Non sono strade per motociclisti
Torno a scrivere nella Zona Verde dopo oltre un anno. Sarei tornato anche prima ma non pensavo che quello che avevo in testa potesse interessare ad altre persone così tanto da scrivelo. Così dopo i vari ripensamenti quella cosa in testa è svanita insieme al modo in cui volevo scriverla.
Ieri notte guardando le vecchie email ne ho trovata una del novembre 2013, un tentativo velleitario di concupire un responsabile di redazione di una rivista di moto che ora non c'è più (la rivista, lui sì e suona molto bene!). Era una mia riflessione sulla difficile vita che i motociclisti affrontano quotidianamente nella giungla urbana, tra pericoli che arrivano da ogni direzione: davanti, dietro, destra, sinitra e addirittura sotto se l'asfalto ha i tarli. Manca solo che gli caschi qualcosa dal cielo, ma non sono esclusi i rifiuti gettati dalle auto.
Comunque sia, ecco qui, leggermente rivisto, il pensiero che ho scritto 9 anni fa, "di ritorno a casa dopo il solito percorso casa-ufficio che mi ha visto illeso ancora una volta, nonostante i pericoli uscissero da tutti gli angoli. E' solo una mia considerazione di quanto siamo fortunati noi motociclisti, se nessuno ci cecchina prima!".
N.B.: già 9 anni, fa alle 7:30 di mattina, il termometro segnava 17 gradi, che non sarebbe strano se non fosse stato novembre!
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Questo autunno inoltrato è anomalo: scendo in garage alle 7 e mezza del mattino e la colonnina del mercurio ha (già) passato il livello dei 17 gradi. All’improvviso, sento il peso della membrana impermeabile e dell’imbottitura termica all’interno della giacca da moto. Però le previsioni del tempo per oggi mettono pioggia da giorni (le previsioni mettono sempre pioggia, per la legge dei grandi numeri prima o poi ci prendono). Porcamiseria, anche Nicolas Cage nei panni dell’astrofisico John Koestler nel film “Segnali dal futuro” metteva all’erta su temperature anomale in autunno. E si parlava di fine del mondo!
Ma quello era un film, era finzione. E questi 17 gradi e passa sono realtà e non c’è da interpretare alcun codice che prevede disastri . L’unico disastro semmai è da affrontare ogni giorno: il traffico urbano che ci mette in difficoltà quotidiana in sella alla moto, perché anche in una città di provincia circolare in moto diventa una specie di video game dove i motociclisti hanno il compito di schivare i numerosi e vari pericoli che si incontrano per strada. Un Hunger Game urbano, e vedi mai che qualcuno ad Hollywood non copi l’idea, dove moderni centauri devono lottare per la sopravvivenza in un tutti contro tutti insieme ad automobilisti, ciclisti, pedoni con tanto di sorprese che affiorano dall’asfalto.
Le auto che sbucano da vie laterali immettendosi in strada con irritante lentezza, che frenano all’improvviso senza motivo, che cambiano corsia senza mettere la freccia oppure con la freccia in funzione proseguono per la medesima direzione traendo tutti in inganno. E poi ci sono le rotatorie, vorticose trappole urbane, una roulette da affrontare facendosi un preventivo segno della croce sperando di non venire cecchinati da auto che si buttano a tutta velocità dietro alla scusa “mi sono immesso per primo e faccio quello che voglio” oppure, vedendo arrivare lo strato sottile di una moto, pensano di avere più spazio nella carreggiata, e allora dentro anche loro!
Altri nemici ai quale fare estrema attenzione sono le corriere e gli autobus, che sfruttano la loro mole
pachidermica per occupare la strada indifferenti dell’altrui presenza, che sia a quattro o due ruote. A loro si deve dare spazio, perché l’alternativa è che se lo prendano senza chiedere.
Altre variabili imprevedibili sono i ciclisti: grazie alla scusa ecologica si arrogano mille diritti, come quello di occupare il manto stradale quando il comune ha messo a loro completa disposizione (con i soldi pubblici, quindi anche i loro) una ampia, protetta, sicura pista ciclabile ben delimitata, oppure te li trovi davanti all’improvviso sbucandoti dalle spalle o attraversando le strisce pedonali senza preavviso, insieme ai pedoni. Questi ultimi sono altrettanto pericolosi, specie se hanno una carrozzina: affrontano la strada come se non la avessero e incuranti di avere un oggetto piuttosto invadente tra le mani, espongono al pericolo stradale prima il passeggino e poi guardano se possono attraversare, quando guardano! Facessero il contrario, il numero delle angina pectoris sarebbe in calo verticale.
La giungla urbana cela le sorprese più subdole nel basso, proprio nell’asfalto che percorriamo ogni giorno: la stabilità e le abilità dei motociclisti infatti vengono messe alla prova da buche (o veri e propri crateri se piove per due giorni di fila) in mezzo alla strada, dagli scalini delle rotatorie, dai dossi dissuasori di velocità che sono un ostacolo anche per le auto, dalle strisce colorate che sono un vero e proprio scivolo per le due ruote.
Per non parlare dei lavori stradali, vere e proprie ghigliottine: non capisco perché quando si rifà l’asfalto, le strade non sono allo stesso livello del manto precedente col risultato di dover schivare anche angoli concavi, oltre a quelli convessi! E sono sempre di più le strade che assomigliano a dalmata.
Alla fine i lavori stradali non tengono in considerazione i motociclisti: una riasfaltatura fuori livello è già un pericolo per le automobili, figuriamoci per la moto, la cui stabilità conta su due ruote in meno. Poi siete mai passati con la moto su una strada con l'asfalto grattato, prima della riasfaltatura? Una prova di equilibrismo e bestemmie.
Lo sappiamo, per ogni moto circolano 10 auto. Ma se guardiamo bene, dentro ogni abitacolo, c’è un solo automobilista. Se circolassero due persone per auto, si dimezzarebbero i mezzi in circolazione. Invece si preferisce la solitudine all’interno della propria scatola di lamiera. Anche noi motociclisti siamo soli, ma è un uno contro uno impari: loro protetti dentro scatole sempre più grandi e sicure, noi in sella esposti all’aria e ai pericoli. Come i ciclisti e i pedoni anche i motociclisti devono prestare più attenzione. Perché alla fine tutta la disquisizione è una questione di rispetto: del codice della strada, degli altri e anche per sè stessi.
Prima si parlava di video game. Ma qui invece si parla di realtà, dove non ci sono crediti o monete da inserire né trucchi per rendere le cose più facili. E alle volte finzione e realtà finiscono per fondersi. Il pericolo è quello di vedere nei cataloghi dei vari customizzatori dei cannoni al plasma, altro che filtri conici idrorepellenti e nuove centraline elettroniche, in barba alle prestazioni. Così sì che l’Hunger Game sarebbe completo.
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