Quando succede in casa tua

Lunedì pomeriggio il cielo svuotava ceste d'acqua in continuazione. La mia città era per buona parte sotto acqua. Non l'ho saputo fin quando due sms verso l'ora di pranzo mi chiedevano com'era la situazione. A dire il vero, non sapevo che la mia città era nei tg nazionali, cosa che non è successa nemmeno quando ha conquistato la Coppa Italia! Così accendo la tele e metto sul tiggì nazionale e vedo cosa stava succedendo: argini distrutti dalla forza dell'acqua, fiumi ribellati ai loro argini si sono riversati lungo le vie della città e dei paesi di periferia entrando di prepotenze nelle case degli altri fin dalle prime ore della giornata.
La mia città vista dall'alto sembrava un mare con isole che spuntavano a caso. Impressionante. L'avevo visto altre volte alle televisione ma quando si tratta della propria città l'effetto è diverso e lo stomaco si stringe.
Verso le 3:30 di pomeriggio non ce la facevo più a stare in casa e nonostante la pioggia e reduce da un pranzo dalla mamma di Anna che mi ha riempito come un peperone, mi sono deciso: maglia tecnica, pantaloni di una vecchia tuta da allenamento, mi sono infilato le scarpe e sono corso fuori. O meglio, sono andato fuori a correre. Come spesso succede quando esco in bici, non avevo alcuna meta. Volevo andare in centro per rendermi conto di com'era la situazione senza badare alla distanza. Sono uscito e ho iniziato a correre. Sono arrivato fino a dove ho potuto, fino a dove la protezione civile e l'acqua me lo hanno concesso. Non sono riuscito a vedere quelle strade che il giorno prima ho percorso in scooter. Non perché non ci sono arrivato, anzi, ma perché erano coperte da acqua marrone, da circa un metro e mezzo di acqua fangosa.
A un certo punto mi sono sorpreso affannato ma più che dalla corsa dalla sensazione di impotente meraviglia e arresa che provavo di fronte quell'inatteso lago che copriva strade e ponti. 
Sono rimasto intontito a fissare un canotto passare lungo una strada... dove di solito passa l'autobus... scene apocalittiche. C'erano molti curiosi che riprendevano fotografavano commentavano increduli e sbigottiti.
Due giorni di pioggia, intensa incessante ininterrotta ha portato a galla l'imperfezione umana e l'implacabilità della natura. 
Ho continuato a correre preso da una forma di agitazione quasi volessi scappare da quello che stavo vedendo. A un certo punto mi sono sorpreso a correre in mezzo la strada: lunedì era un giorno festivo ma c'erano davvero pochissime auto in giro, quasi tutte bloccate lontano dal centro città, altre purtroppo portare a spasso dall'impeto dell'acqua. Correvo in mezzo la strada in una situazione apocalittica, con le foglie gialle e arancioni che mi svolazzavano attorno agitate per aria da un vento caldo. Sembrava fosse appena esplosa una centrale nucleare. Nel viale che cammina sopra le rotaie prima della stazione correvo in mezzo la strada ascoltando il battito delle scarpe sull'asfalto e del mio cuore sotto la maglia che rimbombava nelle orecchie.
A quel punto mi sono deciso ad andare fino in stazione visto che la mattina dopo alle 7 dovevo prendere un treno per Milano e la situazione era critica. All'ingresso mi sono trovato in mezzo a un sacco di trolley luccicanti tenuti in piedi da persone impensierite sulla loro destinazione mentre il tabellone mi diceva che era tutto regolare e i ritardi erano limitati.
Si stava facendo buio e io non avevo niente di visibile se non qualche pezzo rifrangente nelle scarpe. Così ho fatto marcia indietro e ho ripreso la corsa verso casa. Non ascoltavo il ginocchio destro che mi diceva che una cosa del genere me la posso permettere al massimo una volta ogni 15 giorni perché i polmoni mi spingevano avanti tutta mentre il mio cervello pensava alle scene di stupore che aveva registrato poco prima.
Le strade erano diventate dei canali.
Possiamo costruire le strade per renderci più comoda la vita ma se non prendiamo in considerazione altre vie come quelle fluviali e non le rispettiamo pulendo argini e letti dei fiumi, queste sono le conseguenze ineluttabili.
Mi ha fatto abbastanza schifo anche se non mi ha stupito più di tanto la tempestiva critica della minoranza politica della mia città nei confronti dell'amministrazione: approfittare di una catastrofe simile dove molti cittadini pagheranno le conseguenze anche delle nefandezze di tutte le precedenti amministrazioni solo per screditare il rivale politico a proprio vantaggio è un gesto vile e irrispettoso verso chi (con)vive col fango in casa. Inoltre, sono parole che non hanno alcuna utilità in queste situazioni. E' sempre bello vedere come la gente spreca le occasioni per tenere la bocca chiusa invece di darsi da fare.

Alla fine, da casa alla stazione via strade di passaggio e ritorno diretto ho corso per quasi 18 chilometri, cosa mai successo prima, e con le debite pause per rendermi conto dal vivo di quello che avevo visto prima alla tele ci ho messo meno di una partita di calcio recupero compreso.
Peccato che correre sull'asfalto non sia la gioia del mio ginocchio. 
Peccato aver sfruttato una alluvione per aver attraversato la mia città a piedi e aver corso in mezzo la strada in una giornata senza i blocchi del traffico.
Peccato non aver ancora capito che noi piccoli umani siamo una nullità.

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