Spreco al momento insostenibile

"Sono lo spreco al momento insostenibile".
Non è una battuta di Edward Norton in quel magnifico film di David Fincher che è Fight Club ma un pezzo di una email ricevuta dal proprietario di una piccola azienda artigianale che mi aveva contattato circa 6 mesi fa perché cercava una persona che seguisse le attività di comunicazione per aumentare le vendite. Lui vorrebbe una persona che seguisse questa funzione perché, e questo è già un miracolo da queste parti, si è accorto che è importante per la sua azienda e non può seguire tutto lui, immerso fino alle orecchie (e vi assicuro che è lungo!) nello sviluppo dei prodotti.
Solo che le intenzioni di questo imprenditore sono rimaste chiacchiere immobilizzate nelle sabbie dell'indecisione ed esita in attesa del momento giusto. Ovvero, che riprendano le vendite per ora non entusiasmanti. Ma allora mi chiedo a che cosa posso servire io (o qualunque altra persona) se le sue vendite iniziano a carburare anche senza la spinta di quelle idee rivolte all'aumento delle vendite! Non vuole fare il passo più lungo della gamba così ha definito in quello splendido modo la nostra possibile collaborazione grazie alla quale le mie idee devono produrre vendite (chiaro, perché il verbo in questa lande è 'vendere' e non ci può essere altro obiettivo). E così non si fa ancora niente.
Aspettare il momento giusto è come il gatto appollaiato in cima all'albero in attesa che passi il topo. Solo che il topo non passa ed il gatto muore di fame!
Dal mio modestissimo punto di vista invece penso che si dovrebbe fare l'esatto opposto. Certo in maniera misurata alle dimensioni aziendali, ma ci si deve svegliare ed andare incontro alla gente. Eppoi si deve aver pazienza (cosa rara da queste latitudini) perché i risultati non arrivano mica subito.


Un'altra situazione simile è successa questa sera. Mi sono incontrato con un socio di un'azienda interessante, con un fatturato non trascurabile. Gli ho parlato della mia idea di comunicazione rivolta anche ai media ed agli eventi.La sua invece si limita alla bacheca di Facebook ed agli eventi locali "perché prima di tutto bisogna iniziare a vendere a casa propria altrimenti non si vende da nessun'altra parte".

Non voglio sprecare parole e tempo sulla sua affermazione, piuttosto preferisco distinguere tra costi ed investimento.
Un costo è l'acquisto di materiale come una macchina a controllo numerico o un software per la prototipizzazione o il pagamento di fornitori e tasse. Anche  un gazebo per partecipare ad un evento è un costo.
Un investimento è l'impiego di fondi allo scopo di realizzare in un futuro più o meno prossimo un obiettivo prefissato (con il fine assoluto di generare reddito).
Corro il rischio di sembrare arrogante lo so, ma penso di sapere la differenza tra il primo ed il secondo.
Ognuno è libero di pensarla come vuole ed usare i propri soldi come meglio crede e partecipare a tutti gli eventi locali che desidera ma se nessuno lo sa allora quelli sono soldi buttati, sprechi sempre (non solo al momento) insostenibili.

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Ritorno al passato

Luca all'estero ci è andato più di 10 anni fa ben prima della tesi e ci è rimasto, tra Estremo Oriente, Sud America, Mare del Nord ed Europa. Alessandra ha capito che gli stage non servono a molto e non sono nemmeno fini(ti) a se stessi ma fanno comodo a chi te li propone così ha preferito un dottorato in Danimarca dove i cervelli sono considerati meglio e nonostante la vita sia molto più cara il rapporto tra quello che ricevi e quello che dai è prossimo all'1. Stefano ha portato la moglie ed il piccolo Dante in Russia. Ce lo ha spedito l'azienda ma poteva anche dire 'No, grazie' invece ha preferito l'emirato di Putin a quello del Cavaliere. Anna e Luca avevano un lavoro sicuro, come Carlotta e Matteo e forse tenerlo significava non portarsi troppo rispetto e hanno preferito l'emisfero australe (i primi) e sorvolare l'Atlantico (i secondi). Francesco invece non ci ha nemmeno provato, dopo le cose bulgare e i freddi finnici ha capito che i suoi orizzonti dovevano ampliarsi e immediatamente dopo la laurea si è dato da fare per cercare di meglio anche lui in Australia (andrà di moda...). Helene colleziona delusioni professionali ed è arrivata alla conclusione che il suo Paese non ha più niente da darle.
Vorrei sapere se quelli che stanno fingendo di darsi da fare per costruire un governo e le varie inutili associazioni di categoria conoscono il numero dei loro connazionali emigrati per trovare condizioni migliori.
Nel 2000 le persone che hanno cancellato la loro residenza italiana sono stati 56.601. Nel 2009 invece 64.921. Un aumento di circa il 15,7% in 10 anni*. Immagino che tra questi ci siano immigrati che hanno capito il momento difficile e hanno deciso, dopo aver guadagno qualche soldo buono, di far ritorno a casa. Ma anche (più o meno) giovani italiani. In comune hanno una scarsa fiducia in un Paese che gli ha arricchiti (i primi) e preparati culturalmente (i secondi) e che non è stato capace di trattenere. Chissà se i piccoli capi politici e di associazioni di categoria conoscono questi numeri, tesi come sono ad arricchirsi sulla nostra pelle con le loro truffe.
Ho cercato quelli riferiti agli italiani emigrati nel 2012, i dati si aggirano sui 50 mila quindi siamo li.
Se nelle immatricolazioni di auto siamo tornati indietro di 40 anni, per quanto riguarda l'emigrazione il balzo indietro è ancora più lungo. Tra poco qualche artista italiano scriverà o canterà una canzona dal titolo "Mamma mia dammi cento euro" per chissà dove andare.
Non è una scelta facile, quella di abbandonare casa e affetti preferendo vivere a quasi un giorno di fuso orario di distanza. Di quelle persone che ho nominato, qualcuno ogni tanto torna, qualcuno è partito con l'idea di guardarsi in giro, mal che vada avrà migliorato l'inglese ed arricchito il proprio curriculum e altri che non hanno intenzione di tornare. 
Complimenti comunque a tutti per il coraggio. Non possono avere il mio biasimo ma la mia invidia per la loro scelta. 
Tutta la mia rabbia va a chi è stato chiamato a migliorare la situazione ed invece l'ha mortificata in tutti questi anni.
Stiamo lavorando per pagare la pensione a chi ha messo il proprio culo (in senso figurato, perché letteralmente dubito sia successo spesso) sulle poltronissime, magari anche solo come favore o contro favore.
Nemmeno io ho più fiducia in quello che vedo leggo e sento, in amici egoisti in datori di lavoro pronti a fotterti con false promesse e contratti vergognosi in gruppi che non rappresentano niente altro che se stessi.
Le persone sono pronte a scendere in piazza per le proteste più incredibili, da quelle contro la società di calcio a quelle sui diritti alle coppie di fatto o gay, da chi si spoglia per le staminali ai politici che manifestano davanti al palazzo di giustizia sotto l'immagine dei martiri Falcone e Borsellino per la persecuzione verso il loro leader. Posso capire che ci sia molto tempo libero visto che non c'è lavoro, ma non vedo proteste contro la disoccupazione o contro il 'caro prezzo' di qualsiasi cosa o contro le tasse. Queste cose vanno bene a tutti?
Mi sembra piuttosto normale allora che quelli che possono imbarchino il loro coraggio verso migliori destinazioni. 
Tutta questa situazione mi fa andare in acido la bile. Forse è anche colpa nostra. Mi sento mona io a scrivere e non fare un cazzo. Ma più di sbattermi e mostrare una faccia come il culo per trovare un lavoro qui non si può fare altro.
Papa Francesco oggi ha chiesto di non essere tristi e di non farci rubare la speranza. Non sono triste, sono incazzato come una biscia. Mi girano così tanto che se mi calo le braghe potrei vaporizzare la pioggia che scende (= rompe le palle) da troppo tempo. Per quanto riguarda la speranza, mi è piaciuto cosa ha detto: "Per favore, non fatevi rubare la speranza", come dire, non permette agli altri di tagliarvi le gambe. A leggere tra le righe, come dire, "Nonostante tutto, keep up the fight guys!". Mantengo sempre la speranza, ma il confine con l'illusione è sottile e se lo si oltrepassa allora è finita. Il punto è che non ce ne rendiamo conto. Stiamo ancora sperando o siamo ormai degli illusi?





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* Fonte: Osservatorio di Politica Internazionale, "La risorsa emigrazione. Gli italiani all'estero tra percorsi sociali e flussi economici, 1945-2012". A cura dell'ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. A cura di Michele Colucci, Ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di studi sulle società del Mediterraneo)

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Questione di abitudine

Per lavoro, sarei dovuto andare alla presentazione di un nuovo modello di auto a Lisbona. Ci sarei andato anche di corsa, solo per il posto (meno per il modello). Ma ho declinato perché coincide con il mio compleanno e mi spiaceva passarlo con gente che non conosco. È vero che ho trascorso il giorno del mio 18mo compleanno in una caserma di Verona per la visita militare (l'unico che mi ha fatto gli auguri, a parte Leo e Marco ma erano due dei ragazzi che erano con me, è stato lo psichiatra) e Lisbona è anche un posto migliore, ma potendo scegliere ho preferito declinare.
A distanza di pochi giorni èarrivato un altro invito,questa volta per una moto e a Cagliari. Sarà che per me 2 è molto meglio di 4, così ho dato subito la mia conferma. Senza accorgermi che questa presentazione coincide con il giorno della festa del papà.
Non me ne ero reso subito conto com'è successo con quell'altra presentazione. Penso sia una questione di abitudine: al mio compleanno sono abituato da anni (35 tra 13 giorni), alla festa del papà non ancora!
Ho provato in tutti i modi a cercare voli per tornare a casa prima delle 23, ma sembra non ci sia la possibilità. Un volo di ritorno diretto da Cagliari per Venezia o Verona non esiste.
Non so quanto possa rendersi conto Tommaso a soli 3 mesi che il 19 è S. Giuseppe, festa del papà, e dubito riesca a preparare già uno di quei lavoretti che si fanno tra l'asilo e le elementari. Ma almeno a me avrebbe fatto piacere passare questa miaprima festa del papà con lui.
Spero solo di tornare a casa in tempo per vedere un suo sorriso.

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