Piero
Vi-Nord - Cittadella, campionato allievi regionali 1993-1994.
Siamo sotto di 1 ma a metà primo tempo Piero, mio compagno di squadra e uno degli attaccanti più forti coi quali ho avuto la fortuna di giocare, si inventa una giocata sulla destra e mette in mezzo alla porta (sì, proprio in mezzo alla porta) il pallone. Li ci sono io, non so perché ma sono solo nel deserto dell'area piccola e con un tocco di testa, staccando appena i piedi dall'erba umida di una mattina d'inizio ottobre, la metto dentro. Ha fatto tutto Piero, io mi sono solo trovato al posto giusto al momento giusto.
E pensare che ho rischiato di vedere quella partita dalla tribuna, se non fosse stato per l'aiuto di un altro Piero, il dirigente del Vi-Nord, la squadra per la quale giocavo quella stagione.
Infatti, appena arrivato al campo mi resi conto di aver dimenticato a casa il documento di identità, dalla Federazione non era ancora arrivato il tesserino nonostante fosse già ottobre e quindi non potevo giocare. Con un certo imbarazzo lo dissi subito a Piero: dagli occhi sopra quei baffi irti prima partì un fulmine e subito dopo uno sguardo di comprensione. Mi disse di non preoccuparmi e di fare riscaldamento. Mamma e papà sarebbero venuti a vedermi come sempre ma sarebbero arrivati troppo tardi per inserire il mio documento nella lista dei giocatori, così Piero partì verso casa mia a recuperare il documento. E grazie a lui potei giocare. E segnare.
La partita finì 1-1 e subito dopo andai ad abbracciare e ringraziare entrambi i Piero.
Piero giocatore l'ho rivisto una dozzina di anni fa, faceva il muratore ed era un armadio ma ha sempre avuto la fissa del fisico scolpito. Mi diceva che ogni sera facevo 100 addominali.
Purtroppo, ieri sera Piero il dirigente ha salutato tutti col mazzo di carte in mano, in mezzo agli amici dove gli piaceva stare.
Uno dei ricordi più belli dei miei trascorsi (scrivere carriera mi sembra eccessivo) calcistici è legato a lui, a Piero Rasotto.
Successe una sera di giugno del 1993. Andrea Molari, l'allenatore della squadra dove giocai la stagione precedente, l'US Altair, cambia squadra e mi vuole in quella nuova, il Vi-Nord.
Una sera si presenta a casa mia insieme ad un dirigente che, guarda caso, i miei genitori conosco bene perché lui conosce mio nonno materno.
Se ci penso adesso a distanza di quasi 23 anni, mi viene da ridere perché allora ero un ragazzino di 15 anni e quella sera mi sembrò di essere al centro di una trattativa di mercato nemmeno tanto semplice: infatti l'accordo tra me e la mia futura società fu rapido, un po' meno tra i due club. Io non ero pratico delle cose, l'allenatore e il dirigente forse volevano percorrere la via più breve e meno corretta (ma legale!) e quindi la mia ormai ex società si trovò davanti al fatto compiuto (ma se un ragazzo vuole cambiare società deve essere libero di farlo senza rotture di scatole e richieste di soldi!).
Comunque sia, accettai molto volentieri, non solo perché avrei disputato un competitivo campionato regionale, nella categoria allievi e perché conoscevo l'allenatore, avevo una buona opinione di lui e mi faceva giocare dove mi piaceva, cioè alto in fascia (con il nr. 9, che figo!) e solo quando serviva mi faceva scendere sulla linea difensiva.
Accettai la proposta anche perché quella sera venni colpito dall'entusiasmo di quel dirigente, dalla sua voce decisa, bassa e roca da fumatore e dal suo sguardo sincero ed entusiasta sopra i baffi. E quando rideva gli occhi gli si illuminavano divertiti.
Quel signore, Piero, in qualche modo cambiò i miei trascorsi calcistici, tanto che qualche anno dopo lo ricontattai per tornare nella società dov'era dirigente. Ci rimase ancora per poco, perché anche il calcio dilettantistico è davvero malato, messo peggio dei polmoni da fumatore di Piero e lui era davvero un gran signore ed il calcio non meritava il suo tempo.
A dirmi che Piero non c'è più è stato Davide, il portiere di quella splendida irripetibile squadra di giovanotti.
La settimana prima di quella partita contro il Cittadella era mancata mia nonna materna e il gol fu per lei. Ma anche Piero, il dirigente, se ne era meritato un gran pezzo, perché senza di lui non mi sarei nemmeno cambiato.
Ciao Piero, grazie per tutto quello che hai fatto. Il calcio di adesso avrebbe bisogno di una persona come te per migliorare.
Quando incontri Jury, salutamelo tanto!
Siamo sotto di 1 ma a metà primo tempo Piero, mio compagno di squadra e uno degli attaccanti più forti coi quali ho avuto la fortuna di giocare, si inventa una giocata sulla destra e mette in mezzo alla porta (sì, proprio in mezzo alla porta) il pallone. Li ci sono io, non so perché ma sono solo nel deserto dell'area piccola e con un tocco di testa, staccando appena i piedi dall'erba umida di una mattina d'inizio ottobre, la metto dentro. Ha fatto tutto Piero, io mi sono solo trovato al posto giusto al momento giusto.
E pensare che ho rischiato di vedere quella partita dalla tribuna, se non fosse stato per l'aiuto di un altro Piero, il dirigente del Vi-Nord, la squadra per la quale giocavo quella stagione.
Infatti, appena arrivato al campo mi resi conto di aver dimenticato a casa il documento di identità, dalla Federazione non era ancora arrivato il tesserino nonostante fosse già ottobre e quindi non potevo giocare. Con un certo imbarazzo lo dissi subito a Piero: dagli occhi sopra quei baffi irti prima partì un fulmine e subito dopo uno sguardo di comprensione. Mi disse di non preoccuparmi e di fare riscaldamento. Mamma e papà sarebbero venuti a vedermi come sempre ma sarebbero arrivati troppo tardi per inserire il mio documento nella lista dei giocatori, così Piero partì verso casa mia a recuperare il documento. E grazie a lui potei giocare. E segnare.
La partita finì 1-1 e subito dopo andai ad abbracciare e ringraziare entrambi i Piero.
Piero giocatore l'ho rivisto una dozzina di anni fa, faceva il muratore ed era un armadio ma ha sempre avuto la fissa del fisico scolpito. Mi diceva che ogni sera facevo 100 addominali.
Purtroppo, ieri sera Piero il dirigente ha salutato tutti col mazzo di carte in mano, in mezzo agli amici dove gli piaceva stare.
Uno dei ricordi più belli dei miei trascorsi (scrivere carriera mi sembra eccessivo) calcistici è legato a lui, a Piero Rasotto.
Successe una sera di giugno del 1993. Andrea Molari, l'allenatore della squadra dove giocai la stagione precedente, l'US Altair, cambia squadra e mi vuole in quella nuova, il Vi-Nord.
Una sera si presenta a casa mia insieme ad un dirigente che, guarda caso, i miei genitori conosco bene perché lui conosce mio nonno materno.
Se ci penso adesso a distanza di quasi 23 anni, mi viene da ridere perché allora ero un ragazzino di 15 anni e quella sera mi sembrò di essere al centro di una trattativa di mercato nemmeno tanto semplice: infatti l'accordo tra me e la mia futura società fu rapido, un po' meno tra i due club. Io non ero pratico delle cose, l'allenatore e il dirigente forse volevano percorrere la via più breve e meno corretta (ma legale!) e quindi la mia ormai ex società si trovò davanti al fatto compiuto (ma se un ragazzo vuole cambiare società deve essere libero di farlo senza rotture di scatole e richieste di soldi!).
Comunque sia, accettai molto volentieri, non solo perché avrei disputato un competitivo campionato regionale, nella categoria allievi e perché conoscevo l'allenatore, avevo una buona opinione di lui e mi faceva giocare dove mi piaceva, cioè alto in fascia (con il nr. 9, che figo!) e solo quando serviva mi faceva scendere sulla linea difensiva.
Accettai la proposta anche perché quella sera venni colpito dall'entusiasmo di quel dirigente, dalla sua voce decisa, bassa e roca da fumatore e dal suo sguardo sincero ed entusiasta sopra i baffi. E quando rideva gli occhi gli si illuminavano divertiti.
Quel signore, Piero, in qualche modo cambiò i miei trascorsi calcistici, tanto che qualche anno dopo lo ricontattai per tornare nella società dov'era dirigente. Ci rimase ancora per poco, perché anche il calcio dilettantistico è davvero malato, messo peggio dei polmoni da fumatore di Piero e lui era davvero un gran signore ed il calcio non meritava il suo tempo.
A dirmi che Piero non c'è più è stato Davide, il portiere di quella splendida irripetibile squadra di giovanotti.
La settimana prima di quella partita contro il Cittadella era mancata mia nonna materna e il gol fu per lei. Ma anche Piero, il dirigente, se ne era meritato un gran pezzo, perché senza di lui non mi sarei nemmeno cambiato.
Ciao Piero, grazie per tutto quello che hai fatto. Il calcio di adesso avrebbe bisogno di una persona come te per migliorare.
Quando incontri Jury, salutamelo tanto!
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