Qualcosa di sbagliato
Ho appena terminato un periodo di prova di due settimane scarse in una azienda che vende ricambi per auto. In tutto ho fatto 9 pomeriggi, 36 ore, pagate con i voucher.
Il mio compito era quello di scrivere i testi (la passione per la scrittura era un requisito richiesto fondamentale) per email di vendita (Gesù! Eccome se ha bisogno di qualcuno che sappia scrivere...) e schede prodotto.
Un ruolo destinato ad ampliarsi in vista del rinnovo del sito e con la conseguente gestione dei social media e magari con altri progetti, nell'ambito automobilistico che mi piace molto. Oh, figata (cit.).
Al secondo giorno uno dei due titolari mi chiede se ho iniziato a scrivere le prime email di vendita (ipertensione). Mescolando una certa sorpresa ad un filo di irritazione ho fatto presente che stavo ancora facendo la conoscenza dei prodotti. Come faccio a scrivere qualcosa su prodotti e su un mercato che conosco poco? Ho notato una malcelata irritazione nella risposta, così ho sviato accennando ad un piano editoriale ricevendo in cambio sguardi perplessi.
Ho cambiato parole così ho abbozzato ad un programma di invio per capire le loro intenzioni e dopo un attimo di silenzio ho capito la filosofia: chi se ne frega del piano di invio o del programma editoriale, scriviamo più e-mail possibile e vediamo quante spedirne ogni giorno e a chi.
Vale bene ricordarlo, all'ombra dei Berici come degli Euganei il verbo è sempre quello: "fatturare" (spero conoscano anche il sostantivo "margine", ma da quel poco che ho intra-visto per fortuna loro mi sembra di sì).
Questa azienda non è un rivenditore ufficiale di qualche marchio in particolare. Non c'è un catalogo di prodotti come molti (tutti?) distributori, si limitano a far riferimento ad alcuni grandi distributori spersi tra Germania e Stati Uniti.
Quindi se qualche cliente chiede il costo di qualcosa, procedono con la ricerca del materiale disponibile al prezzo migliore (e spero con il margine più alto, ma chi se ne fraga sono affari loro) e con il tempo di consegna più rapido.
Di qui la mia domanda (si vedrà che era anche piuttosto retorica) è nata più che spontanea: "Prima di scrivere il testo di una newsletter, è il caso o no di sapere se il materiale è disponibile?". La risposta non fu mai stata più banale: "Intanto tu scrivi". Che mona che sono!
Lavorando part-time non ho avuto molto tempo a disposizione ma ho cercato di velocizzare i tempi, non potevo fare altro a discapito della qualità del lavoro (per la quale non pare fregare una Madonna agli illuminati imprenditori, tanto meno quando i schei arrivano lo stesso).
Un pomeriggio ho ricevuto una e-mail da uno dei due: non so quante e-mail mi ha inoltrato relative e tecniche di scrittura persuasiva (lezioni di copywriting per diventare un venditore di successo) e 43 file allegati contenenti circa le stesse invincibili tecniche.
Ho letto qualcosa, per togliermi la curiosità (e anche per capire di più la persona con la quale ho a che fare) ma non ci ho trovato più di un certo buon senso e diverse parole dal persistente retrogusto demagogico. Cioè molto fumo soffiato negli occhi da chi presenta quello che fa come un lavoro senza dimostrare alcun successo materiale nella sua carriera.
Non proprio una ottima premessa, dal momento che detesto queste persone e faccio fatica a capire (eufemismo) quelle che le seguono.
Questa settimana mi hanno presentato il programma per pubblicare le newsletter, con la medesima fretta con la quale si autocelebrano.
Qualche appunto al volo l'ho preso ma come ogni cosa simile si impara presto a utilizzare.
Senza sapere granché di tecnico su cerchi e scarichi (e cosa vuoi sapere di una forma geometrica o su un tubo da mettere sotto una macchina?) scrivo di getto le prima stronzate che mi vengono in mente.
Prima però ho dato un'occhiata alle precedenti e-mail di vendita (irritazione) che erano state impostate: forse in una delle lezioni dei demagoghi di prima veniva suggerito un approccio diretto ed amichevole, stile "Ciao, sono Gino della Gino srl e oggi voglio parlarti di....".
Allora io ho scritto le prime stronzate che mi venivano in mente evitando introduzioni stile "Ciao, sono Toni dell'azienda Menego srl", dal momento che chi riceve le e-mail sa benissimo chi le invia e non penso freghi il nome della persona (ricevo solo newsletter al mio indirizzo e-mail e nessuna mi da del tu presentandosi, nemmeno i più easy e cool Aussie). Piuttosto, punto su un titolo esplicito ed accattivante.
Ne pubblico due al giorno, dovendo cercare le informazioni per conto mio in giro sul web (gli altri sono tutti al telefono o quando chiedo non sanno): un cerchio in alluminio è più leggero quindi presumo che qualche effetto sul rapporto prestazioni/consumi ce lo possa avere no!?
Un nuovo scarico come può influire sulle dinamiche sportive di un motore V6 da 300 CV? Nessuno li dentro che sapeva darmi una risposta certa. Qualcosa so, qualcosa trovo. Friggo un po' d'aria e confeziono il prodotto. Alla fine chi compra non gliene frega un cazzo di aver 3 cavalli in più sotto al culo e di metterci 8 centesimi di secondo in meno per fare 0-100. Gli frega solo del casino che fa quel tubo sotto la macchina. O di far vedere agli amici un cerchio tamarro.
Morale della storia (o del periodo di prova)? Oggi saluto con un "Ci vediamo domani" e uno dei capi mi accompagna fuori, mi consegna i voucher (grazie governo!) e mi dice di non venire domani perché inizia in prova un altro ragazzo (oh, potrai saperne a pacchi, ma tante care cose!) e che ci risentiremo più avanti.
All'inizio tentenno, poi la curiosità ed il diritto di saperne di più prevalgono e gli chiedo se c'è qualche problema, qualcosa che non andava.
Mi ha accennato a qualche inesattezza tecnica, uno stile di scrittura forse non corretto, poca conoscenza dell'argomento, poche email di vendita (brividi) scritte, 4 in due settimane, "tanto sono tutte copia e incolla l'una con l'altra".
Gli ho risposto solo per le poche email di vendita (avrò gli incubi) scritte: ne ho scritte 4 in 8 ore, non in due settimane.
Per il resto, le mie riflessioni le ho fatte lungo la strada del ritorno, condite dalla mia solita arroganza.
Le inesattezze tecniche penso ci fossero, ma quando ho avuto dubbi ho chiesto e non ho ricevuto risposte, quando c'erano persone disponibili a rispondermi. Se le hanno notate, potevano dirmelo che insieme si correggeva per evitarle le prossime volte.
Lo stile di scrittura è il mio. Può chiamarsi storytelling come fa figo riempirsi la bocca al momento come può essere descrivere una esigenza in particolare. Non mi metto a scrivere come dice uno con il nome straniero ed il cognome meridionale (nulla in contrario con i miei amici terroni, ciao a tutti!). Se non ti va bene come scrivo e se si tratta di copiare e incollare, scrivitele te quelle cazzo di email di vendita! Si chiamano newsletter, comunque!
Per la poca conoscenza dell'argomento, ho imparato quello che potevo imparare in 9 mezze giornate.
Detesto quelle persone che assumo dipendenti per fargli fare quello che vogliono loro.
Ancora di più quelle che criticano un lavoro che non conoscono nemmeno.
Peggio ancora quelli che ti criticano senza spiegarti cosa - secondo loro - non va. Sono nella stanza accanto, puoi venirmelo a dire con tranquillità, ne parliamo mica ti accoltello!
Vabbhè, da domani torno ad avere ancora un po' di tempo libero. Ed a sentirmi inetto.
Anzi no, a concentrarmi su me stesso.
Come diceva Steve Jobs: "it doesn’t make sense to hire smart people and tell them what to do; we hire smart people so they can tell us what to do". Ma lui partiva dal presupposto di assumere persone brillanti....
Eppure, alla fine di questa ennemisa esperienza, mi chiedo cosa ho sbagliato. Frasi, toni di parole, atteggiamenti, tempi sbagliati?
Mica posso beccarli sempre io gli imprenditori coglioni ignoranti che assumono pesone senza sapere cosa devono fare ma solo perché un falso anglo-anglo italiano ha detto che si vende fisso con quell'attività e pretendendo tutto all'istante.
Cosa stracazzo c'è di sbagliato in me?
Il mio compito era quello di scrivere i testi (la passione per la scrittura era un requisito richiesto fondamentale) per email di vendita (Gesù! Eccome se ha bisogno di qualcuno che sappia scrivere...) e schede prodotto.
Un ruolo destinato ad ampliarsi in vista del rinnovo del sito e con la conseguente gestione dei social media e magari con altri progetti, nell'ambito automobilistico che mi piace molto. Oh, figata (cit.).
Al secondo giorno uno dei due titolari mi chiede se ho iniziato a scrivere le prime email di vendita (ipertensione). Mescolando una certa sorpresa ad un filo di irritazione ho fatto presente che stavo ancora facendo la conoscenza dei prodotti. Come faccio a scrivere qualcosa su prodotti e su un mercato che conosco poco? Ho notato una malcelata irritazione nella risposta, così ho sviato accennando ad un piano editoriale ricevendo in cambio sguardi perplessi.
Ho cambiato parole così ho abbozzato ad un programma di invio per capire le loro intenzioni e dopo un attimo di silenzio ho capito la filosofia: chi se ne frega del piano di invio o del programma editoriale, scriviamo più e-mail possibile e vediamo quante spedirne ogni giorno e a chi.
Vale bene ricordarlo, all'ombra dei Berici come degli Euganei il verbo è sempre quello: "fatturare" (spero conoscano anche il sostantivo "margine", ma da quel poco che ho intra-visto per fortuna loro mi sembra di sì).
Questa azienda non è un rivenditore ufficiale di qualche marchio in particolare. Non c'è un catalogo di prodotti come molti (tutti?) distributori, si limitano a far riferimento ad alcuni grandi distributori spersi tra Germania e Stati Uniti.
Quindi se qualche cliente chiede il costo di qualcosa, procedono con la ricerca del materiale disponibile al prezzo migliore (e spero con il margine più alto, ma chi se ne fraga sono affari loro) e con il tempo di consegna più rapido.
Di qui la mia domanda (si vedrà che era anche piuttosto retorica) è nata più che spontanea: "Prima di scrivere il testo di una newsletter, è il caso o no di sapere se il materiale è disponibile?". La risposta non fu mai stata più banale: "Intanto tu scrivi". Che mona che sono!
Lavorando part-time non ho avuto molto tempo a disposizione ma ho cercato di velocizzare i tempi, non potevo fare altro a discapito della qualità del lavoro (per la quale non pare fregare una Madonna agli illuminati imprenditori, tanto meno quando i schei arrivano lo stesso).
Un pomeriggio ho ricevuto una e-mail da uno dei due: non so quante e-mail mi ha inoltrato relative e tecniche di scrittura persuasiva (lezioni di copywriting per diventare un venditore di successo) e 43 file allegati contenenti circa le stesse invincibili tecniche.
Ho letto qualcosa, per togliermi la curiosità (e anche per capire di più la persona con la quale ho a che fare) ma non ci ho trovato più di un certo buon senso e diverse parole dal persistente retrogusto demagogico. Cioè molto fumo soffiato negli occhi da chi presenta quello che fa come un lavoro senza dimostrare alcun successo materiale nella sua carriera.
Non proprio una ottima premessa, dal momento che detesto queste persone e faccio fatica a capire (eufemismo) quelle che le seguono.
Questa settimana mi hanno presentato il programma per pubblicare le newsletter, con la medesima fretta con la quale si autocelebrano.
Qualche appunto al volo l'ho preso ma come ogni cosa simile si impara presto a utilizzare.
Senza sapere granché di tecnico su cerchi e scarichi (e cosa vuoi sapere di una forma geometrica o su un tubo da mettere sotto una macchina?) scrivo di getto le prima stronzate che mi vengono in mente.
Prima però ho dato un'occhiata alle precedenti e-mail di vendita (irritazione) che erano state impostate: forse in una delle lezioni dei demagoghi di prima veniva suggerito un approccio diretto ed amichevole, stile "Ciao, sono Gino della Gino srl e oggi voglio parlarti di....".
Allora io ho scritto le prime stronzate che mi venivano in mente evitando introduzioni stile "Ciao, sono Toni dell'azienda Menego srl", dal momento che chi riceve le e-mail sa benissimo chi le invia e non penso freghi il nome della persona (ricevo solo newsletter al mio indirizzo e-mail e nessuna mi da del tu presentandosi, nemmeno i più easy e cool Aussie). Piuttosto, punto su un titolo esplicito ed accattivante.
Ne pubblico due al giorno, dovendo cercare le informazioni per conto mio in giro sul web (gli altri sono tutti al telefono o quando chiedo non sanno): un cerchio in alluminio è più leggero quindi presumo che qualche effetto sul rapporto prestazioni/consumi ce lo possa avere no!?
Un nuovo scarico come può influire sulle dinamiche sportive di un motore V6 da 300 CV? Nessuno li dentro che sapeva darmi una risposta certa. Qualcosa so, qualcosa trovo. Friggo un po' d'aria e confeziono il prodotto. Alla fine chi compra non gliene frega un cazzo di aver 3 cavalli in più sotto al culo e di metterci 8 centesimi di secondo in meno per fare 0-100. Gli frega solo del casino che fa quel tubo sotto la macchina. O di far vedere agli amici un cerchio tamarro.
Morale della storia (o del periodo di prova)? Oggi saluto con un "Ci vediamo domani" e uno dei capi mi accompagna fuori, mi consegna i voucher (grazie governo!) e mi dice di non venire domani perché inizia in prova un altro ragazzo (oh, potrai saperne a pacchi, ma tante care cose!) e che ci risentiremo più avanti.
All'inizio tentenno, poi la curiosità ed il diritto di saperne di più prevalgono e gli chiedo se c'è qualche problema, qualcosa che non andava.
Mi ha accennato a qualche inesattezza tecnica, uno stile di scrittura forse non corretto, poca conoscenza dell'argomento, poche email di vendita (brividi) scritte, 4 in due settimane, "tanto sono tutte copia e incolla l'una con l'altra".
Gli ho risposto solo per le poche email di vendita (avrò gli incubi) scritte: ne ho scritte 4 in 8 ore, non in due settimane.
Per il resto, le mie riflessioni le ho fatte lungo la strada del ritorno, condite dalla mia solita arroganza.
Le inesattezze tecniche penso ci fossero, ma quando ho avuto dubbi ho chiesto e non ho ricevuto risposte, quando c'erano persone disponibili a rispondermi. Se le hanno notate, potevano dirmelo che insieme si correggeva per evitarle le prossime volte.
Lo stile di scrittura è il mio. Può chiamarsi storytelling come fa figo riempirsi la bocca al momento come può essere descrivere una esigenza in particolare. Non mi metto a scrivere come dice uno con il nome straniero ed il cognome meridionale (nulla in contrario con i miei amici terroni, ciao a tutti!). Se non ti va bene come scrivo e se si tratta di copiare e incollare, scrivitele te quelle cazzo di email di vendita! Si chiamano newsletter, comunque!
Per la poca conoscenza dell'argomento, ho imparato quello che potevo imparare in 9 mezze giornate.
Detesto quelle persone che assumo dipendenti per fargli fare quello che vogliono loro.
Ancora di più quelle che criticano un lavoro che non conoscono nemmeno.
Peggio ancora quelli che ti criticano senza spiegarti cosa - secondo loro - non va. Sono nella stanza accanto, puoi venirmelo a dire con tranquillità, ne parliamo mica ti accoltello!
Vabbhè, da domani torno ad avere ancora un po' di tempo libero. Ed a sentirmi inetto.
Anzi no, a concentrarmi su me stesso.
Come diceva Steve Jobs: "it doesn’t make sense to hire smart people and tell them what to do; we hire smart people so they can tell us what to do". Ma lui partiva dal presupposto di assumere persone brillanti....
Eppure, alla fine di questa ennemisa esperienza, mi chiedo cosa ho sbagliato. Frasi, toni di parole, atteggiamenti, tempi sbagliati?
Mica posso beccarli sempre io gli imprenditori coglioni ignoranti che assumono pesone senza sapere cosa devono fare ma solo perché un falso anglo-anglo italiano ha detto che si vende fisso con quell'attività e pretendendo tutto all'istante.
Cosa stracazzo c'è di sbagliato in me?
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