sia un bene, un male o se io non sono proprio del tutto normale. 
Forse perché speravo inconsciamente in un imprevisto di una portata simile per vedere cosa sarebbe potuto succedere. Gli imprevisti ormai nella mia vita non sono più tali anzi, hanno quasi cambiato di posto con l'ordinarietà o la presunta tale. Credo mettano alla prova le persone, sia mentalmente che fisicamente. E questo imprevisto è davvero generale nel condizionare la vita di tutti quanti. Non è così democratico come si potrebbe credere perché viverlo in un appartamento di 50 mq (ma anche di 150) è diverso di viverlo in una casa con giardino (sempre sia lodato!), come viverlo per un dipendente è tutt'altra cosa che per un libero professionista o piccolo artigiano. Anche se non penso sia molto semplice per i primi dover andare lo stesso a lavorare, magari nelle stesse condizioni di prima e con il pericolo di contagio. Perché per alcune aziende il fatturato viene prima della salute e si scommette forte, spero inconsapevolmente. Auguro a queste aziende di non trovarsi nella situazione di dover calcolare se è stato maggiore il costo del danno subito dopo, rispetto a quello per preservare la salute e la vita dei propri dipendenti.

Questa situazione che abbiamo visto arrivare da lontano ma che ci ha colti tutti alla sprovvista, mi da la conferma di quanto io odio i soldi. Sì, li detesto. Si potesse vivere senza, sarei felice. E credo si possa, ma qualcuno trova un certo inspiegabile gusto sentirsi diverso da qualcun altro.
Essere al momento disoccupato, paradossalmente potrebbe essere una posizione privilegiata, anche se mi preoccupa il fatto che questa cosa microscopica blocchi le assunzioni. Per questo capisco se le prossime righe infastidiranno (eufemismo) qualcuno. Perché sto per dire che quello che mi spiace tanto è che anche questa volta, prima ancora di cercare di capire le conseguenze sulla nostra salute, siamo finiti per individuare quelle sull'economia. Purtroppo il PIL è un valore economico, non esiste un indice che misura lo stato di salute fisica, mentale e sentimentale (sì, sentimentale!). Come se il soldo potesse esprimere tutto. Questo virus pernicioso oltre a condannarci a morire da soli, ci lascia la lucida consapevolezza della nostra fine solitaria ma nel suo bastardo modo di agire almeno non guarda il portafoglio di chi ha steso a letto senza fiato: così finisce tanto il ricco quanto il povero. Quindi, a cosa sono serviti i soldi? Spero almeno ad aiutare chi assiste i malati fino al loro ultimo faticoso respiro, le uniche persone che hanno fatto compagnia, e a evitare che qualcun altro si trovi nella stessa triste situazione.

Dopo lo sconquassamento economico, ascoltando quello che dice la gente il secondo pericolo di questa cosa microscopica è che si sa infilare nei tessuti famigliari peggio di un amante. L'automaticità con la quale si creano certe equazioni mi disarma! Gli imprevisti sono dei gran rompicoglioni ma cerco di saperne cogliere i lati positivi e uno di questi per me è poter stare con la mia famiglia, giocare con Tommaso e Teresa e con Anna. 
T'nT mi fanno incazzare ma tanto quanto stessimo vivendo in un periodo di noiosissima normalità, perché sono bambini di sette e tre anni. Questa situazione mi aiuta a trovare stratagemmi per distrarli, farli divertire, insegnargli cose nuove, fargli apprezzare la natura, fargliela conoscere. Quando mi capita di poter stare con loro per l'intera giornata così tanto tempo? 
Posso stare con Anna nei limiti delle cose da fare, perché  lei un lavoro ce l'ha e le prende l'intera mattina e per fortuna può farlo stando a casa e lei è così scaltra da riuscire pure a collegarsi con l'ufficio. Non nel senso telefonicamente, ma tecnologicamente: stampa in ufficio da casa, per intenderci, come se fosse nel suo ufficio in azienda, ma a qualche km di distanza e non nella stanza di fianco. Quindi se la hanno bisogno di qualcosa lei ci riesce lo stesso. Abbiamo una intera mezza giornata per stare con i bambini. Magari potessimo stare da soli. Ma non si può. Questa situazione può aiutare a capirci meglio, a evitare quei comportamenti che fanno girare le gonadi e le palle e a migliorare la vita di coppia.

A questo punto non capisco più a che posto è il pericolo per il nostro organismo, visto che il primo problema è la tenuta economica, il secondo è quella famigliare e il terzo è quella psicologica visto che le persone che se ne fottono e vanno in giro sono di più di quelle che si ammalano.
Fuori c'è aria buona, c'è il profumo dolce di primavera e quello della prima erba tagliata e gli uccelli cantano e rispondono ai miei fischi (oh, almeno io ci provo e uno mi risponde sempre, ma credo sia un suo comportamento automatico e nemmeno mi caga, anche se ormai succede da quasi cinque anni!). Mi ricorda i tempi di quando andavo a scuola, di quando studiavo con più sollievo perché potevo tenere la finestra aperta. Dicono che da questo fine settimana torni il freddo. Non mi sorprede: è quello del mio complenno e a parte qualche eccezione, il tempo non è clemente in questo periodo. Però poi tornerà il bel tempo e con lui i bei colori e i profumi. Pensate se invece fossimo in inverno, oltre a dover essere costretti a casa, per altro consumando un sacco di riscaldamento (qui lo teniamo acceso solo per qualche ora al mattino), con il solito grigiore di la del vetro. Lo so, ci stiamo perdendo una delle più belle primavere degli ultimi anni ma se non ci fosse questa condanna, ci sarebbe quella del lavoro a non farci godere questi giorni, quindi poco cambierebbe. Certo non poter andare in giro a correre o in bici rompe le palle. Ma va così. Riesco solo a dire questo in questi giorni: va così. Senza rabbia, dispiacere, gioia. Del tutto staccato e privo di fibrillazione. Mai stato così zero gradi mentali come in questi giorni indescrivibili.
Sono passate le tre e mezza am. Domani sarò un catorcio come ogni giorno da un po' troppo tempo a questa parte. Ma va così. Appunto. Prima di andare a dormire qualche ora, vado ancora fuori per potermi dentro il buon profumo di questa stagione e il silenzio di queste notti strane.

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Ancora! Ebook tributo a The Bends

Porca miseria! E' successo ancora! Ci sono ricascato. Dopo "Una punta di malinconia e tristezza -mai- infinita", l'ebook tributo per i 20 anni del doppio album Mellon Collie and the Infinite Sadness degli Smashing Pumpkins, ecco un altro ebook tributo.
"We don't have any real friend" è un ringraziamento a Colin Greenwood, Jonny Greenwood, Ed O'Brien, Phil Selway, Thom Yorke che messi tutti insieme fanno i Radiohead, per l'album The Bends, uscito esattamente oggi, 13 marzo, 25 anni fa. Lo potete scaricare gratuitamente a questo link.

Gesù Cristo. 25 anni fa era il 1995. Il pallone di Roberto Baggio sparato sopra la traversa di Pasadena mi sta(va) ancora trapassando il cuore.
A scuola ripetevo la 2a ragioneria ma stavo crescendo. Parlavo tedesco con una discreta disinvoltura. Ero innamorato fisso di almeno due compagne di scuola. Imbrattavo la mia prima Smemo di parole e segni scemi, di foto di Nicole Kidman e di pubblicità di modelle bionde con gli occhi verdi e di Liv Tyler, dei cori da stadio del Vicenza Calcio e dei risultati del mio campionato, il mio primo da juniores. Ero uno dei più giovani tra giocatori più grandi e bravi di me. Per la prima volta giocavo partite da 90' e l'allenatore del tempo famoso per essere un ammazza ragazzi (fisicamente e psicologicamente) mi aveva rinforzato (fisicamente e psicologicamente) e avevo concluso la stagione con un assist di destro al volo per un compagno che ha segnato al volo di sinistro, io mancino e lui (ottimo) destro. Jack Frusciante era uscito dal gruppo in libreria da un anno, l'anno dopo sarebbe uscito anche al cinema. Siccome a scuola erano cose già fatte spesso andavo in sala giochi sotto lo stadio e mi trovavo con i giocatori del Vicenza. Che giocava benissimo in Serie B e sarebbe stato promosso in A dopo un campionato splendido. Nel 1995 ho vissuto la mia prima esperienza all'estero, dove ho conosciuto tantissime persone, alcune delle quali mi spiace non sentire più, una delle quali sono felice sia una mia splendida amica. Durante quella esperienza ho anche capito perché il calcio inglese (ancora questo calcio!) è definito tale e perché quindi mi piace così tanto! Coraggiosamente, andavo al mare da solo con tre mie amiche perché mi piaceva da matti una di loro, mora con gli occhi azzurri anche se ero felice di tornare in stanza all'alba per le vie di Jesolo che profumavano di pane appena fatto con un'altra delle tre ma non avevo il coraggio di essere più di un suo amico* e intanto conoscevo le prime paranoie. Giravo in scooter in mezzo la strada  passando nello spazio lasciato tra due corriere senza casco con il walkman a palla ascoltando Micheal Jackson, i R.E.M., Jovanotti, gli Aerosmith, i Nirvana e varie cassette di rock anni 70 e un gruppo pazzesco che si chiamava Smashing Pumpkins che mi faceva sentire sulle montagne russe. Mi atteggiavo a quello che voleva essere lasciato in pace e per i cazzi suoi. Riprendevo con la videocamera i compagni di classe nei loro concerti. Non uscivo ancora la sera e la mia vita era casa-scuola-calcio e la musica, che ascoltavo anche a casa di un compagno di classe, fornitore di cd masterizzati. In un sola parola, ero uno sfigato.

Ed è stato in uno pomeriggio di inizio primavera che il fornitore, Ale come me, mi ha messo qualcosa di nuovo. Se la musica mi ha preso all'istante la voce all'inizio mi lasciava perplesso, sembrava un lamento costante. Ma esprimeva bene i testi delle canzoni. Mi sono portato a casa il cd e l'ho fatto andare ininterrottamente con mio papà che mi chiedeva chi avesse registrato il gatto che piangeva. Ho letto e tradotto con il vocabolario tutti i testi e più ascoltavo il cd più quella voce mi piaceva e travolgeva, introversa come me ma irruenta quando alza i toni, come quando cerc(av)o di essere meno introverso. 

Era 25 anni fa. Anche 25 anni fa ascoltavo canzoni di 25 anni prima: Let it be, dei Beatles, è uscito nel 1970 e al tempo, senza avere riferimenti di quell'anno, mi sembrava una enormità. Pensavo fosse una canzone vecchia. Adesso di anni sono diventati 50. Una vita fa. E mi trovo ad ascoltare, ancora, musica di 25 anni fa. A celebrarla con un (altro) ebook. E mi sembra ieri. Non è una musica così vecchia come quella del 1970 sembrava nel 1995. Dovrei chiedere un parere a mio nipote che ha appena fatto 18 anni cosa pensa di The Bends.

Quando Roberto mi ha chiesto di partecipare anche a questo ebook mi ha sorpreso, significava che è stato contento di quello che avevo scritto per "Una punta di malinconia e tristezza -mai- infinita", perché anche quest'altro è una sua iniziativa. La sua considerazione mi ha fatto un enorme piacere. Così anche se non sono esperto di Radiohead come per gli Smashing, ho subito accettato. Non mi è capitata una canzone semplice da tradurre in racconto, ma Bulletproof... I wish I was è comunque bellissima, perfetta per Tom Yorke. Il testo è deprimente ma c'è dell'aria tra le note e mi da una certa fiducia. Così ho iniziato a scrivere qualcosa, idee sparpagliate, parallelismi tra i diversi me e la canzone. Il testo che ho mandato a Roberto l'ho chiamato lato B2 per intenderci! Anche se ce ne sono altri che ho cancellato o perso perché quando scrivo ho il vizio di non salvare o mi sono venuti in mente in momenti nei quali non potevo trattenere l'ispirazione, come quando corro per esempio. 
Non parlo del mio racconto, quelli degli altri autori sono bellissimi, coinvolgono e raccontano in modo autentico. Dimostrano come la musica riesca a entrare nelle nostre vite e ad accompagnarle. Magari all'inizio in modo più forte ma poi quando più avanti ti fermi un attimo e torni indietro, senti ancora quelle sensazioni. Buon ascolto, e buona lettura.

* Poi alla fine il coraggio l'ho trovato e adesso siamo sposati.

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