Opposti
Antitesi. Antipodi.
Uno all’opposto dell’altro.
Qualche giorno fa ho potuto conoscere uno dei due estremi , impersonificato da una ragazza. Quell’altro estremo lo conosco bene, perché è il posto in cui vivo.
A pensarci bene, questa ragazza vive davvero all’estremo opposto. Dell’Oceano Atlantico. E forse tutta la questione dipende proprio da questo.
Infatti, è andata a vivere nell’altra sponda dell’Atlantico e nel giro di poco tempo, ancora con una laurea in cantiere ma ormai prossima, è riuscita a trovare un posto di lavoro come responsabile marketing e comunicazione.
Di un negozio di generi alimentari.
Già.
Intendiamoci, non è la traduzione yankee del nostro casolino, bisogna fare le dovute proporzioni con le dimensioni USA, dove tutto è più grande. Anche un casolino. Non solo nel senso materiale del termine, ma anche in quello figurato. Che è difficile da immaginare e anche da descrivere, ma loro ce la fanno comunque. È un negozio che importa alimentari tipici, da Italia e Spagna in modo particolare. E oltre al suo core business come si suol dire questo ‘negozietto’ affianca l’organizzazione di eventi come per esempio corsi cucina (una cosa che i nostri casolini di qualità dovrebbero segnarsi) o giornate benefiche a favore di enti di volontariato, in un’ottica di espansione. E la ragazza italiana gestisce queste attività.
Adesso sfido chiunque dei miei 3 lettori a scendere dal casolino sotto casa e convincerlo a fare lo stesso e ad assumerlo per gestire eventi, sito web, social network e comunicazione varia per aumentare il proprio giro di affari. Come minimo, quel prosciutto potrebbe essere impugnato come una clava (o racchettone vista la forma)!
Per definizione all’estremo opposto tutte le cose sono completamente diverse: la figura in questione è marginale e l’ottica è quella di conservazione e di mantenimento (del possesso) del capannone. Ci sono pochi imprenditori che pensano di assumere una persona (e di spendere i propri soldi) che segua le attività di marketing per lo sviluppo delle vendite e del brand.
Basta dare un occhio nemmeno tanto approfondito agli annunci di lavoro riguardanti questa professione: se non offrono stage trattano impieghi a tempo determinato anche di tre mesi. Spesso questa funzione viene confusa con quella dei grafici e così è facile leggere annunci del seguente tipo:
Titolo: addetto marketing e comunicazione
Mansoni: realizzazione grafica ed impaginazione brochure
Profilo: (meglio se) neolaureati esperti ma in età di apprendistato e (ancora meglio) disposti a essere pagati 1 mese no e l’altro forse.
Ad un estremo, una persona che si occupa di marketing e comunicazione per migliorare sia le vendite che la propria immagine è considerata come una risorsa importante. Quasi fondamentale. E soprattutto è una risorsa. All’altro estremo la stessa figura ha una considerazione marginale. E soprattutto, è un costo. Posso capire che spendere 100 per pagare una persona 60 sia ai limiti della logica imprenditoriale. Ma una azienda moderna se vuole espandersi non può fare a meno delle attività di marketing, che non si limitano ad una costosissima pagina pubblicitaria che passa inosservata su una rivista di settore.
Il verbo, almeno qui a Vicenza/Veneto, è vendere (e produrre è lo Spirito Santo). A chi non si sa bene. E comunicare invece è visto come un’eresia, perché il successo di una azienda non passa (solo) da li.
Ho incontrato due tipi di imprenditori, al momento, accomunati dalla consapevolezza che “dovremmo farlo anche noi” (cosa???) mentre le ragioni per le quali non lo fanno sono distinte: per uno “purtroppo non abbiamo il tempo per seguire questa attività” mentre per l’altro “purtroppo costa troppo una persona che segua solo (!) questo”. C’è l’imprenditore deus ex machina factotum che si occupa di tutte le funzioni della sua azienda e guai ad affidarle a qualcun altro, semmai ai figli lasciano qualche post su Facebook o qualche tweet prima di cedergli il comando della baracca. E c’è l’imprenditore che ha paura di fare un passo troppo lungo, quello che crede che l’investimento è solo una spesa e non porta un ritorno, come se volesse misurare tutto quello che fa. Così si preferisce rimanere fermi. L’unica attività extra imprenditoriale è quella di lamentarsi del governo ladro, di minacciare di spostare l’azienda all’estero o di chiuderla che tanto è lo stesso.
Mentre dall’altra parte appare tutto più facile, più semplice e forse anche per questo esiste l’American Dream. Due estremi opposti di vedere il business, di pensare e di agire.
Non riesco a decidere chi dei due sia esagerato. Due modi di gestire la propria attività imprenditoriale.
Poi leggo che il web crea nuove opportunità. Vero, perché sono articoli scritti da siti stranieri. Forse lo impareremo anche noi, tra qualche decennio.
Uno all’opposto dell’altro.
Qualche giorno fa ho potuto conoscere uno dei due estremi , impersonificato da una ragazza. Quell’altro estremo lo conosco bene, perché è il posto in cui vivo.
A pensarci bene, questa ragazza vive davvero all’estremo opposto. Dell’Oceano Atlantico. E forse tutta la questione dipende proprio da questo.
Infatti, è andata a vivere nell’altra sponda dell’Atlantico e nel giro di poco tempo, ancora con una laurea in cantiere ma ormai prossima, è riuscita a trovare un posto di lavoro come responsabile marketing e comunicazione.
Di un negozio di generi alimentari.
Già.
Intendiamoci, non è la traduzione yankee del nostro casolino, bisogna fare le dovute proporzioni con le dimensioni USA, dove tutto è più grande. Anche un casolino. Non solo nel senso materiale del termine, ma anche in quello figurato. Che è difficile da immaginare e anche da descrivere, ma loro ce la fanno comunque. È un negozio che importa alimentari tipici, da Italia e Spagna in modo particolare. E oltre al suo core business come si suol dire questo ‘negozietto’ affianca l’organizzazione di eventi come per esempio corsi cucina (una cosa che i nostri casolini di qualità dovrebbero segnarsi) o giornate benefiche a favore di enti di volontariato, in un’ottica di espansione. E la ragazza italiana gestisce queste attività.
Adesso sfido chiunque dei miei 3 lettori a scendere dal casolino sotto casa e convincerlo a fare lo stesso e ad assumerlo per gestire eventi, sito web, social network e comunicazione varia per aumentare il proprio giro di affari. Come minimo, quel prosciutto potrebbe essere impugnato come una clava (o racchettone vista la forma)!
Per definizione all’estremo opposto tutte le cose sono completamente diverse: la figura in questione è marginale e l’ottica è quella di conservazione e di mantenimento (del possesso) del capannone. Ci sono pochi imprenditori che pensano di assumere una persona (e di spendere i propri soldi) che segua le attività di marketing per lo sviluppo delle vendite e del brand.
Basta dare un occhio nemmeno tanto approfondito agli annunci di lavoro riguardanti questa professione: se non offrono stage trattano impieghi a tempo determinato anche di tre mesi. Spesso questa funzione viene confusa con quella dei grafici e così è facile leggere annunci del seguente tipo:
Titolo: addetto marketing e comunicazione
Mansoni: realizzazione grafica ed impaginazione brochure
Profilo: (meglio se) neolaureati esperti ma in età di apprendistato e (ancora meglio) disposti a essere pagati 1 mese no e l’altro forse.
Ad un estremo, una persona che si occupa di marketing e comunicazione per migliorare sia le vendite che la propria immagine è considerata come una risorsa importante. Quasi fondamentale. E soprattutto è una risorsa. All’altro estremo la stessa figura ha una considerazione marginale. E soprattutto, è un costo. Posso capire che spendere 100 per pagare una persona 60 sia ai limiti della logica imprenditoriale. Ma una azienda moderna se vuole espandersi non può fare a meno delle attività di marketing, che non si limitano ad una costosissima pagina pubblicitaria che passa inosservata su una rivista di settore.
Il verbo, almeno qui a Vicenza/Veneto, è vendere (e produrre è lo Spirito Santo). A chi non si sa bene. E comunicare invece è visto come un’eresia, perché il successo di una azienda non passa (solo) da li.
Ho incontrato due tipi di imprenditori, al momento, accomunati dalla consapevolezza che “dovremmo farlo anche noi” (cosa???) mentre le ragioni per le quali non lo fanno sono distinte: per uno “purtroppo non abbiamo il tempo per seguire questa attività” mentre per l’altro “purtroppo costa troppo una persona che segua solo (!) questo”. C’è l’imprenditore deus ex machina factotum che si occupa di tutte le funzioni della sua azienda e guai ad affidarle a qualcun altro, semmai ai figli lasciano qualche post su Facebook o qualche tweet prima di cedergli il comando della baracca. E c’è l’imprenditore che ha paura di fare un passo troppo lungo, quello che crede che l’investimento è solo una spesa e non porta un ritorno, come se volesse misurare tutto quello che fa. Così si preferisce rimanere fermi. L’unica attività extra imprenditoriale è quella di lamentarsi del governo ladro, di minacciare di spostare l’azienda all’estero o di chiuderla che tanto è lo stesso.
Mentre dall’altra parte appare tutto più facile, più semplice e forse anche per questo esiste l’American Dream. Due estremi opposti di vedere il business, di pensare e di agire.
Non riesco a decidere chi dei due sia esagerato. Due modi di gestire la propria attività imprenditoriale.
Poi leggo che il web crea nuove opportunità. Vero, perché sono articoli scritti da siti stranieri. Forse lo impareremo anche noi, tra qualche decennio.
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