Dove stiamo andando


Eccolo qua: anche la piccola Austria ci schifa. Lo dice il boss di un’azienda piccolina (KTM) con sede in una cittadina piccolina (Mattinghofen), ora neo proprietaria di due marchi piccolini (l’altro è da pochi mesi Husqvarna) a livello mondiale, ma enormi nel loro campo (anche nel vero senso della parola, visto che sono rivali acerrimi nel cross).
La produzione viene portata in Austria, per tagliare i costi di produzione ed avere un maggior controllo.
Solo che se si porta di la, si perde di qua. Così, se in Austria verranno creati un centinaio di posti di lavoro, metà dei quali grazie all’acquisizione, in Italia se ne perdono 180.
Motivo: “Nel nord Italia attualmente è in atto un fenomeno di deindustrializzazione, il Paese non è più competitivo, le aziende internazionali se ne vanno” e perché è un “mercato enorme che negli ultimi cinque anni si è dimezzato”.

La parola “deindustrializzazione” è impressionante. L’Italia, o meglio, i suoi imprenditori insieme ai politici e sindacati, non producono più a casa loro. E chissenefrega delle persone che hanno contribuito a far sorgere e tenere in piedi l’azienda (c’è chi li giudica solo un peso, e non risorse, tanto meno umane!). La parola “deindustrializzazione” non mi fa dormire di notte. Cosa fa un paese se non è industrializzato? Se non produce? Non si affida più alla filosofia, visto che anche la cultura in Italia viene presa e pomodori marci in faccia.

Forse è meglio per tutti se la smettiamo di crederci (tra) i migliori ed i più grandi del mondo, di fare tanto gli snob con questo made in Italy, tanto falso quanto ridicolo visto che di italiano non ha nemmeno il detto, visto che anche la piccola Austria ci fa marameo.
Perché stiamo buttando via la nostra storia. Tutto è cominciato all’inizio di questo secolo, i capitani d’impresa e chi glielo ha permesso come al solito hanno pensato al loro rendiconto e ad un periodo di tempo breve, senza considerare le conseguenze a medio lungo termine. Soprattutto a livello sociale. Ma forse questo è un punto che a loro non interessa a prescindere.
 
Stanno smantellando l’Italia e, quello che mi rende più atterrito, è che mi pare ci sia la netta consapevolezza della cosa e non si faccia nemmeno finta di non vedere. Piuttosto, si sta facendo finta di fare qualcosa. Visto che deve fare qualcosa discute su altro e tra i primi provvedimenti presi dal nuovo governo è l’allargamento dell’assistenza sanitaria ai compagni dello stesso sesso. Ma dei parlamentari e non dei semplici cittadini. Vengono riconosciute le coppie omosessuali solo in parlamento, e non per strada. Immagino che questo comporti un aumento della spesa pubblica alla quale non si è perso del tempo per trovare i fondi, perché si sa già come provvedere (ovvero un taglio ai serivizi pubblici o una tassa, più o meno nascosta).
Su questo il governo ci ha messo poco a prendere una decisione. Mentre è ignavo per far risorgere il Paese che l’ha votato.

I capitani d'industria sono naufragati nel mare della finanza dove speravano di trovare tesori e fare soldi in poche mosse che aspettare il frutto di investimenti. E poi scappare col malloppo.
Ecco perché siamo finiti così ed ecco dove stiamo andando.
Rimane solo un manipolo di piccoli coraggiosi autonomi e orgogliosi artigiani che si arrangiano grazie anche a internet.
Non conviene stare in Italia e le aziende straniere se ne vanno (se ne vanno perfino gli italiani, schifati dal loro paese d'origine che non gli da più fiducia). Perché i loro governi magari incentivano il ritorno della produzione a casa dove “Continueremo a creare nuovi posti di lavoro: l’anno scorso abbiamo assunto 110 dipendenti e continuiamo a crescere. Nei primi cinque mesi dell’anno fiscale gli occupati sono aumentati del 30 per cento rispetto all’anno precedente. L’integrazione con Husqvarna porterà altri 35/40 posti di lavoro. In totale a Mattighofen Mundefing abbiamo 2300 dipendenti a tempo pieno”. Non servono altri commenti.

Se volete conoscere il triangolo Germania (BMW) – Italia (Husqvarna) – Austria (KTM) leggete qui.

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Vorrei capire

Ho imparato col tempo e attraverso qualche esperienza che spesso (non sempre!) quello che vediamo non corrisponde alla realtà. Qualcuno (chi crea organizza sviluppa controlla comunica etc) ha il compito di farci credere a quello che vediamo, di farlo passare per vero.
Invece quello che vediamo è solo un velo che copre la verità e lo spessore del velo dipende dal grado d’illusione di ognuno.
Un po’ come dire quanto spesse sono le fette di prosciutto che ci mettono negli occhi, ecco.
Per esempio, che già qualcuno mi avrà chiesto, l’acquisto del Padova Calcio da parte del Commendatore nonché Cavaliere del Lavoro Marcello Cestaro (proprietario della società Unicomm che gestisce le catene della grande distribuzione sotto i marchi Emisfero, Famila, A&O e Cash and Carry) non è legata allo spirito sportivo che già lo lega alla città di Schio con il basket femminile (campione d’Italia 2012-2013, alè) ma alla possibilità di costruire un’attività commerciale in zona: l’accordo comprendeva l’acquisto della società sportiva in cambio della costruzione di un centro commerciale. Solo che di quest’ultima si è fatto niente e il Commenda dopo 9 anni si è rotto le balle di aspettare e quindi adesso è in trattativa per mollare il Padova Calcio. Giravano voci che l’avrebbe mollato comunque anche in assenza di acquirenti, tanto per dire quanto gli interessava davvero il calcio. Forse non si prende quella gatta (per rimanere in tema) da pelare del Vicenza Calcio anche perché in provincia è già ben coperto (oltre che per il monte debiti).

Oppure Renzo Rosso, comunemente detto el paron della Diesel, che anche lui si è impegnato ma senza impelagarsi nel calcio con il Bassano (Lega Pro): con una tale azienda alle spalle, una società sportiva dovrebbe militare in tutt’altra categoria ma evidentemente al Diesel Boss va bene così, tanto per abbassare l’imponibile della sua attività principale.
Mi vengono solo i brividi allora a pensare alla reale (nel senso di vera…. Ho già scritto nel post precedente che di Real a Vicenza è rimasto niente) motivazione che ha portato Cassingena (proprietario dei supermercati Sisa) ad acquistare nel 2004 il Vicenza Calcio, facendolo retrocedere 4 volte in 9 anni.
Poi di esempi ce ne saranno altri che non conosco come invece ci possono essere operazioni del genere fondate davvero sulla passione l’amore e l’interesse per lo sport come per la cultura.

Tutta questa premessa per dire che sono rimasto parecchio perplesso dalla 18ma tappa del Giro d’Italia 2013, che da Caravaggio (BG) è giunta a Vicenza.
Dell’arrivo di tappa a Vicenza si è iniziato a parlare più di un anno fa grazie a politici (immancabili, imprescindibili purtroppo) e personaggi noti (mi chiedo se cinque persone comuni come me e quattro amici del Piazzale como Olo, Mego, Tappo e Fracca sarebbero in grado di fare lo stesso, nonostante la totale assenza di notorietà e amicizie giuste, che si riassume in una parola sola ovvero potere) chissà perché interessati a riportare l’arrivo di una tappa della corsa rosa in città dopo 17 anni (allora in volata vinse Mario Cipollini, che la sera stessa si ritirò perché le tappe successive erano tutte in montagna e non adatte ad un velocista come lui).
Tra gli organizzatori e promotori ci sono la sig.ra Stefania Villanova in Tosi (sì quello che fa il sindaco a Verona e nel tempo libero sbettega con altri leghisti e strizza l’occhio al sindaco di Vicenza Variati), l’avvocato e procuratore sportivo Claudio Pasqualin, l’assessore allo sport del comune di Vicenza Umberto Nicolai e un manipolo di professionisti del marketing sportivo, direi più che necessari per casi come questi seguendo la ricerca di sponsorizzazioni e la comunicazione.

Bella una tappa del Giro d’Italia a Vicenza, se non altro perché è un veicolo di comunicazione per la città. Non ho visto la gara alla tivù perché ero al lavoro (ogni tanto mi succede…) ma penso – e spero – che durante i momenti tranquilli della corsa i cronisti abbiano avuto tempo e modo per parlare della cultura della tradizione non solo ciclistica (quest'anno è anche l'80mo anniversario di Campagnolo, azienda storica nel ciclismo) e di quello che c’è da vedere nella provincia di Vicenza il tutto incorniciato dalle giuste immagini aeree. Perché se organizzatori e promotori non fanno almeno un po’ da registi non fanno bene il loro compito. 

E ci vuole un ritorno economico, con tutto quello che avranno pagato Gazzetta&Co. per portare qui una tappa del giro.
Appunto questo, il ritorno economico (ma perché non si può fare qualcosa solo per il piacere di farlo e darlo alla gente???): ho letto sul Giornale di Vicenza di oggi che le riprese tivù hanno bucato la palladiana Villa Almerico Capra Valmarana detta e più comunemente conosciuta come Villa La Rotonda. Ma come? I dirigenti comunali di Vicenza si smazzanno da una vita per attirare i turisti con le bellezze di Andrea Palladio e quando c’è l’opportunità di farla vedere a qualche (comprese le tv estere e satellitari…) milione di persone in una botta sola se la perdono? Grazie…
Per carità mica c’è solo quello ma è la cosa più importante, insieme alla Basilica Palladiana in centro città ed altri ville e palazzi sparsi qua e la.


È proprio il ritorno economico per la città e la provincia di Vicenza (alcuni scorci dei Colli Berici non sono inferiori a quelli toscani ed offrono belle possibilità per amanti di trekking, ciclismo e mountainbike ma anche alle persone che semplicemente vogliono vedere qualcosa di bello) che mi incuriosisce di più.
Perché la tappa successiva si corre in provincia di Trento tra Mori e Polsa e immagino che già ieri sera gran parte della carovana rosa si sia trasferita in zona trentina e quindi gli albergatori vicentini siano rimasti con più di qualche stanza libera ed i ristoratori con qualche tavolo libero. Vorrei sapere poi quante delle persone all’arrivo di tappa ne hanno approfittato per fare shopping (sempre sul quotidiano locale, avevo letto che le vetrine del centro storico di Vicenza non si erano attrezzate per accogliere il Giro come si deve, cogliendo l’occasione anche di attirare l’attenzione alla propria vetrina… che poi non si lamentino se sono i primi a non organizzarsi).
Ecco perché dico che talvolta (?) lo sport come altre attività culturali ecologiche benefiche etc… vengono utilizzate come mezzo politico/elettorale, come una strategia di marketing per qualcos'altro. Vorrei sapere qual è il ritorno (politico e/o economico) della tappa di Vicenza per i promotori.
Non mi turba il fatto che gli spettatori abbiano vissuto l’evento fine a se stesso, solo per vedere com’è l’arrivo di una tappa dal vivo o magari spinti solo dalla semplice curiosità. Per la mia visione del mondo, dovrebbe essere così, se proprio ci tenete a saperlo.
Visto dove si corre la tappa successiva, non mi pare allora che ci sia stato questo enorme ritorno economico, come viene indicato in questa brochure introduttiva con numeri da acquolina in bocca per gli operatori turistici. 

Ovvero, il velo di cui parlavo all’inizio.

AGGIORNAMENTO DEL 24/05/2013



Ecco qua, il 'buco' della Rotonda e di altre bellezzi architettoniche e naturali fa discutere, come si legge in questo articolo del Giornale di Vicenza di oggi.

Vladimiro Riva, direttore del consorzio turistico Vicenzaè, è amareggiato. Ma allora mi chiedo cosa fa da mane a sera per guadagnarsi la pagnotta. Se siamo una città provinciale, altrettanto i suoi dirigenti

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A Vicenza di Real c'è rimasto poco

Il Vicenza Calcio è finalmente retrocesso in Prima Divisione di Lega Pro, quella che fino al 17 giugno 2008 si chiamava più facilmente Serie C1, facendoci ritorno dopo 20 anni.
Finalmente perché pare quasi che la squadra, e di più la società, ci abbia messo un enorme impegno nelle ultime 9 stagioni pur di disputare il campionato di Lega Pro: infatti dal 2004, ovvero da quando è arrivato il tanto sospirato salvatore della patria nelle piccole forme dell'atteso presidente vicentino (nemmeno del tutto poi) che ha scalzato quei maledetti stranieri sudditi della regina usurpatori (o salvatori??) del Lane nel 1997, il Vicenza Calcio è retrocesso 4 volte. Quando non è retrocesso si è salvato a fatica, anche all'ultimo minuto dell'ultima partita di campionato (che fine ha fatto quel piede buono di Gabriele Paonessa? Non ha un buon procuratore o è stato abbattuto dagli infortuni?). Non proprio un ruolino degno di una ex semifinalista di Coppa delle Coppe. Ma quella è tutt'altra storia. Bella ma passata.
Adesso si apre un baratro, perché la Lega Pro è dannatamente più difficile della Serie B. Vuoi perché ci vuole carattere a tirarsi fuori dalle sabbie mobili della C (frase fatta che peggio non si può. Anche il Gazzettino del Bisatto a Castegnero si rifiuta di pubblicare articoli sportivi con questa frase arci-preconfezionata). Quel carattere che al Vicenza, tra chi è in società e chi era in campo, è mancato in questi 9 anni.
Adesso si parla addirittura di fallimento. Perché, pare, che i debiti siano tanti, circa 3 volte quelli dichiarati (millantati?) dall'attuale proprietà, che il bilancio sia tutt'altro che tale o lo sia grazie a conti gonfiati.
Cosa succederà lo sanno solo in via Schio (sede della S. S. Vicenza Calcio SpA - ndr) ed in qualche bar e tabaccheria giusta in città ed in provincia. Oltre al solito can del pignattaro.
L'anno prossimo potremmo assistere ad un inedito derby Vicenza - Bassano se il Diesel Team riuscirà ad essere promosso ai play off. E ci posso mettere una bottiglia di Tai del Conte Piovene (certo, quello da lacrima) che i neopromossi potranno contare su una squadra più forte di quella neoretroCESSA.
Ci manca poco di vedere il derbyssimo, ovvero Vicenza - Real Vicenza, che non è il primo fenomeno al mondo di sdoppiamento di personalità di società sportiva, visto che fino a qualche decade fa erano la stessa splendida cosa, perché sono due entità diverse della medesima città.
Solo che il Vicenza non è più Real da un pezzo, e la società che ora si chiama così, è nata cannibalizzandone altre 3 o 4 (hm.. vediamo: Villaggio del Sole, Vicentina, Cavazzale, San Bortolo - dal quale poi è nato il Leodari non so come... - e un'altra in provincia dalla quale ha acquisito il titolo per giocare in Eccellenza. O forse lo stesso Cavazzale...) ed i rispettivi settori giovanili, senza i quali qualche centinaio di ragazzi è rimasto senza squadra, senza hobby, senza un passatempo perché al Real (?) Vicenza sono andati solo i più forti, perché anche a livello giovanile (ed intendo a 10 anni, quando il calcio deve essere educazione, non solo a vincere ma ad un sacco di altri valori come condivisione, spirito di squadra, impegno, sacrificio, correttezza solo per citarne alcuni) si deve vincere. O meglio, mi sembra che il Real Vicenza sia il giocattolo del suo capriccioso creatore, ottenuto con prepotenza a discapito di tanti altri ragazzi, e tramite il quale dimostrare il proprio ego. Per spiegarmi in parole secche, voglio dire che se vince il Real Vicenza, prima di tutto vince il suo presidente, poi chi ha giocato. Mi sembra. Poi posso sbagliare con evidente ignoranza dei fatti.
Le dichiarazioni del presidente dopo la partita dei suoi giovani ragazzi (allenatore, giocatori, dirigenti e genitori se la sono presa con l'arbitro, colpevole della sconfitta, ed il presidente avrebbe - ha? - punito loro) suonavano di ineluttabile circostanza.
Non so quanto sia larga e profonda la borsa del presidentissimo, quanto siano tirati i cordoni per tenerla chiusa. A suo tempo, quando vendeva finestre, non abbastanza per mantenere una società di calcio in Serie B. E gli era pure stato sconsigliato da un dirigente della società, per non rischiare la propria attività, di accontentarsi della figura di sponsor.


Adesso con questa società qualcuno (p.e.: io) ipotizza (teme) una fusione. Ma sono per la via più drastica, ovvero una ripartenza da 0, radendo al suolo tutto per eliminare quello che c'è di marcio e ripartire dal senso di appartenenza ad un club, alla sua storia ed ai suoi colori che si sono persi nel tempo. Non solo in società ma anche in curva, in tribuna, nei distinti e nei bar. Forse la Coppa Coppe ci ha montato la testa. La nostra realtà non è affatto quella. Qui abbiamo tifosi con palato fine, che si lamentavano di Gregucci e Maran perché il Lane giocava male ma si salvava senza bisogno dei playout. Tifosi che hanno maledetto gli inglesi grazie ai quali la società a suo tempo è stata salvata (perché chi altro c'era?) ed il nome di (e del) Vicenza ha fatto il giro d'Europa arrivando ad un passo da un sogno difficile da rivivere.
Tifosi che hanno idolatrato l'arrivo del faraone egizio per l'unico merito di essere (nemmeno del tutto) vicentino... una tifoseria che ha dimostrato tutta la piccolezza nella quale evidentemente si crogiola e si accontenta.
Io non voglio una fusione. Poi si faccia quello che si crede meglio. Dubito ormai che dietro un investimento sportivo ci sia davvero un motivo sportivo...
Ma se mai nascesse un nuovo Vicenza Calcio, vorrei che tenesse conto di certi valori che in un gioco, in uno sport, sono imprescindibili. Fin da quando si inizia a giocare. Anche a 7 anni. E che persone come Ulivieri, Guidolin, Sterchele, Brivio, Mondini, Lopez, Praticò, 

D'Ignazio, Di Carlo, Viviani, Valoti, Maini, Mendez, Gasparini, Briaschi, Otero, Murgita, Ambrosetti (questo è il Real Vicenza della mia generazione) hanno portato in campo.

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Nuovo stadio? No, vecchio Menti!

In tempi di campagna elettorale, c'è chi vuole tirare giù lo stadio. E io che pensavo ci fossero argomenti più importanti.
Ora il vecchio Stadio Romeo Menti è al centro dell'attenzione. E a Vicenza sono bravi a rispolverare vecchi progetti come quello del nuovo teatro. Vecchi progetti per nuove costruzioni che sono vecchie in partenza.
Ampliare l'università al posto dello stadio mi sembra un pretesto insussistente. Perché farlo in una zona staccata, con un fiume in mezzo addirittura che si diverte pure ad esondare, quando c'è l'aera ex Cosma attaccata?
A parte che fare uno stadio nuovo porta una sfiga maledetta, vedi Reggio Emilia, secondo me prima di costruire una cosa bisogna chiedersi PER CHI si costruisce.
Prima di tutto per la squadra di calcio (politici, vi prego, non dite che lo fate per la città ed i suoi cittadini. Fatemi il sacrosanto favore, ok?).
Quindi, che fine (non in senso letterale...) farà il Lane? Rimarrà in B? Cadrà in Lega Pro? Per quanto tempo? Facciamo uno stadio nuovo per una società di terza divisione? A mio modesto parere è uno spreco assurdo! Uno stadio nuovo è l'ultima cosa che gli serve.
Insieme allo stadio nuovo ci mettono anche un palazzetto dello sport? Allora, 1. c'è già quello in via Goldoni e 2. per chi, visto che non ci sono società
di pallavolo, pallacanestro, pallamano etc. a Vicenza che giocano nelle prime categorie nazionali?
Poi, vediamo DOVE si vuole costruire, perché la viabilità è un punto critico. Costruire lo stadio (appunto, da quanti posti? Come dice Alberto Belloni, 15 mila è più che sufficiente) nuovo lungo la strada che porta a due centri commerciali mi sembra insensato. C'è già troppo traffico (e smog) nei sabati e nelle domeniche natalizie. Figuriamoci se ci aggiungiamo una partita di pallone.
E poi, nel caso in cui il Lane fosse in Lega Pro e Vicenza avesse il suo bello stadio da 20/25 mila posti nell'area est, mi immagino già la situazione imbarazzante nei periodi natalizi: lunghe code di auto, che si dirigono però verso i centri commerciali, stracolmi di gente, mentre lo stadio è semivuoto. Almeno il suo parcheggio servirebbe a qualcosa.
Farò un confronto dalle dimensioni sproporzionate, ma è tanto per farmi capire. Londra ha 7/8/9 (quante sono???) squadre di calcio ed altrettanti stadi. Ci sono stato a Londra nei sabati calcistici (il campionato inglese si gioca principalmente il sabato) e non ho mai notato più casino del solito. E nemmeno un incidente tra tifoserie opposte (perché in Inghilterra le pene oltre ad essere severissime soprattutto sono fatte rispettare e non ci sono commistioni in curva tra ultrà e politici). Eppure, ci sono almeno 3 o 4 partite in corso. 

Poi, lo stadio è in centro. Come si fa a pensare far rivivere il cuore della città togliendo lo stadio? Mi sembra un controsenso, a meno che la strategia non sia quella di favorire i centri commerciali (una parte del Palladio - a proposito, qualcuno si sta rivoltando nella tomba per questo nome!!! - è fallita, vedo che stanno ancora costruendo... biz is biz, man!). Dopo la partita ti servo un calice di garganega (odio gli spritz, con tutti i vini buoni che abbiamo!), visto che la partita finisce propria all'ora dell'aperitivo.
E come dice Belloni, nelle scelte conta anche il cuore. In mezzo quegli spalti c'è passato parte di storia cittadina. A Londra hanno demolito Highbury per creare l'Emirate Stadium (chiedere a Nick Hornby come l'ha presa, avendo casa mica per niente proprio vicino al suo posto dei sogni). Ma l'Arsenal non ha le stesse esigenze del Lane...
L'Udinese è un esempio: il nuovo Friuli sarà la ristrutturazione dell'attuale. Per una città ed una società come l'Udinese la trovo una scelta giusta per dimensioni e spesa.


Qualcuno, leggendo, mi darà dell'arrogante e chiederà giustamente delle soluzioni. Va bene, ci sto.
Per risolvere due nodi (parcheggio e viabilità) con una mossa sola il Vicenza Calcio dovrebbe stringere un accordo con le AIM, favorendo l'utilizzo dei mezzi pubblici per chi ha l'abbonamento o il biglietto della partita con un biglietto dell'autobus valido per A/R (o almeno per una corsa). Oppure, ma questa la vedo più complicata perché in mezzo ci sono le Ferrovie dello Stato, un parcheggio ed un hotel, realizzare una fermata dei treni all'altezza dello Stadio Menti, dietro il Park Bassano, con dei vagoni che vanno e vengono dalla stazione centrale e, perché no?, dalla fermata di Anconetta. 
Per i parcheggi, si potrebbe costruire un multi piano (massimo 3) nemmeno troppo invasivo con la cubatura esistente al posto del piccolo campetto da calcio in terra, che fa più male (alle articolazioni ed alla schiena di chi ci gioca sopra) che bene.
Con le gradinate tutte coperte, il vecchio Romeo Menti diventerebbe una bomboniera, invitante anche per i tifosi. 
Non so come siano i regolamenti per la cubatura della zona, ma immagino un grande catino dove non si vede lo spazio esterno delle gradinate. Esatto, una specie di cilindro, riempito nella sua parte esterna con attività commerciali e direzionali, date in affitto dal comune (oppure dalla società, se lo stadio venisse dato in gestione come ha fatto il comune di Torino con lo Juventus Stadium).

Alla fine aveva ragione quella leggenda di Guidolin: il Vicenza (ed i suoi tifosi e la sua città) non deve dimenticare la sua reale dimensione. Perché se fa sogni troppo alti, quando si sveglia cade e si fa tanto male.



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