Marco Simoncelli
Guardi una gara di moto, della classe regina del motociclismo, aspettando il riscatto del campionissimo, la conferma del neo campione, la rivincita dell'indomito.
Invece come di schianto tutto si ferma quasi subito, presto. Troppo presto per tutto.
Perché anche queste cose purtroppo succedono e sono da mettere in preventivo soprattutto quando corri aggrappato ad un manubrio a velocità incredibili.
Come Daijiro Kato come Shoya Tomizawa come Ayrton Senna. Incidenti fatali quanto ineluttabili. Non imprevisti perché sono da mettere tra le possibilità di questi sport. Di questa professione.
Incidenti che scuotono e ci lasciano attoniti perché quando vedi quei pazzi appesi alle loro moto non pensi mai all'incidente o che si possano fare qualcosa di male spremuti dentro quelle tute protettive.
Poi ce ne sono alcuni che ci colpiscono più o meno da vicino e questa mattina è successo uno di quelli.
È stato il mio risveglio.
Ancora non ci credo.
Avrei dovuto scrivere qualcosa per lavoro ma un collega mi ha anticipato. Per fortuna, perché non avrei saputo che parole buttar giù. Qui invece mi riescono diverse e un po' più facili.
Sono ancora qui davanti la televisione saltando da un canale all'altro chiedendomi come fanno i giornalisti a fare il loro lavoro con un groppo in gola per la scomparsa non solo di Marco Simoncelli ma anche di una persona che conoscevano e di qualcuno di loro anche un amico.
Adesso si discute dei motivi ma poco importa se è stata la gomma fredda l'elettronica o la sua imperizia la sua voglia di andare subito davanti la sua fame precipitosa.
Più guardo quelle immagini e più ci vedo il senso della gara per un motociclista: la moto è persa ma il pilota ci rimane appeso perché non la molla e non molla perché ci crede sempre anche appeso alla carena.
Marco Simoncelli corre via appeso con tutta la sua determinazione alla sua passione.
Travolto dalla sua passione.
Ma nonostante le protezioni che si hanno addosso il colpo di una moto è letale.
Mi spiace anche per Colin Edwards e Valentino Rossi che hanno avuto solo la colpa di trovarsi li.
Ancora non ci credo.
La moto era tutta la sua vita perché ha fatto solo quello nei suoi 24 anni: era salito sopra la sua prima moto a 7 anni.
Oggi se ne è andato via con la sua moto.
Se qualcuno non conosce Marco Simoncelli la foto qui sotto descrive in modo esplicito il suo stile.
Shine on you crazy diamond
Invece come di schianto tutto si ferma quasi subito, presto. Troppo presto per tutto.
Perché anche queste cose purtroppo succedono e sono da mettere in preventivo soprattutto quando corri aggrappato ad un manubrio a velocità incredibili.
Come Daijiro Kato come Shoya Tomizawa come Ayrton Senna. Incidenti fatali quanto ineluttabili. Non imprevisti perché sono da mettere tra le possibilità di questi sport. Di questa professione.
Incidenti che scuotono e ci lasciano attoniti perché quando vedi quei pazzi appesi alle loro moto non pensi mai all'incidente o che si possano fare qualcosa di male spremuti dentro quelle tute protettive.
Poi ce ne sono alcuni che ci colpiscono più o meno da vicino e questa mattina è successo uno di quelli.
È stato il mio risveglio.
Ancora non ci credo.
Avrei dovuto scrivere qualcosa per lavoro ma un collega mi ha anticipato. Per fortuna, perché non avrei saputo che parole buttar giù. Qui invece mi riescono diverse e un po' più facili.
Sono ancora qui davanti la televisione saltando da un canale all'altro chiedendomi come fanno i giornalisti a fare il loro lavoro con un groppo in gola per la scomparsa non solo di Marco Simoncelli ma anche di una persona che conoscevano e di qualcuno di loro anche un amico.
Adesso si discute dei motivi ma poco importa se è stata la gomma fredda l'elettronica o la sua imperizia la sua voglia di andare subito davanti la sua fame precipitosa.
Più guardo quelle immagini e più ci vedo il senso della gara per un motociclista: la moto è persa ma il pilota ci rimane appeso perché non la molla e non molla perché ci crede sempre anche appeso alla carena.
Marco Simoncelli corre via appeso con tutta la sua determinazione alla sua passione.
Travolto dalla sua passione.
Ma nonostante le protezioni che si hanno addosso il colpo di una moto è letale.
Mi spiace anche per Colin Edwards e Valentino Rossi che hanno avuto solo la colpa di trovarsi li.
Ancora non ci credo.
La moto era tutta la sua vita perché ha fatto solo quello nei suoi 24 anni: era salito sopra la sua prima moto a 7 anni.
Oggi se ne è andato via con la sua moto.
Se qualcuno non conosce Marco Simoncelli la foto qui sotto descrive in modo esplicito il suo stile.
Shine on you crazy diamond
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