Non è un paese per bambini
Non è un paese per vecchi. Siamo un paese (sempre più) di vecchi, con tutto rispetto. Ma le statistiche parlano da sole.
Non siamo nemmeno un paese per famiglie. E lo vedo ogni giorno da inizio anno ovvero da quando Tommaso ha iniziato ad andare al nido. La prima volta che l’ho portato mi si è stretto il cuore lasciarlo la con altri bambini appena conosciuti, guardarmi andare via con i suoi occhi che mi chiedono “perché mi lasci qui con questi bambini e questa signora e non stiamo a casa a giocare insieme?”.
Sull'argomento ne ho parlato con il Forno, tra l’altro neo padre, perché lui ha la capacità di analizzare le cose a zero gradi mentali. Lo so, come mi ha detto lui, che ai bambini fa bene confrontarsi non solo con altre persone, ma soprattutto della sua stessa età, altrimenti rimanendo a casa oppure stando con i nonni crescerebbe con persone più adulte. Chissà se anche lui verrà travolto dalla crisi di abbandono del figlio oppure prevarrà la sua razionalità.
Sì l’asilo è utile alla sua crescita. Sì però… però quegli occhi che non parlano sanno dire tutto e ti strappano il cuore dal petto porca miseria!
Come questa mattina, che ha visto la sua mamma uscire di casa senza di lui per andare a lavoro: una tragedia. Mi si è aggrappato e stretto forte per trovare una consolazione che non avrebbe comunque pari alla presenza della sua mamma. Siamo rimasti un po’ seduti sul divano e ho cercato di distrarlo finché non ci siamo alzati per andare all'asilo ed in macchina finalmente si è distratto. Ogni tanto come al solito ha chiesto dov'era la mamma ma ne sembra consapevole. Una volta uscito dall'asilo l’ho sentito scoppiare in lacrime. Non lo trovo giusto. Dovremmo ascoltare di più i bambini e meno i dottori o i maestri.
Le famiglie dovrebbero rimanere insieme finché il bambino è piccolo. Nemmeno io ne volevo sapere di andare all'asilo, per colpa di una maestra per niente gentile e perché mi sentivo privato della mia libertà, per quanto piccolo fossi.
Non volevo più alzarmi dal divano questa mattina. Stavo pensando di chiamare l’ufficio accampando una scusa per stare a casa con Tommaso. Perché i privilegi logici (ci sorprendiamo del banale altrui che da noi invece è straordinarietà!) ci sono solo fuori dai nostri confini, oppure nel nostro paese non sono per tutti ma per pochi fortunati o paraculi?
Come fa a crescere un bambino se i suoi genitori li vede poche ore? Un genitore può dire di aver visto crescere suo figlio se non lo vede correre, tirare i primi calci al pallone, nuotare o che altro? Così si vive solo per sentito dire e per racconti. A me non piace. Non voglio che Anna mi racconti cosa ha fatto Tommaso, io voglio vedere Tommaso farle queste cose, che impara a vivere, che sia suonare giocare qualsiasi sport voglia ballare leggere. La vita è questa qui.
Tommaso non avrà preso dal suo papà il colore dei capelli ma a quanto pare qualcos'altro.
Non siamo nemmeno un paese per famiglie. E lo vedo ogni giorno da inizio anno ovvero da quando Tommaso ha iniziato ad andare al nido. La prima volta che l’ho portato mi si è stretto il cuore lasciarlo la con altri bambini appena conosciuti, guardarmi andare via con i suoi occhi che mi chiedono “perché mi lasci qui con questi bambini e questa signora e non stiamo a casa a giocare insieme?”.
Sull'argomento ne ho parlato con il Forno, tra l’altro neo padre, perché lui ha la capacità di analizzare le cose a zero gradi mentali. Lo so, come mi ha detto lui, che ai bambini fa bene confrontarsi non solo con altre persone, ma soprattutto della sua stessa età, altrimenti rimanendo a casa oppure stando con i nonni crescerebbe con persone più adulte. Chissà se anche lui verrà travolto dalla crisi di abbandono del figlio oppure prevarrà la sua razionalità.
Sì l’asilo è utile alla sua crescita. Sì però… però quegli occhi che non parlano sanno dire tutto e ti strappano il cuore dal petto porca miseria!
Come questa mattina, che ha visto la sua mamma uscire di casa senza di lui per andare a lavoro: una tragedia. Mi si è aggrappato e stretto forte per trovare una consolazione che non avrebbe comunque pari alla presenza della sua mamma. Siamo rimasti un po’ seduti sul divano e ho cercato di distrarlo finché non ci siamo alzati per andare all'asilo ed in macchina finalmente si è distratto. Ogni tanto come al solito ha chiesto dov'era la mamma ma ne sembra consapevole. Una volta uscito dall'asilo l’ho sentito scoppiare in lacrime. Non lo trovo giusto. Dovremmo ascoltare di più i bambini e meno i dottori o i maestri.
Le famiglie dovrebbero rimanere insieme finché il bambino è piccolo. Nemmeno io ne volevo sapere di andare all'asilo, per colpa di una maestra per niente gentile e perché mi sentivo privato della mia libertà, per quanto piccolo fossi.
Non volevo più alzarmi dal divano questa mattina. Stavo pensando di chiamare l’ufficio accampando una scusa per stare a casa con Tommaso. Perché i privilegi logici (ci sorprendiamo del banale altrui che da noi invece è straordinarietà!) ci sono solo fuori dai nostri confini, oppure nel nostro paese non sono per tutti ma per pochi fortunati o paraculi?
Come fa a crescere un bambino se i suoi genitori li vede poche ore? Un genitore può dire di aver visto crescere suo figlio se non lo vede correre, tirare i primi calci al pallone, nuotare o che altro? Così si vive solo per sentito dire e per racconti. A me non piace. Non voglio che Anna mi racconti cosa ha fatto Tommaso, io voglio vedere Tommaso farle queste cose, che impara a vivere, che sia suonare giocare qualsiasi sport voglia ballare leggere. La vita è questa qui.
Tommaso non avrà preso dal suo papà il colore dei capelli ma a quanto pare qualcos'altro.
0 Response to "Non è un paese per bambini"
Posta un commento