Ci hanno ingannato. Un'altra stagione di promesse mancate
Lo so, le reazioni a caldo non sono le migliori ma voglio buttarle giù subito perché altrimenti con una notte di mezzo rischierebbero di perdere il senso e poi le scrivo cercando un barlume di lucidità. Ma di solito le mie riflessioni a caldo sono incredibilmente lucide, quella lucidità per capire la rabbia provocata dall'ennesima delusione. Per sette anni di delusioni. Perché anche quest'anno il L. R. Vicenza è riuscito a deludere i suoi tifosi. O almeno chi credeva che questa potesse essere la stagione giusta per tornare finalmente in B. E invece, dopo il buon esordio nei play off di serie C contro il Crotone che aveva fatto ben sperare, di colpo nelle due semifinali contro la Ternana c'è stata una involuzione incredibile. Due partite importanti giocate con sufficienza leggerezza senza nervo voglia grinta voglia di vincere. Con tutte quelle cose che non si devono avere e senza tutte quelle cose che si devono avere.
Domenica ero allo stadio per la partita di andata, perché ero uno di quei tifosi fessi che credeva fosse l'anno giusto. Ma più passava il tempo e più vedevo cosa combinavo i giocatori in campo e più mi rendevo conto che i miei vaneggianti timori iniziali (cioè da quando è iniziata questa nuova gestionesette anni fa) si stavano materializzando.
A inizio stagione ho messo da parte i miei vaneggianti timori e mi sono buttato nella mischia di quelli che credevano che questa potesse essere la stagione giusta per tornare finalmente in B. E cominciare con qualche anno di ritardo a risalire la china per tornare in quella Serie A che l'allora neo proprietario e salvatore voleva raggiungere in cinque anni. Ma ne sono passati sette e siamo ancora dove eravamo.
Cos'è che non va?
Facciamo una analisi di come sono andati questi anni, da quando la S. S. Vicenza Calcio è fallita nel 2018 e viene rilevata all'asta di liquidazione dalla Virtus Bassano, che trasferisce la sede sociale a Vicenza e cambia denominazione in L.R. Vicenza Virtus S.p.A. e nel 2021 viene modificata nella attuale L. R. Vicenza. Così tutti i tifosi sono ancora più convinti di tifare Vicenza.
Nel 2020 c'è stata la promozione in B grazie al Covid che ha fermato il campionato quando la squadra era in testa con 6 punti di vantaggio dopo 27 partite (5 potenziali perché il Carpi, terzo, aveva una partita in meno). Era fine febbraio e c'erano ancora 11 gare da giocare, poteva succedere ancora di tutto.
A Bassano era capitato spesso che un girone di andata fosse stato mandato a ramengo con uno di ritorno sciagurato nonostante una superiorità schiacciante.
Nel 2022 dopo due stagioni in B e dopo un inizio di stagione caratterizzato da qualche screzio in ritiro tra allenatore e dirigenza (cosa è successo ad Asiago tra mr. Di Carlo e i dirigenti lo sanno solo loro e qualche solito ben informato), zero punti in cinque partite e ben tre allenatori (dopo Mimmo sono passati Cristian Brocchi e Francesco Baldini) è stata retrocessa in C perdendo senza gloria lo spareggio salvezza contro il Cosenza.
Il Lane è in Serie C dal 2022. Questo è stato il terzo anno consecutivo di Serie C. La pessima sconfitta di questa sera lo condanna al quarto. Sono anni di tantissimi bassi e qualche alto, come la Coppa Italia di Serie C che però non riescono a fare nemmeno quel guàivo del detto popolare.
Intanto ormai sono passati sette anni da quel luglio 2018 e dal pronunciamento di raggiungere la Serie A in cinque anni. E siamo ancora al punto di partenza.
Guardando le due partite della semifinale contro la Ternana mi sembrava di rivederne alcune già viste: solo per fare degli esempi, posso citare il ritorno di Cosenza costato la retrocessione in C, le due partite della finale play off dell'anno scorso contro la Carrarese e le tante trasferte di quest'anno dove sono stati lasciati sul campo troppi punti. Come la trasferta fatale a Verona.
Partite strane giocate con svogliatezza, quasi superiorità e superbia pagate a caro prezzo in classifica.
Il Lane è una Nobile Provinciale ma forse più provinciale che nobile, rispetto a quella definita così negli anni '50 del secolo scorso. Quel termine sottolineava il prestigio e la dignità della squadra, nonostante la sua origine provinciale. Questa società e i giocatori la dignità l'hanno gettata nel Bacchiglione. Forse è meglio definirla Nobile Decaduta.
Come detto prima, rivedo le stesse dinamiche del Bassano Virtus: tanti anni in C2 con strepitose galoppate terminate in anticipo per poi perdere i play off in finale o semifinale. Solo grazie al fallimento di diverse società, alla fine della stagione 2009-2010, chiuso al 7° posto, viene ripescato in C1 dove però resiste solo due stagioni (come il Vicenza in Serie B).
Nel 2013-2014 riesce a stravincere il campionato di C2 con 12 punti di vantaggio, ma è inutile perché è l'anno che non prevede alcuna promozione per la riforma che sopprime C1 e C2 e istituisce un unico campionato, la Lega Pro. Anche qui riesce sempre ad arrivare ai play off perdendoli la prima volta in finale contro il Como e poi ai quarti di finale al massimo. Insomma, una eterna promessa come quella del nuovo stadio di Bassano, rimasto sempre un progetto.
Come quello del nuovo stadio Menti, altra analogia nella gestione del club dopo quelle sportive.
Dove voglio arrivare con questo confronto? Due società che hanno avuto la stessa proprietà che ha fatto le stesse promesse e ha dato gli stessi risultati, che lascio a voi giudicare.
Ma alla fine, gliene frega davvero qualcosa del calcio, dei tifosi, della Serie A in cinque anni?
Mi viene in mente Jari Vandeputte, un centrocampista di classe che non ha voluto rimanere a Vicenza preferendo un club che ambiva alla promozione in Serie B, alla fine ottenendola. Mi fa pensare che club e giocatore non avessero le stesse ambizioni.
L'attuale proprietà non ha salvato il Vicenza dalla scomparsa del calcio professionistico, ma ha salvato il calcio professionistico a Vicenza. La differenza può sembrare sottile ma è enorme! Per mantenere un club professionistico nel capoluogo lo ha fatto sparire a Bassano con molte polemiche. Posso immaginare come i bassanesi si siano sentiti ingannati.
Per spostare un club da una città a un'altra è stato sufficiente un milione di euro all'asta.
La Serie C costa, l'anno scorso il Vicenza ha chiuso con una perdita di oltre 9 milioni di euro. Però la sua proprietà è una delle più facoltose del calcio italiano. Non della Serie C ma di tutto il calcio italiano.
Cosa sono 9 milioni di perdite con un patrimonio di 3,7 miliardi di dollari e con tutte le società del gruppo che vanno bene? E come fa a non raggiungere obiettivi sportivi che invece raggiunge chi ha un patrimonio inferiore?
Ho sempre avuto il sospetto che del calcio, dei tifosi, della maglietta, della Serie A in cinque anni, non gliene sia mai fregato niente. Come i fondi di investimento, il calcio è un mezzo per qualcos'altro, che sa solo chi lo sfrutta.
Altrimenti non mi spiego questi risultati sportivi, queste prestazioni in campo indecorose, indegne, irrispettose per quei tifosi che si sono presi 1 o 2 giorni di ferie per andare a vedere la partita in trasferta.
Gli 83 punti di quest'anno non bastano a salvare la stagione. L'obiettivo dichiarato era la promozione che è stato fallito. Dopo questo ennesimo fallimento aspetto quei tifosi all'apertura della campagna abbonamenti: posso capire la fede calcistica, posso capire che finché ci sono i colori e la maglia che corre in campo, ma credo sia arrivato il momento di darci un taglio, di smetterla di farsi prendere in giro e nella prossima stagione di spendere i 90 minuti altrove invece che al caro vecchio stadio Menti.
Se Mr. Vecchi non vuol sentire parlare di mancanza di voglia (complimenti Giancarlo per la domanda, ci stava tutta!) non so come siano scesi in campo i giocatori. Se hanno davvero messo in campo tutto quello che avevano, allora avevano davvero molto molto poco.
Sono partite come queste che mi lasciano perplesso (eufemismo all'ennesima potenza). Non puoi uscire dal campo con la maglia che non puzza di fatica. E non azzardarti a lanciarla ai tifosi, ma toglitela perché non la meriti.
Forse il Vicenza è più provinciale che nobile adesso. Negli ultimi 30 anni il Vicenza ha fatto 5 anni di Serie A (quattro consecutivi dal 1995 al 1999 e poi un altro nel 2000-2001) e poi 18 di Serie B (sarebbero stati 16 senza i due ripescaggi dalla retrocessione in C alla B) e 7 di Serie C. Lo aspetta l'ottavo.
Chi non ha neanche 30 anni non ha mai visto il Vicenza in Serie A. Io dopo anni bui in Serie C a fine anni '80 ho avuto la fortuna di vivere degli anni gloriosi, le promozioni dalla C alla B, Ulivieri Pizzi Cantarutti Gasparini Briaschi Praticò Lopez D'Ignazio che fa gol all'Empoli quasi da centrocampo, la promozione in A la Coppa Italia il sogno della Coppa delle Coppe Guidolin Otero Mendez Björklund Jimmimaini Belotti che prende a ginocchiate sulla schiena Andersson la fuga di Iannuzzi Gasparin che piange in tv dopo a Varsavia Ambrosetti che segna al Napoli un attacco Comandini-Luiso-Bucchi che non vedrò mai più a Vicenza.
Chi ha 25 anni ha visto la mediocrità di un calcio mediocre, Ebagua perdio mentre Giacomelli scalava la classifica delle presenze scavalcando una leggenda come Giulio Savoini, perdiosantissimo!
Non so se riuscirò ancora a seguire il Lane l'anno prossimo. Come tutti i tifosi mi ero fatto illudere, ingannare. Tante promesse elettorali cadute in corsa. Se davvero scendi in campo per raggiungere l'obiettivo quella maglia a fine partita deve trasmettere tutta la fatica che hai fatto per raggiungere l'obiettivo. E se non ce l'hai fatta pazienza, almeno ce l'hai messa tutta. Domenica sera e stasera non hanno messo niente.
Bandiere, libertà e Costituzione al Giro d'Italia
Buon 1° maggio
Buon 1° maggio a tutti i Giuseppe.
Buon 1° maggio a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici che oggi si possono godere di un giorno di riposo, meritato o meno che sia.
Buon 1° maggio a chi oggi invece lavora per prestare il suo servizio, che sia per garantire la sicurezza e la salute delle altre persone o perché per loro oggi è un giorno come un altro. Agli autisti dei mezzi pubblici, alle forze dell'ordine, a medici e infermieri, a chi non chiude il negozio, agli addetti alla raccolta rifiuti che questa mattina si sono alzati lo stesso perché è un giorno qualsiasi.
Buon 1° maggio ai sindacati che dopo essere stati costretti alla tortura del loro discorso in stile anni '70 del secolo scorso o del presenzialismo in qualche posto noto solo per qualche triste fatto, sono tornati da dov'erano venuti. Buona festa del lavoro a voi che uscite dal vostro guscio quando ormai è troppo tardi e non per evitarlo, questo troppo tardi e mai per rispondere alle vostre responsabilità.
Buona festa del 1° maggio ai politici che regalano briciole come se fossero le loro costole mantenendo i propri privilegi. Buona festa del lavoro a voi che non avete mai saputo cosa significhi davvero cercare, tenere e avere un lavoro per pagarvi lo stipendio e con quel che resta mantenersi.
Buon 1° maggio a chi si sbatte dalla mattina alla sera, qualcuno sette giorni su sette, per permettere a chi lo paga di comprarsi l'ultimo modello di telefono e di auto da intestare all'azienda.
Buon 1° maggio alle donne che devono decidere tra lavoro o maternità perché vivono in un Paese fermo, dove una possibilità esclude ancora l'altra, rendendole inconciliabili.
Buon 1° maggio a chi ha studiato per un lavoro, non lo ha trovato (se lo ha cercato) ma ha la fortuna di farsi mantenere lavorando nell'azienda del papà.
Buon 1° maggio a chi scrive annunci di lavoro mescolando quattro ruoli in un solo annuncio.
Buon 1° maggio a chi è troppo vecchio, a chi non ha esperienza ma solo tanta voglia di mettersi in gioco, umiltà di imparare, necessità di far quadrare i conti.
Buon 1° maggio a chi preferisce resistere e lamentarsi invece di cambiare.
Buon 1° maggio a chi li vuole giovani e a chi fa tutto da solo per risparmiare, scoprendo dopo che il tempo per sistemare le cose costa di più.
Buon 1° maggio a chi ha mandato tutto a puttane, inventando la precarietà con contratti a termine e portando il lavoro all'estero facendo sparire competenze e tradizioni invece di custodirle come quel patrimonio inestimabile che erano, in favore del profitto facile ma impoverendo un popolo intero.
Morto un Papa non se fa un altro
È morto papa Francesco I e sono preoccupato. Perché era l'unico rappresentante della parte di mondo sfortunata, debole, povera, emarginata. Sono preoccupato perché ora c'è un grande vuoto e non so se chi lo sostituirà sarà all'altezza del suo operato e della eredità che lascia e porterà il suo messaggio.
Si dice che morto un Papa se ne fa un altro ma è un semplice detto difficile da far corrispondere alla realtà.
Soprattutto in un momento storico terribile come questo. Comanda la rabbia, l'avidità, l'arroganza, l'egoismo, il cinismo e l'opportunismo, un ritorno di un imperialismo insensato e al potere ci sono persone guidate da questi comportamenti. Invece abbiamo un enorme bisogno di sentimenti opposti come il rispetto, la simpatia intesa come sentimento di inclinazione e attrazione istintiva verso persone, l'altruismo, l'empatia, la solidarietà, la gentilezza e l'educazione, che forse racchiude tutti quanti gli altri.
Papa Bergoglio era l'unica personalità capace di rappresentare questi valori.
Papa Benedetto XVI, che non è stato capace di portare avanti il messaggio di Giovanni Paolo II e nemmeno ha dimostrato di averne voglia, dimostra come sia difficile succedere a una grande personalità. Ora c'è da trovare il degno sostituto di Francesco I.
Già il nome scelto da papa Bergoglio anticipava molto chiaramente in che direzione voleva portare avanti il suo pontificato. Non bisogna dimenticare quello che ha fatto anzi, bisogno proseguire quello che lui aveva iniziato.
Diceva che “Davanti alla sofferenza si misura il vero sviluppo dei nostri popoli". La mia concezione di sviluppo prevede che tutto è a disposizione di tutti, altrimenti non si può parlare di progresso ma solo di arricchimento per pochi.
Papa Franscesco ieri ha raccolto le poche forze che aveva per svolgere il suo servizio di pastore, benedire i fedeli e stare in mezzo a loro. Dire che è morto sul campo non è una esagerazione.
Mi spaventa molto l'influenza che possono avere la politica, l'economia e le persone che comandano. Il nuovo Pontefice deve essere distante da quelle sfere. Se vogliamo un mondo più equo, capace di ascoltare e migliorare, di creare aiuto reciproco, oltre al nostro impegno che possiamo dare alle nostre comunità, ci vuole una guida per la gente comune, non quella che ha già tutto e vuole ancora di più.
Mi fa schifo e non tollero una realtà che lascia indietro qualcuno mentre altri si arricchiscono. Nessuno è più importante di qualcun altro. Anzi, come diceva il Papa, siamo tutti uguali.
“Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”. Sono le parole passate alla storia che Francesco I aveva pronunciate il 27 marzo 2020 in una piazza San Pietro deserta e bagnata dalla pioggia. Non dimenticherò mai la forza di queste parole e di quelle immagini. Non deve farlo nessuno soprattutto i cardinali che dovranno eleggere il nuovo Pontefice. Altrimenti non solo quelle parole ma tutto il pontificato di papa Bergoglio sarà stato vano. Lui ha iniziato un percorso e bisogna portarlo avanti. A iniziare da noi.
100 anni di radio
La radio in Italia compie 100 anni! Il 6 ottobre 1924 venne trasmesso il primo annuncio in radio, con la voce di Ines Viviani Donarelli.
100 anni di storie, di vicende di cronaca, attualità, sport, musica, guerre, fatti storici.
Non so voi, io adoro la radio. Molto di più della televisione, di internet. Non ascolto molte stazioni radio. I giornali radio e le partite di calcio su Radio1, DeeJay Chiama Italia ogni mattina perché sa come tenere compagnia e allo stesso tempo affrontare argomenti delicati, ogni tanto qualche notizia di economia su Radio24, le partite del Lane a volte sulle radio locali anche se non mi piacciono chi le racconta.
La musica che mi piace su Radio Capital, Virgin, Marilù, perché solo queste fanno sentire buona musica anche se purtroppo resta sempre quella di 30 (mioddio!) anni fa, perché nel rock attuale si fa fatica a trovare qualcosa di nuovo e buono (mioddio #2!).
Ho delle immagini precise di ogni epoca che ho vissuto della radio.
Quando ero piccolo, a scuola il sabato mattina da una radio locale ascoltavamo la classifica delle scuole elementari che avevano consegnato più carta. Ci trovavamo tutti in atrio e non appena sentivamo il nome di quella nostra saltavamo per esultare perché eravamo sempre tra le prime.
Poi, le radioline alle orecchie degli uomini la domenica pomeriggio, mentre passeggiavano in compagnia delle mogli (loro un po' meno in compagnia) o appoggiata sul tavolo, sia a casa o al ristorante.
La radiolina la domenica non mancava mai, sintonizzata su Tutto il Calcio Minuto per Minuto con le voci leggendarie di Sandro Ciotti, Enrico Ameri, Massimo De Luca, Rino Icardi, Luigi Coppola, Alfredo Provenzali, Filippo Corsini, Giulio Delfino, Ezio Luzzi, Paolo Zauli, Riccardo Cucchi, Emanuele Dotto, Livio Forma, Tonino Raffa, Bruno Gentili, Nico Forletta che si alternavano tra un campo e l'altro.
Mio nonno Sandro era capace di ascoltare la cronaca delle partite di calcio alla radio e contemporaneamente vedere le gare di F1 in televisione, o la partita di tenni seduto sulla sua sedia in sala.
La radio mi ricorda le notti in camera con mia sorella Cristina durante le vacanze, al mare o in montagna, dormendo nella stessa stanza. Ascoltavamo una radio veneta dove gli ascoltatori chiamavano raccontando in piena libertà senza alcuna vergogna i fatti propri. Che risate!
La prima volta che ho ascoltato la radio da solo è stato durante un camp estivo di calcio, nel collegio di Paderno del Grappa. Avevo 13 anni e mi ero portato una piccola radiolina rossa con le cuffie. Lì ho conosciuto un programma divertente dalle 22 a mezzanotte su RTL 102.5, l'unica radio con la frequenza fissa in tutta Italia.
Quella stessa radiolina che poi mi ha fatto compagnia molte altre volte, in autobus andando a scuola o tornando da una gita a Venezia ascoltando la vittoria agli Europei di Calci della nazionale Under 21, che in quegli anni era la più forte di tutte.
Sempre alla radio ho seguito gli attentati a Firenze, Roma a Milano del 1993.
Andavo alle superiori vicino alla sede di una radio locale, Radio Star. Un giorno di sciopero con alcuni compagni di classe ci siamo andati in visita. Registravo le canzoni che mi piacevano nelle cassette, credo di essere arrivato ad averne oltre una dozzina.
Lo ammetto, alla radio ho ascoltato un paio di edizioni del Festival di San Remo. La ascoltavo di nascosto anche a scuola, sempre quella radiolina rossa, difficile resistere a DJ Chiama Italia.
A metà anni novanta sempre su Radio DeeJay c'era una bellissima trasmissione, Lunedìretta, con Paoletta e Marco Santin della Gialappa's Band. Nel periodo primaverile avevano iniziato i raduni in giro per le città e nell'ultimo anno alcune riuscivano a raccogliere centinaia di persone. E poi c'era Cordialmente con Linus e gli Elio e le Storie Tese. Quante risate.
Quando giocavo a calcio, la radio mi ha accompagnato anche nelle mie domeniche calcistiche, quelle passate ahimè in panchina. A volte di nascosto dall'allenatore che voleva ci concentratissimi sulla nostra partita, quando nemmeno quelli che ascoltavamo noi alla radio lo erano, perché a loro volta ascoltavano le partite degli avversari alla radio! E poi tornando a casa ascoltavamo le interviste post partita.
Durante il viaggio di nozze negli Stati Uniti, guidando tra S. Francisco e Phoenix, abbiamo scoperto la radio satellitare, con canali dedicati a un genere musicale o addirittura a un artista o un gruppo. Grandioso!
Se rivedo tutto il mio rapporto con la radio, oltre alla curiosità e alla fame di sapere, trovo un aspetto che nel corso del tempo non è mai cambiato, oltre a quello di informare: quello di tenere compagnia.
La televisione non si può spostare. Ci devi stare davanti oppure la vedi o la ascolti in cucina mentre sei impegnato/a a preparare da mangiare o stirare. Come mi ricordo faceva, e fa, mia mamma.
Invece la radio è un elettrodomestico anche a pile e si può portare dove si vuole, dove ci si trova. Si ascolta ovunque e a me fa sentire meno solo, la sua voce riempie una stanza e mi distrae dai miei pensieri.
Mi fa compagnia in macchina, andando e tornando a casa da lavoro. Mentre cucino, lavo piatti, faccio i lavori di casa, sono disteso sull'amaca, una volta anche tagliando l'erba.
Ascoltare la radio mi rilassa. Anche i programmi di approfondimento su Radio1, Radio Anch'io con Giorgio Zanchini la mattina e Zapping con Giancarlo Loquenzi di notte, preparando la macedonia.
La maggior parte delle radio trasmette sempre la solita musica di merda poi a me piace ascoltare le voci, capaci di raccontarti cosa succede senza le esagerazioni televisive. Avete mai ascoltato la radiocronaca di una partita di calcio di Francesco Rapice?
Sempre su Radio1 ci sono delle trasmissioni tra musica e storia davvero coinvolgenti.
Al contrario della tv, la radio è immaginazione. Non vedi ma senti, in modi diversi, cosa succede e quello che ti raccontano te lo devi immaginare.
La radio non cambia mai, a differenza delle televisione. Può cambiare la tecnologia: da un elettrodomestico a corrente o a pile trasportabile, adesso si ascolta con i telefoni, con i computer e fa concorrenza alla televisione nel suo stesso campo, attraverso lo schermo e i canali radio tv.
100 anni di trasmissioni radio. In tutto questo tempo ne sono successe e cambiate di cose. La costante è sempre stata la radio. W la radio.
S. Alessandro
Oggi è il mio onomastico. S. Alessandro.
Da qualche anno è sparito dal calendario (prendo sempre l'Almanacco Meteorognostico Vicentino, aka 'El Pojana') sostituito dai ss. Leonzio e Carpoforo.
Alessandro è stato un militare romano, comandante di una centuria.
Martirizzato a Bergamo al secondo tentativo perché si rifiutò di perseguire i cristiani disobbedendo all'ordine dell'imperatore Massimiano. Fino a qui mi ci riconosco, ci ho spesso rimesso per difendere qualcosa in cui credevo. Anche perdere la testa potrebbe essere la stessa fine, ma più in senso metaforico.
Per il resto direi che invece ci sarei lontano:
Protettore degli uomini si, ma soprattutto testimone della Fede, Alessandro è l'esempio alto di cristiano che ama il Vangelo e lo mette in pratica vivendolo.
Ricordo i 26 agosto della mia infanzia. Ci trovavamo a pranzo, o nel pomeriggio, a festeggiare gli Alessandro di famiglia. Oltre a me, mio nonno materno e un pro zio paterno. C'erano anche i miei nonni paterni, zii e cugini. Erano belle giornate e mi piacevano tantissimo, tanto quanto ora mi mancano quelle persone e quelle giornate.
Auguri a tutti gli Alessandro/a.