Strada di ogni giorno

Nelle difficoltà che incontro quotidianamente per venire a lavoro, tra traffico lavoro in corso rincoglioniti assonnati al volante e cazzi vari, oggi quei quasi 40 chilometri di strada sono stati piacevoli.
Non solo perché li faccio in moto e allora quando sono in sella alla Bonnie va tutto meglio.
Ma perché ho scoperto la strada 'bassa', quella che invece di salire per Ignago e Torreselle (quella 'alta', della mia infanzia dove mio papà mi portava a passeggiare), esce da Costabissara, entra a Castelnovo e Isola Vicentina correndo a volte parallelamente alla provinciale 46 che porta a Schio. 
Perché così risparmio code, continui stop&go fastidiosi e viaggio a velocità costante e rilassata attraverso un centro abitato. 
E va benissimo, perché sono posti davvero belli, ordinati, con una buona proporzione tra costruzioni e verde dove le colline si possono ancora vedere neanche tanto sullo sfondo. Insomma uno sviluppo urbano contenuto, nel rispetto di quello che c'era prima.
Una strada che sarà comoda anche quando ahimè dovrò mettere in garage la moto nella stagione fredda.

E mi piace osservare quello che succede: nonni che portano a scuola i nipoti, mamme con i loro piccoli neonati in passeggino, ragazzi e ragazze (probabilmente studenti universitari) che escono per o tornano dalla corsa mattutina, gente che esce di casa per andare a lavoro, persone che semplicemente se la raccontano sui marciapiedi, pensionati che tornano a casa con pane&giornale, ciclisti in casco e completo in lycra (mi sono sempre chiesto che lavoro facciano perché non sono in età da pensione: possono essere di tutto, liberi professionisti, insegnanti/infermieri nel giorno libero, disoccupati, turnisti), studenti di una scuola media in uscita o che escono per le prime prove della corsa campestre (bei ricordi!).
Il ritorno non è da meno e racconta tutto quello che è successo nella giornata: nonni che vanno a prendere i nipoti al dopo scuola, mamme che passeggiano con i figli in sella alle loro fighissime balance bike, universitari/e che escono a correre per o tornano dalla corsa pomeridiana, studenti che si ritrovano o con le borse che vanno ai primi allenamenti stagionali, chi torna a casa da lavoro, chi è in giro in bici come al mattino, qualcuno tiene in mano le borse della spesa o dello shopping.
Pezzi di vita quotidiana che mi sembrano estranei a tutto quello che siamo sottoposti ogni giorno, alla velocità poco ponderata con la quale dobbiamo fare certe cose, alla mancanza di (in)formazione alla quale ci sottoponiamo e con la quale siamo chiamati a svolgere i nostri doveri, rispetto altrui non corrisposto, alle risposte e alle spiegazioni non comprese che di richiedono.
Sarà che dal mio punto di vista, dall'altra parte della visiera tutto mi sembra molto tranquillo e che dentro il casco ho percezioni ovattate neanche fosse una Pleasentville a colori. Ma anche se sono quasi 40 km, quasi 80 ogni giorno, passare per queste strade senza frenesia mi piace.

E poi questa mattina c'era lui, quel vento di phoen previsto e azzeccato che ha spazzato via le nuvole e tutta la foschia e lo sporco possibile.
I quasi 40 km verso lavoro sono in direzione nord, Schio, la Manchester d'Italia per produttività ed estensione di superficie industriale, ma anche il clima piovoso la rende molto simile alla città inglese.
Meno male Schio non ha lo stesso paesaggio di quelle zone d'Inghilterra perché mi portano sotto le montagne, all'ombra del Summano, del Pasubio, del Carega, del paradiso che sono le Piccole Dolomiti che oggi si stagliavano massicce come poche volte le ho potute ammirare, illuminate dal sole del primo mattino. 
Il mio sguardo si perdeva in un contrasto di luce e colori via via che saliva: il verde e il marrone chiaro dei prati e dei campi, il verde più scuro quasi nero dei monti e dei colli più bassi ancora in zona d'ombra, il grigio chiaro quasi bianco delle montagne di nuda roccia più alte colpite dai raggi del sole e sopra l'azzurro intonso macchiato da scenografiche nuvole bianche e grigie.
Una splendida luce bassa, all'opposto di quella del tramonto. Si infilava tra le valli per far risplendere i paesi arroccati nelle colline, che spuntavano tra i boschi fitti e si intravedono tra un capannone e l'altro. Ogni sguardo, dai massicci ai tetti ai campanili, è stata una scoperta che mi ha fatto battere il cuore più forte e intensamente. Penso si chiami emozione, di scoprire cose inaspettate.
A contrastare questo idillio, lo specchietto retrovisore mi mostrava la nebbia dalla quale ero appena uscito e che ricopriva la pianura alle mie spalle.

Sì la strada è stata piacevole ma ho fatto una fatica boia a dirigere la Bonnie verso l'azienda dove lavoro. Perché avrei voluto continuare a godermi questo spettacolo della natura nel quale ero immerso.
Mi spiaceva chiudermi in una stanza. Almeno le finestre dell'ufficio danno sui monti e ho un bellissimo panorama (anche quella del bagno, e da uomo non devo dargli le spalle!) che mi da le previsioni meteo in diretta.


Però questa mattina me la sono goduta davvero. E sono contento di avere la fortuna di essermela goduta in moto e non dentro un abitacolo. In moto è diverso, sembra di poter toccare e respirare quello che hai attorno. Di sicuro, in un modo o nell'altro, ti viene addosso e ti colpisce.
Godiamoci queste splendide giornate d'autunno, almeno finché mi permetteranno di viverle in sella alla Bonnie prima di sospendere l'assicurazione per la stagione fredda. Ma a questo ci penseremo più avanti.

Tanto per farvi capire, questa qui sotto è la foto che ho fatto questa mattina all'altezza di Malo. Purtroppo non ho (più) la macchina fotografica, accontentatevi di questa qui preso col telefono.


Capite anche voi che andare a lavoro oggi non è stato così banale e i quasi 40 km me li son fatti ingoiando moscerini.

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