65 Mount Anville Wood, 17 anni fa
Così, senza uno motivo preciso o forse sì, ho cercato l'indirizzo di dove stavo a Dublino.
Me lo ricordo bene: 65 Mount Anville Wood, Goatstown, Irlanda
La mia casa era quela di angolo, alla sinistra di quella con la piccola macchina color giallo metallizzato. La finestra a sinistra è quella della mia camera.
In fondo la via, svoltato l'angolo, la piccola stradina portava a quell'enorme parco con i pali per giocare a rugby e da dove si vedevano le luci del porto. In fondo al parco, un pub bellissimo. Ci sono entrato una volta con Andrea (di Valdagno, amico di Marco, Anna e Lara): ci hanno fatto uscire perché lui non era maggiorenne. Anche se dimostrava molto più dei suoi 16 anni di allora. Avrei voluto dirgli che da dove viene lui la birra è il minimo sindacale di alcolico che possono bere. Ma la legge e la legge.
Per fortuna c'era l'atro pub, dalla parte opposta, lungo la strada verso Stillorgan, dove sono andato un paio di volte con Andrea e Matteo ed il loro curioso coinquilino giapponese ("Coke? Coke no good! Guinness? Aaah! Guinness is good!!!"). E a volte anche da solo, perché tutto sommato era bello. Sia bere da soli che il pub. Basso, bianco e azzurro e pieno di fumo.
Mi ricordo quelle sera con Erica, Andrea e Matteo, Marika e Francesca e la sua coinquilina, a ridere e scherzare e a guardare tramonti indimenticabili, tra il rosa e l'azzurro fino al buio più completo brillantato di stelle.
Mi ricordo che quando io e Nicola uscivamo di casa la mattina e quando tornavamo da lezione il pomeriggio i bambini della via ci chiamavano per nome ridendo e non credevano che io fossi italiano. Non sono stati gli unici in quelle quattro settimane irlandesi.
Chissà se la famiglia Kenny c'è ancora. Ho ancora le loro chiavi di casa (se l'anno prima mi ero tenuto volontariamente quelle di casa Cristodulou di Hastings, l'anno dopo me le sono dimenticate in tasca. Giuro!). Potrei andare a controllare.
Me lo ricordo bene: 65 Mount Anville Wood, Goatstown, Irlanda
La mia casa era quela di angolo, alla sinistra di quella con la piccola macchina color giallo metallizzato. La finestra a sinistra è quella della mia camera.
In fondo la via, svoltato l'angolo, la piccola stradina portava a quell'enorme parco con i pali per giocare a rugby e da dove si vedevano le luci del porto. In fondo al parco, un pub bellissimo. Ci sono entrato una volta con Andrea (di Valdagno, amico di Marco, Anna e Lara): ci hanno fatto uscire perché lui non era maggiorenne. Anche se dimostrava molto più dei suoi 16 anni di allora. Avrei voluto dirgli che da dove viene lui la birra è il minimo sindacale di alcolico che possono bere. Ma la legge e la legge.
Per fortuna c'era l'atro pub, dalla parte opposta, lungo la strada verso Stillorgan, dove sono andato un paio di volte con Andrea e Matteo ed il loro curioso coinquilino giapponese ("Coke? Coke no good! Guinness? Aaah! Guinness is good!!!"). E a volte anche da solo, perché tutto sommato era bello. Sia bere da soli che il pub. Basso, bianco e azzurro e pieno di fumo.
Mi ricordo quelle sera con Erica, Andrea e Matteo, Marika e Francesca e la sua coinquilina, a ridere e scherzare e a guardare tramonti indimenticabili, tra il rosa e l'azzurro fino al buio più completo brillantato di stelle.
Mi ricordo che quando io e Nicola uscivamo di casa la mattina e quando tornavamo da lezione il pomeriggio i bambini della via ci chiamavano per nome ridendo e non credevano che io fossi italiano. Non sono stati gli unici in quelle quattro settimane irlandesi.
Chissà se la famiglia Kenny c'è ancora. Ho ancora le loro chiavi di casa (se l'anno prima mi ero tenuto volontariamente quelle di casa Cristodulou di Hastings, l'anno dopo me le sono dimenticate in tasca. Giuro!). Potrei andare a controllare.
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