Mellon Collie and the Infinite Sadness, 20 anni fa

 

Nella primavera de 1995 guardavo su MTV quel video con curiosità. Un ammasso di figuranti infangati ai piedi di un re dalla voce stridula che cantava quanto facesse (e fa) schifo il mondo.
Non ero un fan del grunge o dell'indie rock o di quello alternativo. I Nirvana li conoscevo pochissimo. I Pearl Jam pareva dovesse essere quel gruppo che a un ragazzo della mia età non può non piacere (e poi quel ragazzo di quella età lo sono diventato 15 anni dopo), i Soundgarden erano un black hole sun. Mi piace(va) la musica e al tempo andavo matto per gli Aerosmith.
Ma Bullet with the Butterfly Wings è stato il battito di ali di farfalla che ha cambiato la mia vita, musicalmente l'ha segnata in modo indelebile creando un legame fortissimo con i miei ricordi.
E il 23 ottobre ero chiuso in camera nella soffitta di là della Zona Verde (quella reale!) del mio migliore amico dell'epoca ad ascoltare e duplicare Mellon Collie and the Infinite Sadness. Lui aveva l'originale ed io la copia, finché stavamo masterizzando quella doppia opera d'arte musicale io ero corso dall'edicola del quartiere per fotocopiarmi il libretto con i testi perché al tempo internet non sapevamo ancora ci avrebbe stravolto la vita e i testi me li traducevo con il Sansoni di fianco, anche fino a sotto le coperte.
Era 20 anni fa.

Poi il mondo è terminato li. Ci ha girato attorno per un po', è stato messo in serio pericolo dai casini di Jimmi Chamberlin l'estate successiva e dall'ego di Billy Corgan più avanti (nonché adesso),  tutto quello che mi è e non mi è successo ha quella colonna sonora e come uno tsunami mi ha cambiato.
Non c'è ancora stato un album capace di travolgermi come quello. Direte che è facile per un doppio con ben 28 canzoni. Invece non è per quello perché non ne esiste una di quelle 28 che ti fa premere “avanti” e saltarla.

Al tempo ero uno studente nel pieno di una adolescenza caratterizzata da sentimenti non corrisposti o alquanto complicati ed ero più interessato a correre dietro a un pallone, imbrattavo la Smemoranda di pensieri poco lucidi e piuttosto ammorbati da ideali non nella norma e tendenti alla malinconia, stavo ore al telefono oppure mi bastava attraversare la Zona Verde per le solite confidenze nella soffitta.
Mellon Collie and the Infinite Sadness (e il cofanetto con i singoli poi) ha fatto il resto ovvero è diventato il sale di quel periodo amplificando i tratti del mio carattere.
Mellon Collie and the Infinite Sadness non può non colpire già dal primo dito che tocca il piano introducendoti con dolcezza in un mondo che esalta tenerezza ed odio, passando per la commiserazione a seconda di quello che ascolti. Mellon Collie and the Infinite Sadness è un mare a volte quieto a volte molto mosso. In ogni caso affascinante.

Questo album dal carattere instabile rispecchia alla perfezione quello della band che infatti pochi mesi dopo la sua pubblicazione è scoppiata per un'overdose. Ne sono passati di album nel laser del mio lettore CD o nell'mp3 qualche anno dopo, ma nessuno è stato capace di trascinarmi tanto quanto Mellon Collie and the Infinite Sadness.
Pensare che quando sono venuti in Italia la prima volta, il 24 aprile 1996 sono stato così fesso da non andarci e oggi come allora faccio ancora scelte del cazzo. Ma non potevo sapere che non li avrei potuti rivedere nella formazione originale, perché tutte le altre volte (all'Alcatraz di Milano il 12 gennaio 2000, al Palamalagutti di Casalecchio di Reno il 27 settembre 2000, al Forum di Assago il 2 febbraio 2008 – dove sono stato centrato in fronte dal plettro di Ginger Reyes – e al Palafabris di Padova il 29 novembre 2011) James Iha, D'arcy Wretzky e Jimmi Chamberlin non sono mai saliti sul palco insieme.  
 
Dopo Mellon Collie and the Infinite Sadness è stato facile farsi prendere dai due album precedenti: Gish e Siamese Dream hanno quella sonorità selvaggia di una band all'inizio della carriera che compone musica per il gusto di farla senza badare alle leggi discografiche e suonano canzoni splendide nella loro cruda bellezza. Perdersi in I am one, Rhinocheros, Daydream, Today, Cherub Rock o Siamese Dream è immediato. Ricordo di aver trascorso intere nottate saturando camera mia di incenso ascoltando questi tre album, dopo aver trascorso buona parte dei pomeriggi ad imparare e tradurre i testi. 

Mellon Collie and the Infinite Sadness sono io da adolescente innamorato della sua tristezza, come può esserlo chiunque fosse stato adolescente 20 anni fa. Sono la rabbia e la disillusione di Zero, Bodies e Bullet with the Butterfly Wings, la malinconia di Thirty-Three e In the Arms of Sleep, la speranza di Tonite Tonite, il rancore di Fuck You, la leggerezza di 1979 e la tenerezza di Lilly (My One and Only) e Farewell and Goodnight. Porcelina of the Vast Oceans è il ricordo indissolubile di Yuri e un me fuori da una chiesa sotto la pioggia appoggiato ad una stampella per salutarlo l'ultima volta.
Ma la mia preferita tra le 28 canzoni è Muzzle. Non se la caga nessuno e ne sono felice perché resta più mia. Sembra il mio riflesso il mio ideale il mio autoritratto.
Sono molti anni che non lo ascolto, potrei farlo in questi giorni anche se mi dispiace tanto non avere un impianto adeguato. 

Mellon Collie and the Infinite Sadness sono delle altre adolescenti che mi regalano due magliette nere degli Smashing Pumpkins in un Virgin Store di Dublino, sono due ragazzi che 20 anni fa si conoscevano alla perfezione e che 20 anni dopo nemmeno si guarderebbero in faccia se si incontrassero chiusi nella soffitta di la della Zona Verde o in macchina a cantare tutto l'album registrandosi con la videocamera, è una ragazza che riceve un cd con le canzoni degli Smashing che parlano di lei di chi glielo ha spedito.
20 anni fa immaginarmi chi sarei stato 20 anni dopo mi faceva tanta paura, mi chiedevo se sarei stato ancora vivo come avrei vissuto se le persone che c'erano 20 anni fa ci sarebbero ancora state 20 anni dopo.
20 anni fa cercavo di far piacere Mellon Collie and the Infinite Sadness agli amici adesso cerco di farlo con Anna e Tommaso, mia moglie e mio figlio che 20 anni fa non rientravano nel mio immaginario di me 20 anni dopo e nel frattempo il simbolo degli Smashing ha ispirato il logo delle bomboniere del matrimonio.
Il mondo è cambiato rispetto 20 anni fa e così anche gli Smashing. Credo entrambi in peggio. Il mondo è ancora il vampiro di 20 anni fa e non ci possiamo fare un cazzo, nonostante tutta la nostra rabbia. Non ci resta che alzare il colletto, affrontare le intemperie. La vita cambia e noi con lei. Siamo differenti ora. Più cresciamo e meno senti(menti abbiamo). Esattamente com'è successo a me grazie a tutto quello che ho vissuto e ad alcune persone che sono passate in mezzo a questi 20 anni. Alcune sono le stesse di quella soffitta di là della Zona. E 20 anni fa era una di quelle cosa che mi faceva tanta paura mentre ora rimane solo tanta amarezza.

Non so cosa sia io ora. So che sento meno. Di certo, quando mi capita di ascoltare una di quelle 28 canzoni, il viaggio nel tempo è immediato, a volte è doloroso a volte è malinconico e raramente è gioioso. Com'è Mellon Collie and the Infinite Sadness alla fine. Gli occhi tornano a luccicare. Sono felice di aver potuto vivere Mellon Collie and the Infinite Sadness e di riscoprire alcuni di quei ricordi, che sono una parte preziosa di questi 20 anni.
E per scrivere questo post ho fatto le 3 am. Come quando ascoltavo Mellon Collie and the Infinite Sadness 20 anni fa.

PS: il plettro di Ginger Reyes non provate a chiedermelo. È una reliquia che conservo come la nr 1 di zio Paperone

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