Come va la vita

La settimana scorsa al supermercato ho incontrato un ex collega.
Ero andato poco dopo pranzo* per incontrare meno gente, fare la spesa veloce e tornare a casa e continuare a fare quello che dovevo fare.
"Oehi, ciao Sandro!" ho sentito alle mie spalle con una inflessione finale che celava indecisione... Una voce maschile, già sentita tempo fa.
E' stato nel momento in cui ho iniziato a voltarmi che ho avvertito un brivido gelido attraversarmi la schiena per materializzarsi il centismo di secondo successivo, in una sequenza apparsa eterna: quella voce maschile era proprio di quel mio collega conosciuto in una esperienza (della tante) di lavoro breve ma intensa, durante la quale entrambi abbiamo conosciuto i rispettivi limiti ma anche le certezze di cosa fa per noi e cosa no.


A parte questa insignificante riflessione, ero andato a fare la spesa in quel momento per fare veloce. Non appena ho stretto la mano all'ex collega, ho mandato a puttane qualsiasi piano avessi già: ricordando le nostre telefonate durante e dopo quell'esperienza, conoscevo bene la sua logorrea e sapevo a cosa stavo andando incontro.
E' stata la fine. 
Ho messo il mio peso su entrambi i piedi. Ho appoggiato a terra il carrellino. E via.
Perché non riesco ad essere il tipo che ti sfancula perché non ne ha voglia, a meno che tu non sia chi dico io oppure non sia davvero di corsa o nella situazione tale da non poterti dedicare più di un "Ciao!" con seguente e reale scusa.
Così mi sono lasciato sommergere dalle sue vicende degli ultimi 10 anni. 
Equivalente al tempo dall'ultima volta che ci siamo sentiti.
E mi ha raccontato esclusivamente di quello che fa di lavoro, dei viaggi di lavoro, di quanto fattura adesso e di quanto fatturava prima e di cosa è cambiato e come è cambiato, di numeri su pezzi e container e persone che lo chiamano e che deve chiamare per vendere e fatturare e farsi pagare perché anche all'estero non sono poi così tanto seri come crediamo e delle e-mail alle quale rispondere...
Mi ha stordito per un tempo di una partita di calcio più recupero e senza te caldo alla fine! Sono riuscito a intromettermi con alcune battute che ha appena recepito o preso sul serio.
Purtroppo, non avevo alcun surgelato da usare come scusa per interrompere la conversazione, che tale era solo per alcuni miei cenni.
Verso la fine del quasi monologo mi ha detto che è ancora insieme con la stessa donna e che ha un figlio, ma tutto a corollario del lavoro, non come notizia vera e propria.

Ma siamo così? Lavoro. Soldi. Ordini. Margini. Fatturare. Incassare. Spedire. Tempo che non c'è per fare tutto quello che c'è da fare...
Non voglio essere così. E, almeno credo, non penso di esserlo.
Forse è qui che sbaglio e forse è per questo motivo che mi trovo in questa situazione.
Però la trovo triste. Sì, la mia situazione è anche drammatica. Ma altrettanto la sua. 
So benissimo quanto siano fondamentali i soldi per vivere ma nella vita ci sono tanti altri fondamentali, se mi concedete questo gioco di parole.
Ricordo che dieci anni fa riuscivamo a parlare anche di altre cose, di ciclismo, di sub ed apnea perché io al tempo ero interessato e lui non so fino a quale misura era arrivato a conseguire il patentino. Parlavamo di cose della vita che ci appassionano e ci divertono! E per quanto possa piacere quello che fai di lavoro, non può monopolizzare la tua vita.
Mi ha fatto tantissima tristezza che solo verso i tempi di recupero mi abbia detto di avere un figlio e che peraltro a volte gli impedisce di lavorare (di fatturare, di spedire, di telefonare...) quando, almeno per me, un figlio ha un valore insestimabile rapportato al resto della vita.
Posso capire che la vita per alcune persone è il lavoro. E che il lavoro sia vita.
Ma non in modo così maniacale. C'è dell'altro. Ci deve essere!

Non ci vedavamo da dieci anni. 
E dopo pochi giorni ancora quel "Ciao Sandro!" stavolta al cinema. La sala con poca luce non mi ha aiutato a capire di chi fosse quella voce che usciva da sotto un basco chiaro. 
Ho aspettato all'ingresso e mi sono ritrovato ancora lui, con compagna/moglie e figlio. 
Gli ho presentato Anna. Mentre con la coda dell'occhio vedevo lei e il bimbo prendere l'uscita in velocità.
Ho avuto l'impressione che lei ci stess guardando sospettosa, neanche fossimo due spacciatori o persone coinvolte nella sua vita professionale e che ne fosse spaventata tanto da spingere fuori i figlio. O più semplicemente stanca delle sue solite cose.
Poteva risparmiarsi la preoccupazione perché a parte quella breve ed intensa esperienza lavorativa, non abbiamo invece molto altro in comune. Ma forse era solo la mia immaginazione.

Non so poi se quella signora è diventata sua moglie, oltre che mamma di suo figlio.
Non ce li ha presentati e
nel nostro incontro al supermercato invece non c'è stato lo spazio per questi dettagli.
Non sono affato la persona migliore per dire agli altri cosa fare e come. 
E ognuno fa quel cazzo che vuole e ritiene più opportuno.

Peccato però. Mi sarebbe piaciuto sapere come gli va la vita.



* Sì, dopo pranzo, perché, come ho scritto sul mio profilo su LinkedIn, sono un giornalista pubblicista freelance. Ovvero, un modo più figo per evitare la vergogna di dire "sono disoccupato". Quindi, dopo la spesa, sono tornato a casa a fare quello che dovevo fare cioè (cercare di) trovare lavoro.

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