Pallacanestro: bellissimo sport democratico

Ieri la Reyer Venezia ha vinto il campionato italiano di pallacanestro, battendo in gara 6 Trento a domicilio. La partita è sempre stata in bilico, com'è stata tutta la serie ed è finita 78-81 con i liberi di Haynes a segnare il risultato finale, dopo la rimonta veneziana da -11 nella prima metà della gara.
Mi sarebbe piaciuto andare a vedere una partita nella sauna del PalaTaliercio ma i biglietti sono andati via come ombre nei bacari così mi sono dovuto affidare ai romantici racconti via radio.
Non voglio parlare della bellezza dell'impresa di Venezia quanto piuttosto sulla bellezza di questo sport. Perché in qualsiasi modo fosse finita la serie finale, se a vincere fosse stata Trento sarebbe stata lo stesso una bellissima impresa.
Pensare che Venezia è rinata undici anni fa e da sei gioca in A1, mentre Trento è una realtà sportiva nata nel 1995 e gioca in A1 da appena tre anni e in semifinale si è sbarazzata dell'Olimpia Milano con un secco 3-0.

Ci sono due aspetti che mi piacciono di questo sport e lo rendono equo: permette a tutti di vincere, non solo di partecipare, senza escludere nessuno a priori anzi, esclude chi non ha i requisiti per l'iscrizione ai campionati professionistici (Treviso) o chi non rispetta le regole lasciandole fallire (Pesaro e Siena) se non addirittura finendo anche per radiare le società anche se sono le più importanti del campionato (a Bologna ne sanno qualcosa). Ecco perché è uno sport democratico.
Infine, ha un grande pubblico, che si giochi in A1 o in Promozione (la Fossa del PalaDozza dovrebbe essere presa come esempio, senza andare a scomodare i pacati tifosi greci, anche perché mi sto riferendo al campionato italiano).

Fosse stato un altro sport molto più popolare, alcune società di Serie A non dovrebbero esistere nemmeno ma sono salve solo perché hanno un certo nome. E poi anche se militano in Serie A e le cose iniziano ad andare un po' male lo stadio si svuota.
Un'altra differenza con quest'altro sport è che la pallacanestro è sempre stato uno sport di provincia (senza offesa): tolte Milano e Bologna le grandi piazze sono (state) Varese, Cantù, Siena, Treviso, ora invece sono Sassari, Venezia e Reggio Emilia. I sardi hanno vinto il campionato due anni fa, mentre dall'altra parte un presidente di un presunto club più importante non le avrebbe nemmeno volute in campionato.
Per questo dico che la pallacanestro è uno sport democratico, perché non guarda in faccia a nessuno.

Seguo il basket fin da quando ero bambino, in modo molto leggero nel senso che ogni domenica sera controllo i risultati e quindi so come va la stagione ma non sono coinvolto come lo sono per altri sport come il calcio e l'hockey, per esempio, dove ci sono due squadre (Vicenza Calcio - ancora prima della Juventus, sì! - e Asiago) che seguo quasi con ansia e apprensione.
Dovessi scegliere una squadra preferita propenderei per l'Olimpia Milano: negli anni '80 rimasi affascinato dalle scarpette rosse e da gente come Mike D'Antoni, Antoine Carr, Bob McAdoo, Antonello Riva, Riccardo Pittis (che poi ha fatto e sta facendo storia a Treviso) e Davide Pessina
Ma anche questa è stata una scelta dovuto più dalla presenza di singoli giocatori ed è stata una caratteristica continua che mi ha portato a farmi trascinare da squadre con le quali non dovrei avere nulla a che fare, secondo la logica del tifo e per questo ai veri appassionati della palla a spicchi risulto essere un eretico (non gli do torto!).
Infatti allo stesso tempo riuscivo a farmi trascinare dalle due squadre di Bologna, la Virtus e la Fortitudo! Pazzesco vero!? Inconcepibile!
Nelle V Nere c'erano giocatori come Claudio Coldebella, Roberto Brunamonti, Alessandro Abbio e quel fenomeno di Predrag Danilović (che incontrai di persona durante un camp multisport nel 1992 a Paderno del Grappa, insieme a un certo Francesco Guidolin...), Radoslav Nesterovič, Antoine Rigaudeau, Hugo Sconochini, Alessandro Frosini, Emanuel Ginóbili (che poi è andato a vincere qualcosa in NBA con i San Antonio Spurs), Marko Jarić e Matjaž Smodiš mentre al Pala Dozza oltre all'incredibile tifo della Fossa ad affascinarmi c'era Vincenzo Esposito, Carlton Myers affiancato da Gregor Fučka, Sasha Djordjevic (anche all'Olimpia) Gianluca Basile in campo e Charlie Racalcati in panchina.
Così come a Varese andavano fortissimo i galletti Marco Pozzecco, Andrea Meneghin, Giacomo Galanda, Alessandro De Pol, Glenn Sekunda e in panchina ancora Recalcati.
Oppure i tempi d'oro di Treviso con giocatori come Vinnie Del Negro, Toni Kukoc, Stefano Rusconi (sì lo ammetto, lui era un po' una palla!), Roberto Chiagic, Dennis Marconato, Željko Rebrača, Henry Williams, Tyus Edney, Dan Gay, Marcelo Nicola, Massimo Bulleri, Petar Naumoski e Jorge Garbajosa.
Ma ricordo anche la Virtus Pesaro con Ario Costa, Walter Magnifico e Andrea Gracis.
Se preso singolarmente, Oscar Schmidt era il giocatore che più mi interessava e il lunedì leggevo i tabellini delle sue partite per vedere se aveva superato i 40 punti.

Nomi e cognomi che hanno fatto la storia di uno sport. Uno sport vissuto a stretto contatto col parquet dove si può entrare nei palazzetti senza bloccare un'intera città.
Dove le piccole squadre sono grandi squadra. Chi dice che è uno sport minore, se il cuore batte sempre forte?

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