Manchester e l'ipocrisia

E' tardi ho mal di testa e non posso fare i lavori di casa per farmelo passare.
Volevo scrivere qualcosa subito dopo quello che è successo a Manchester e spero di aver trattenuto almeno una parte dei miei pensieri. Provo a distillarli di seguito anche se la combinazione stanchezza-mal di testa rende più facile le farneticazioni che le riflessioni. Ma ci provo lo stesso. E l'argomento è molto delicato. Poteva valere anche per tutte le volte precedenti ma questa volta ho deciso di scrivere. Forse perché sono coinvolti dei giovani. O forse no, forse è perché ho letto e sentito commenti che non mi sono piaciuti.

Cose come "Bastardi! Bestie! Se la sono presa con i nostri bambini! Hanno fatto apposta stavolta! - le altre volte invece gli è scappata la miccia? - Se la prendono con gli indifesi!".
Noi non abbiamo mai ammazzato un giovane in Siria, Iran, Iraq? Noi non siamo i buoni. Non lo siamo più di loro e non c'è alcuna giustificazione.
La nostra indignazione è solo ipocrita.
Nessuna pietà né compassione per i bambini uccisi dalle "bombe amiche" esplose dai padroni di casa, né da quelle democratiche americane, russe, francesi partite anche grazie al nostro consenso.
Ma quando esplode un (corpo) extracomunitario scoppia la nostra rabbia e incredulità. Perché deve essere un'altra cosa? Perché piangiamo quando succede a casa nostra e non sprechiamo una lacrima quando succede a casa loro? Perché è così diverso?
Uomini donne e bambini mediorientali sono diversi da uomini donne e bambini europei o americani? Che differenza c'è? Non c'è, sono uguali a noi, sono come noi!

Me lo chiedo perché invece per qualcuno c'è! Altrimenti mi risparmierei la domanda. 
Mi chiedo che differenza c'è tra le vittime di Manchester, Parigi, Londra, Madrid, San Pietroburgo, Istanbul, Bruxelles, Nizza, Stoccolma con quelli quasi quotidiani di Aleppo, Dacca, Giacarta, Bagdad, Peshawar o di qualche città africana.
E perché non spegniamo le luci del Colosseo ogni volta che viene bombardato un ospedale in Siria o in Palestina?
La differenza c'è per i media con due tipi di trattamento opposti, parlando e dedicando tempi molto diversi.
La differenza c'è per noi con le nostre inutili dimostrazioni di solidarietà e dolore quando qualcuno esplode in una città del primo gruppo, spegnendo le luci dei nostri monumenti più belli e comportandoci da automi, sui social con hashtag dettati e bandiere di circostanza e scendendo in strada sfilando silenziosamente con delle fiaccole che non rappresentano altro che quel cerino con il quale rimaniamo in mano quando succedono queste cose. Come se davvero servissero a qualcosa. 

Ormai quando succede un attacco terroristico non riesco ad arrabbiarmi o provare pietà o dolore né tutti quei sentimenti che automaticamente voi provate in questi casi. 
Non ci riesco. Resto asettico e staccato. Una punta di dispiacere per le vittime e i loro famigliari è impossibile da non percepire. Ma non vado più in profondità.
Un aiuto me lo date anche voi, che in poche ore passate dalla costernazione per un attacco terroristico all'ironia per l'espressione del Papa nella foto con Trump, in una reazione automatizzata.
Ditemi che sono insensibile cinico e stronzo. Sarà quel senso di disillusione al quale ormai siamo tutti esposti che in me si accentua.
Ho pensato a Dante martedì sera appena sentito dell'attaccato di Manchester: noi abbiamo ucciso la loro generazione più giovane e loro hanno fatto lo stesso. Nella Divina Commedia si chiama legge del contrappassoInevitabile. Prevedibile. 

Bombardiamo di democrazia i paesi che pensiamo ne abbiano bisogno quando nel nostro stesso paese ne vediamo a malapena l'ombra.
Ed il risultato di quella democrazia è Manchester, oppure Nizza come New York. E' quello che volevamo? Possibile che nessuno nei posti giusti abbia mai preso in considerazione una reazione? E' dall'11 settembre 2001, da quasi 16 anni, che ci tengono ostaggi. L'esportazione di democrazia non sta andando proprio bene. Nemmeno benino.
Un po' come quando per ottimizzare le cose le aziende vanno a produrre in Cina e poi importano da la prodotti che però non sono ottimi.
L'odio non si combatte con altrettanto odio.
La guerra non si combatte con un'altra guerra.

Una sera per radio (non ho la tele e ascolto tanta radio, soprattutto la notte finché lavo i piatti) ho sentito questa domanda: "Come si ferma una guerra?". Gli esperti chiamati a rispondere hanno detto con il pugno duro, la diplomazia, il dialogo, il rispetto, le sanzioni, il Risiko e la briscola.
Nessuno ha pensato di smettere di vendere armi. Potrebbe essere un inizio. 
E iniziare a risolvere i casini in casa propria, prima di risolvere quelli degli altri.

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