Siamo nella merda. Mancavano l'OCSE prima e
la (il ministro dello sviluppo economico) Passera poi per dirci che nel 2012 rischiamo di retrocedere. O ancora peggio, di cadere in
recessione.
Allora io sono un pazzo che ha visioni o prevede le cose (in questo caso domani mattina vado a scommettere i numeri buoni), perché credevo di esserci già da qualche anno, dal momento che nel 2008 il
PIL italiano ha registrato un -1,4% e nel 2009 addirittura un -5,1%.
Faccio il gioco tanto caro a Gigi Marzullo e mi domando cosa ha fatto chi doveva fare qualcosa in quegli anni e mi do la risposta. Me la tengo per me per non trascendere in banale volgarità.
Adesso abbiamo un nuovo governo, fatto di persone che con i subdoli giochi egoisti legati a politica e clan non dovrebbero centrare affatto, che sta cercando di ricucire uno Stivale consumato da approfittatori parassiti e delinquenti.
Mario Monti mi ha sempre fatto una bella impressione fin da quando era commissario europeo per la concorrenza, un uomo tutto d'un pezzo che non si fa mettere i piedi in testa e non si perde in fronzoli e mi auguro che ora le "forze" italiane con le quali è entrato in contatto non siano più rompicoglioni ottuse ed egoiste di quelle che ha affrontato da commissario.
Fatta questa premessa, mi chiedo anche come la situazione economica e sociale sia potuta degenerare fino a questo punto, senza che nessuno (governi e parti sociali) abbia potuto fare qualcosa.
Visto che mi piacciono i numeri e le analisi e sono curioso, sono andato a vedermi la variazione del PIL da metà anni '90 al 2010. Eccola qui:
1996 +2,1%
1997 +1,9%
1998 +1,4%
1999 +1,7%
2000 +3,9%
2001 +1,8%
2002 +0,3%
2003 +0,1%
2004 +1,1%
2005 +0,6%
2006 +1,9%
2007 +1,5%
2008 -1,4%
2009 -5,1%
2010 +1,3%
(Valori Concatenati ISTAT; dal 2001 al 2005, Istat Conti Economici Nazionali 2001-2005)
Non che ce la cavassimo poi così male anzi, poi c'è stato il 9/11 ed il mondo ha fatto patatracchette.
Ma non solo quello e a mio modesto parere oserei dire non per quello.
Infatti a cavallo dei due secoli è successo qualcosa che le associazioni industriali hanno chiesto ed i governi hanno permesso e le parti sociali (chiamiamole con il loro vero nome e cioè sindacati ed associazioni di categoria?) non hanno combattuto a sufficienza e che i mezzi di informazione ce l'hanno data da bere con un altro nome e cioè globalizzazione. Io la chiamo delocalizzazione, che significa chiudere la produzione nel paese d'origine dell'azienda per trasferirla in un altro paese dove il costo del lavoro è non so quante volte inferiore rispetto al paese d'origine (considerando i costi di trasporto e doganali per far rientrare la merce e distribuirla sul mercato).
E adesso mi viene da ridere a pensare a quelle quattro marionette ed ai loro marionettari di no-global che vanno in giro per ribaltare le città in difesa dei diritti lesi dalla globalizzazione.
Non mi sembra che marionette e marionettari abbiano mai pensato che per fare quel paio di scarpe in una paese dell'estremo oriente c'è una persona che lavora privo di qualsiasi diritto e difesa (davvero?), in Europa allora ci sono tante persone senza lavoro ma anche senza diritti e difesa.
E' crollata la classe medio-bassa che si occupava della produzione, delocalizzata dall'imprenditore: così le aziende si sono riorganizzate che è un altro termine per nascondere il verbo licenziare il personale in esubero.
Mi piace com'è ironica la vita: il personale infatti viene anche chiamato "risorsa": dicesi "risorsa" il mezzo con cui si provvede a fronteggiare un bisogno (effettuare un lavoro, in questo caso); insieme di mezzi disponibili, ciò che costituisce fonte di ricchezza. Quindi se non esiste più il bisogno di produrre non si ha più la necessità di stipendiare le proprie risorse, l'azienda può farne anche a meno perché la fonte della sua ricchezza, cioè le persone che fino a quel momento producevano per lei, si trovano diversi fusi orari ad est del mondo.
Così nell'arco di un triennio l'Italia (ma immagino molti paesi europei) si è trovata con decine di migliaia di lavoratori disoccupati, la cui capacità di spesa è crollata.
A questo punto si potrebbe pensare che, indossata una maglia rossa con il faccione di un barbuto con lo sguardo sperso, mi sono messo a scrivere un trattato filo comunista ma non è questo il mio intento, sto solo descrivendo quello che è successo nell'ultimo decennio e che nessuno, mi sembra, ne abbia ancora parlato.
A peggiorare la situazione, dopo la delocalizzazione fatta passare per globalizzazione, un altro raggiro è stato rappresentato dalla legge che porta il nome di chi l'ha concepita: la
"Legge Biagi", dal
giuslavorista assassinato dalle Brigate Rosse nel 2002.
Presentata come una
opportunità per i lavoratori per il suo effetto positivo sul ricambio dell'occupazione (parafrasi politichese), alla fine ha creato una nuova realtà di lavoratori: i precari, cioè lavoratori alle dipendenze di un'azienda privi di garanzie e tutele.
Riassumendo in modo drastico:
- tasse sul costo del lavoro altissime
- attività produttiva in Italia è stata quasi tutta cancellata a causa delle scelta di molte aziende di delocalizzare in paesi dove il costo del lavoro è più conveniente
- la Legge Biagi ha creato la categoria dei lavoratori precari, privi di tutele e garanzie (la loro busta paga non serve nemmeno come garanzia per chiedere un mutuo)
- aumento di disoccupazione e di precarietà
- aumento della spesa pubblica sociale per CIG ed assegni di disoccupazione
- calo dei consumi
- calo del PIL
Le azienda hanno avuto il doppio vantaggio di tagliare i costi di produzione e del personale, per contro gli italiani si sono trovati senza lavoro oppure senza tutele.
Poi qualcuno ha anche la faccia da culo di chiamarlo made in Italy (nemmeno il moto lo è, pensa un po' da dove comincia il controsenso) perché il concetto parte dall'Italia. Ridicolo.
Mi sembra chiaro che una nazione che non produce e non distribuisce la ricchezza (prodotta) alla sua gente non può crescere, non consuma non acquista non va da nessuna parte o, se proprio si muove, sprofonda.
Mi chiedevo come fanno fior fiori di società a fallire visto l'abbattimento dei costi (e l'aumento del margine tra il costo di produzione ed il prezzo di vendita dei prodotti). Una delle risposte è che i suoi prodotti fatti in Asia non li compra nessuno, perché non ci sono i soldi per acquistarli (un'altra è rappresentata dalla richiesta di tiare fuori il bottino imboscato in qualche paradiso fiscale).
Ma mettendomi anche nei panni dell'azienda, di un controller o di un consulente ben pagato che analizza le diverse voci di costo dell'azienda, trovo anche normale far adottare questo tipo di soluzioni quando (mi esprimo in modo molto diretto e grezzo) il prezzo totale di un lavoratore è elevatissimo per colpa delle tasse che appesantiscono la busta paga mentre il suo valore effettivo (leggi stipendio) è decurtato della stessa misura, quasi il 50%. Mettendomi dall'altra parte della scrivania, mi chiedo perché dovrei pagare 100 una persona che se ne intasca alla fine 45 se va bene quando dall'altra parte posso pagare 60 (e anche meno), aumentando anche la produzione?
E chissenefrega poi se il prodotto viene fatto peggio anzi meglio così si consuma prima e se ne vendono di più.
Strategia che può anche passare per inattaccabile ma che nel lungo periodo ha creato questa situazione economico-sociale caratterizzata da mancanza di ricchezza e crollo dei consumi.
A meno che dei consumatori italiani non frega niente a nessuno perché adesso i mercati che valgono sono indiani, cinesi e russi e allora noi possiamo anche morire di fame (e nel frattempo musulmanizzarci tutti come teme il cardinal Bagnasco, ma su questo ci vuole un post dedicato).
Ed il quadretto si è concluso in miseria.
Adesso Mario Monti sta lavorando su pensioni, al taglio dei vitalizi dei politici (tralascio il loro cattivo gusto nel piangersi addosso) e a inserire nuove tasse per i beni di lusso e sui redditi più alti secondo il principio che chi ha dato meno o chi può dare di più deve pagare più tasse.
Non voglio giudicare queste soluzioni perché uno dei vari problemi dell'Italia è quello della liquidità: pare incredibile ma soldi pare non ce ne siano in cassa (e chi se li è mangiati?) e da qualche parte bisogna trovarli per diminuire il debito pubblico.
Però questa cosa qui mi sta a cuore e trovo assurdo che non inverta la tendenza: bisogna aiutare le aziende. Sono soffocate dalla burocrazia e dalla tasse. E' diventato quasi controproducente assumere una lavoratore e quasi nessuno lo fa a tempo indeterminato.
Io non ci credo che nessuno riesca a capire che la produzione deve ritornare in Italia (così potremmo finalmente vantarci di sto benedetto made in Italy e mi andrà bene anche se è in inglese!) e che devono essere abbassate le tasse sul lavoro.
Questo consiglio a Monti: la produzione italiana (come si dovrebbe chiamare in realtà in lingua italiana) è sempre stata la migliore e deve rimanere in Italia.
Altrimenti ci condanneremo da soli.
Una nazione che non produce non consuma, è povera. Purtroppo bisogna far circolare denaro e in questa situazione ne gira poco.
Dove sono i sindacati? Il loro motto è sempre stato "più reddito" ai lavoratori italiani, invece se sono fortunati ad avercelo ce ne hanno anche di meno nonostante scioperi inutili ed avvilenti.
Si deve far rifiorire la produzione italiana aiutandola e non a tempo determinato ma per sempre, aiutando le aziende che riportano la produzione all'interno del nostro paese ed assumono lavoratori italiani, dandogli uno stipendio giusto che non sia giustificato solo dal pagamento delle tasse per mantenere quei prostatici puttanieri nullafacenti che ingrassano occupando delle sedie.
Mi auguro con tutto il cuore che questo governo riesca a concludere il mandato che gli rimane: da qui alle elezioni del 2013 manca poco più di un anno e non è tanto ma nel frattempo spero che prende in considerazione questa scelta. Deve farlo. Perché se al popolo non è data nemmeno l'occasione di consumare gli viene tolta l'unica vera parte di sovranità in suo possesso.
Quello che temo è il successo che potrebbe avere la banda Monti: se questo governo tecnico avrà successo, sarà la morte della politica, una sconfitta di una classe dirigente che si è arrogata il pretesto di sedersi in diversi ministeri nell'arco di una o più legislature senza avere le competenze per amministrare.
Qualcuno potrebbe fargli lo sgambetto per evitargli un successo imbarazzante.
Allora non rimarrebbe che una sola alternativa che andrebbe oltre la civiltà e richiederebbe l'intervento unito di tutti (noi).
PS: un signore una volta alla folla parlò così. Io condivido ogni sua parola:
« Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l'inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana… Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago.
Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell'equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta »
(Robert Kennedy - Discorso tenuto il 18 marzo 1968 alla Kansas University)