20 anni dalla Coppa Italia del Vicenza
20 anni da quella sera da sogno.
20 anni fa un giovedì sera qualsiasi si è trasformato in un giovedì indimenticabile.
La vittoria del Vicenza Calcio in Coppa Italia.
Sembra ieri che una sera di un giovedì qualsiasi, invece di stare a casa a studiare o andare in giro con la morosa (eh, sì, pare impossibile ma è successo anche a me...), schizzavo in scooter come un matto per la città a sfondare il clacson (ho davvero rotto il pulsante del clacson, si è spezzato in due!), diretto al S. Gaetano, la birreria di riferimento del periodo per continuare la festa.
Poco prima, dopo una partita di due ore, il Vicenza aveva vinto la sua prima Coppa Italia. Aveva toccato il cielo con il bordo di quel trofeo.
Adesso invece è dalla parte opposta del cielo: l'anniversario di quella vittoria non poteva cadere in momento peggiore. Ed il verbo descrive alla perfezione la situazione che il Vicenza Calcio sta vivendo e noi tifosi stiamo subendo e che rischia di compromettere 115 anni di storia.
20 anni fa, sembra ieri. Io andavo a scuola, mio papà lavorava, mio nipote più grande nemmeno esisteva ancora, vivevo ancora di e per il calcio, avevo appena avuto una epifania che mi aveva sciolto i precedenti due anni di vita e passavo nottate in camera a ascoltare musica leggendo e imparando a memoria tutti i testi.
Il calcio stava iniziando a evolversi in quello che sarebbe diventato il business che è adesso e mi sorprendo a pensare che proprio il Vicenza Calcio poteva essere la prima squadra italiana a cavalcare questa metamorfosi diventando di proprietà inglese entro la fine dello stesso anno. Ma essere provinciali significa anche non accettare questi cambiamenti e pretendere di rimanere nelle proprie dimensioni.
Ancora non ne eravamo consapevoli, lo avremmo scoperto due anni dopo, ma eravamo nel pieno dei migliori anni della nostra vita.
Quel giovedì 29 maggio era una bellissima sera, temperatura perfetta per giocare a pallone. Ancora non sapevamo che sarebbe stata lunghissima.
Prima della finale il Lane aveva eliminato il Milan (1-1 all'andata, Baggio aveva pareggiato il gol di Ambrosetti) e al ritorno al Menti per 90' Baggio, Savicevic e Weah ci avevano dato una lezione di tecnica e di fondamentali del calcio assediandoci nella nostra area di rigore. In semifinale a Bologna solo all'ultimo minuto Cornacchini era riuscito a portarci in finale.
L'adrenalina era salita ovviamente per la finale e dopo la gara di andata non avevo molta fiducia anche perché il Vicenza non aveva giocato come sapeva fare e mi aveva preoccupato.
Sappiamo tutti com'è andata.
Sarà stato il pubblico, tutto colorato di bianco-rosso-verde e la musica di O Fortuna dei Carmina Aburana che ha accompagnato i giocatori in campo ad intimorire quelli del Napoli e a caricare quelli del Vicenza. Oppure la diversa fame agonistica e di vittoria messa in campo.
In questi anni ho guardato molte volte quelle immagini (credevate che non l'avessi registrata? Ho ancora la videocassetta a casa!) e in quei tre gol vedo sempre tanta fame, voglia di vincere superiore e una inarrestabile voglia di arrivare prima degli avversari sul pallone.
Lo sguardo di Capitan Giò Lopez che indica un suo compagno a inizio partita dice tutto sulla sua determinazione.
Due gol segnati su respinta del portiere dimostrano la cattiveria e la forza agonistica, l'ultimo gol che arriva nonostante 120 minuti di gioco sulle gambe e sulla mente ed ancora la lucidità di rubare palla all'avversario e la forza di scattare per 40 metri e infilare il portiere.
Godimento puro.
Io ero allo stadio quel giovedì sera di 20 anni fa. E mi sembra ieri. Il mio amico Nicola venuto da Valdagno.
Il piazzale dei distinti già pieno nonostante il grande anticipo col quale siamo arrivati.
Il dispiacere di non essere riusciti a prendere una maglia celebrativa perché Vicenza è in Italia e quindi anche i vicentini si comportano di conseguenza, prendendone per l'intera famiglia invece che una a testa.
I primi 20' di partita giocati incartati dall'emozione.
Il gol di Jimmy Maini che brucia tutti due volte, di testa prima e di piede dopo.
Il palo di Caccia che mi fa scendere una doccia gelida istantanea e i vari ringraziamenti alla Madonna di Monte Berico che in quel momento ci ha assistito (O Fortuna!).
Il Vicenza messo nettamente meglio in campo. Ma a decidere sono gli episodi. Che succedono solo se hai la bava alla bocca.
Il palo di Caccia fa tremare tutto lo stadio, una doccia ghiacciata istantanea. Forse l'invocazione della fortuna con il brano dei Carmina Aburana a qualcosa è servita!
Il gol di Maurizio Rossi, che parte dalla parte opposta dell'area di rigore per avventarsi come un falco per ribattere in porta il missile terra-terra di Beghetto dopo la respinta di Taglialatela. Rossi. Un cognome non facilissimo se sei un giocatore del Vicenza.
La festa sugli spalti. Guardando la partita in tv il giorno dopo il vecchio Romeo Menti tremava tutto.
Il gol di Alessandro Iannuzzi, giovane di belle speranze purtroppo rimaste tali che corre da solo verso la vittoria.
Tripudio. Euforia. Pazzia.
Capitan Lopez che alza la Coppa.
Credo che tutto lo stadio e i tifosi a casa abbiano avuto lo stesso pensiero triste non vedendo Dalle Carbonare di fianco a lui.
Il giro del campo della Coppa. La Coppa resta a Vicenza. Le braccia di Nicola che mi stringono le costole io che alzo lui nonostante il confronto fisico impari.
L'abbraccio con Nich Toff e gli altri amici che mi colgono di sorpresa sul prato fuori dallo stadio. Quella sera, per una sera, a Vicenza è lecito tutto.
Io e Nicola torniamo a casa perché poi lui deve tornare a Valdagno (non gli ho mai chiesto quanto ci ha messo ad attraversare una provincia impazzita...).
Abbraccio i miei che sono in estasi e senza rendermene conto sono di nuovo sullo scooter diretto verso il S. Gaetano con la sciarpa del Vicenza Calcio legata in testa (non c'era ancora l'obbligo del casco). Il pulsante del clacson spezzato e tenuto premuto col ginocchio per tutto il tragitto.
Le strade piene di gente piena di gioia.
La festa al S. Gaetano bevendo tutto quello che era possibile bere.
Le pessime condizioni di Jimmy, non Maini ma uno dei due titolari della birreria.
Sono tornato a casa alle 4. Alle 7 ero in piedi perché il giorno dopo c'era scuola e la città ha ripreso la sua vita quotidiana, come niente fosse.
Ma non ha dimenticato, anzi. Il ricordo è più vivo che mai.
Forse ci siamo dimenticati le parole di Mr. Guidolin: "La realtà del Vicenza non è quella della Coppa Italia, dell'Europa" così ora pensiamo che il Vicenza debba per forza giocare a quei livelli, rimanendo inevitabilmente delusi.
Rimane questo bellissimo ricordo di un pezzo di storia del Vicenza Calcio. Ma anche di ognuno di noi!
20 anni fa un giovedì sera qualsiasi si è trasformato in un giovedì indimenticabile.
La vittoria del Vicenza Calcio in Coppa Italia.
Sembra ieri che una sera di un giovedì qualsiasi, invece di stare a casa a studiare o andare in giro con la morosa (eh, sì, pare impossibile ma è successo anche a me...), schizzavo in scooter come un matto per la città a sfondare il clacson (ho davvero rotto il pulsante del clacson, si è spezzato in due!), diretto al S. Gaetano, la birreria di riferimento del periodo per continuare la festa.
Poco prima, dopo una partita di due ore, il Vicenza aveva vinto la sua prima Coppa Italia. Aveva toccato il cielo con il bordo di quel trofeo.
Adesso invece è dalla parte opposta del cielo: l'anniversario di quella vittoria non poteva cadere in momento peggiore. Ed il verbo descrive alla perfezione la situazione che il Vicenza Calcio sta vivendo e noi tifosi stiamo subendo e che rischia di compromettere 115 anni di storia.
20 anni fa, sembra ieri. Io andavo a scuola, mio papà lavorava, mio nipote più grande nemmeno esisteva ancora, vivevo ancora di e per il calcio, avevo appena avuto una epifania che mi aveva sciolto i precedenti due anni di vita e passavo nottate in camera a ascoltare musica leggendo e imparando a memoria tutti i testi.
Il calcio stava iniziando a evolversi in quello che sarebbe diventato il business che è adesso e mi sorprendo a pensare che proprio il Vicenza Calcio poteva essere la prima squadra italiana a cavalcare questa metamorfosi diventando di proprietà inglese entro la fine dello stesso anno. Ma essere provinciali significa anche non accettare questi cambiamenti e pretendere di rimanere nelle proprie dimensioni.
Ancora non ne eravamo consapevoli, lo avremmo scoperto due anni dopo, ma eravamo nel pieno dei migliori anni della nostra vita.
Quel giovedì 29 maggio era una bellissima sera, temperatura perfetta per giocare a pallone. Ancora non sapevamo che sarebbe stata lunghissima.
Prima della finale il Lane aveva eliminato il Milan (1-1 all'andata, Baggio aveva pareggiato il gol di Ambrosetti) e al ritorno al Menti per 90' Baggio, Savicevic e Weah ci avevano dato una lezione di tecnica e di fondamentali del calcio assediandoci nella nostra area di rigore. In semifinale a Bologna solo all'ultimo minuto Cornacchini era riuscito a portarci in finale.
L'adrenalina era salita ovviamente per la finale e dopo la gara di andata non avevo molta fiducia anche perché il Vicenza non aveva giocato come sapeva fare e mi aveva preoccupato.
Sappiamo tutti com'è andata.
Sarà stato il pubblico, tutto colorato di bianco-rosso-verde e la musica di O Fortuna dei Carmina Aburana che ha accompagnato i giocatori in campo ad intimorire quelli del Napoli e a caricare quelli del Vicenza. Oppure la diversa fame agonistica e di vittoria messa in campo.
In questi anni ho guardato molte volte quelle immagini (credevate che non l'avessi registrata? Ho ancora la videocassetta a casa!) e in quei tre gol vedo sempre tanta fame, voglia di vincere superiore e una inarrestabile voglia di arrivare prima degli avversari sul pallone.
Lo sguardo di Capitan Giò Lopez che indica un suo compagno a inizio partita dice tutto sulla sua determinazione.
Due gol segnati su respinta del portiere dimostrano la cattiveria e la forza agonistica, l'ultimo gol che arriva nonostante 120 minuti di gioco sulle gambe e sulla mente ed ancora la lucidità di rubare palla all'avversario e la forza di scattare per 40 metri e infilare il portiere.
Godimento puro.
Io ero allo stadio quel giovedì sera di 20 anni fa. E mi sembra ieri. Il mio amico Nicola venuto da Valdagno.
Il piazzale dei distinti già pieno nonostante il grande anticipo col quale siamo arrivati.
Il dispiacere di non essere riusciti a prendere una maglia celebrativa perché Vicenza è in Italia e quindi anche i vicentini si comportano di conseguenza, prendendone per l'intera famiglia invece che una a testa.
I primi 20' di partita giocati incartati dall'emozione.
Il gol di Jimmy Maini che brucia tutti due volte, di testa prima e di piede dopo.
Il palo di Caccia che mi fa scendere una doccia gelida istantanea e i vari ringraziamenti alla Madonna di Monte Berico che in quel momento ci ha assistito (O Fortuna!).
Il Vicenza messo nettamente meglio in campo. Ma a decidere sono gli episodi. Che succedono solo se hai la bava alla bocca.
Il palo di Caccia fa tremare tutto lo stadio, una doccia ghiacciata istantanea. Forse l'invocazione della fortuna con il brano dei Carmina Aburana a qualcosa è servita!
Il gol di Maurizio Rossi, che parte dalla parte opposta dell'area di rigore per avventarsi come un falco per ribattere in porta il missile terra-terra di Beghetto dopo la respinta di Taglialatela. Rossi. Un cognome non facilissimo se sei un giocatore del Vicenza.
La festa sugli spalti. Guardando la partita in tv il giorno dopo il vecchio Romeo Menti tremava tutto.
Il gol di Alessandro Iannuzzi, giovane di belle speranze purtroppo rimaste tali che corre da solo verso la vittoria.
Tripudio. Euforia. Pazzia.
Capitan Lopez che alza la Coppa.
Credo che tutto lo stadio e i tifosi a casa abbiano avuto lo stesso pensiero triste non vedendo Dalle Carbonare di fianco a lui.
Il giro del campo della Coppa. La Coppa resta a Vicenza. Le braccia di Nicola che mi stringono le costole io che alzo lui nonostante il confronto fisico impari.
L'abbraccio con Nich Toff e gli altri amici che mi colgono di sorpresa sul prato fuori dallo stadio. Quella sera, per una sera, a Vicenza è lecito tutto.
Io e Nicola torniamo a casa perché poi lui deve tornare a Valdagno (non gli ho mai chiesto quanto ci ha messo ad attraversare una provincia impazzita...).
Abbraccio i miei che sono in estasi e senza rendermene conto sono di nuovo sullo scooter diretto verso il S. Gaetano con la sciarpa del Vicenza Calcio legata in testa (non c'era ancora l'obbligo del casco). Il pulsante del clacson spezzato e tenuto premuto col ginocchio per tutto il tragitto.
Le strade piene di gente piena di gioia.
La festa al S. Gaetano bevendo tutto quello che era possibile bere.
Le pessime condizioni di Jimmy, non Maini ma uno dei due titolari della birreria.
Sono tornato a casa alle 4. Alle 7 ero in piedi perché il giorno dopo c'era scuola e la città ha ripreso la sua vita quotidiana, come niente fosse.
Ma non ha dimenticato, anzi. Il ricordo è più vivo che mai.
Forse ci siamo dimenticati le parole di Mr. Guidolin: "La realtà del Vicenza non è quella della Coppa Italia, dell'Europa" così ora pensiamo che il Vicenza debba per forza giocare a quei livelli, rimanendo inevitabilmente delusi.
Rimane questo bellissimo ricordo di un pezzo di storia del Vicenza Calcio. Ma anche di ognuno di noi!
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